Lavoro e professione

Decreto liste d’attesa/ Flat Tax utile incentivo al lavoro in più dei medici

di Claudio Testuzza

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24 Esclusivo per Sanità24

La flat tax al 15% introdotta per le partite Iva nel 2019, grazie al contratto del Governo giallo-verde del Conte I, ha consentito la scelta da una nuova partita Iva su due (48,5%) e questa quota diventa addirittura il 69% se la si rapporta alle persone fisiche. Sono quasi 240mila gli autonomi, i professionisti e le ditte individuali che l’anno scorso hanno scelto tale regime forfettario.
Per accedere al regime fiscale agevolato si deve avere incassi totali al di sotto degli 85.000euro all’anno. Se si ha un lavoro dipendente, la Ral dec’essere sotto i 30.000 euro all’anno e se si hanno dipendenti si possono pagare loro compensi fino a 20.000 euro totali. Dal 2023, il regime forfettario richiede il rispetto del nuovo limite di incassi di 85.000 euro , che ha sostituito il precedente di 65.000 euro. Se gli incassi superano i 100.000 euro, il contribuente perde il regime forfettario, passando al regime ordinario. Questo comporterà il pagamento delle tasse per l’intero anno, con l’applicazione dell’Irpef secondo gli scaglioni progressivi di reddito. L’imposta forfettaria del 15% è sostitutiva sia di Irpef, Irap e Iva e il suo importo, per un reddito di 85 mila euro, è di poco meno di 13 mila euro. Questo evidente vantaggio fiscale è stato spesso utilizzato proprio da quei medici, cosìddetti “a gettone”, che vengono chiamati a integrare i sanitari ospedalieri nei pronto soccorso o in altre discipline in sofferenza di personale.
I dipendenti, oggi con retribuzioni intorno agli 85mila euro annuo pagano circa 30 mila euro con un’aliquota media del 30 per cento e uno scaglione, per la parte di stipendio superiore ai 50 mila euro, del 43 per cento. Per il regime ordinario oltre all’Irpef è necessario versare le addizionali regionali che variano da regione a regione. In pratica per lo stesso reddito, un medico con partita Iva e scelta del forfettario paga (13 mila euro) meno della metà di quanto paga (30.000 euro) il dipendente.
Più volte abbiamo sostenuto che per le retribuzioni di alcune prestazioni, quali: le indennità aggiuntive in presenza di carenza di organico, le quote dell’attività libero professionale intramuraria, la retribuzione di risultato, le quote della contrattazione di secondo livello, i benefici del welfare contrattuale, la retribuzione delle condizioni di lavoro e diverse altre indennità (l’indennità per servizio notturno e festivo; l’indennità di rischio radiologico; l’indennità di pronto soccorso; ecc.) sarebbe stato giusto considerarle proventi equivalenti a quelli percepiti dagli autonomi e quindi tassabili con l’aliquota della flat tax (15%) e non con quella dei redditi, ricadendo tutti al disopra dei 50 mila euro, del 43 per cento!
Finalmente, il decreto legge recante misure urgenti per la riduzione dei tempi delle prestazioni e per la riduzione delle liste di attesa all’articolo 12 ha previsto che: “I compensi erogati per lo svolgimento delle prestazioni aggiuntive.., sono soggetti a tassazione separata con aliquota del 15 per cento”. Tali compensi, peraltro giustamente, non si considerano concorrenti all’imponibile per l’esonero sulla quota dei contributi previdenziali. Questo importante intervento fiscale che, finalmente, equipara i professionisti sanitari dipendenti a quelli che svolgono attività autonoma, consentirà di poter svolgere una prestazione senza avere addosso una mannaia fiscale che lasciava i medici nel dubbio del vantaggio economico di svolgere attività integrative al loro servizio. Confinandoli, esclusivamente, nella possibile anche se aleatoria libera professione.
Una previsione economica favorevole viene indicata anche per gli specialisti ambulatoriali interni. L’articolo 13 recita che per garantire la completa attuazione dei Piani operativi per il recupero delle liste d’attesa, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale possono avvalersi degli specialisti ambulatoriali interni, già in servizio a tempo indeterminato, su richiesta degli stessi, e la loro tariffa oraria può essere incrementata fino a 100 euro lordi omnicomprensivi, al netto degli oneri riflessi a carico dell’amministrazione, laddove inferiore. In questo caso non vi è una rimodulazione fiscale ma solo un incentivo economico.


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