Lavoro e professione

Cimo-Fesmed: la professione del chirurgo è in codice rosso

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24 Esclusivo per Sanità24

“In un contesto di profonda trasformazione del servizio sanitario nazionale, soprattutto alla luce delle innovazioni tecnologiche, è chiaro che la chirurgia si deve adeguare alle nuove tecnologie e questo presuppone la presenza di professionisti altamente qualificati. Intanto però la fuga dagli ospedali, la crisi vocazionale verso la chirurgia ha portato, anche a causa anche del blocco delle assunzioni degli ultimi venti anni, a un vero e proprio salto generazionale per cui molti colleghi rinunciano a iscriversi alle scuole di specializzazione nell’area chirurgica e questo creerà notevoli problemi alla chirurgia in Italia”. A dichiararlo è Guido Quici, presidente del sindacato dei medici Federazione CIMO-FESMED (a cui aderiscono ANPO-ASCOTI, CIMO, CIMOP e FESMED), intervenuto al congresso nazionale Acoi a Napoli, augurando buon lavoro al neo presidente Vincenzo Bottillo.

“Quali sono i veri problemi? I problemi – spiega Quici - sono legati innanzitutto alla carenza di personale e quindi di chirurghi; c’è il blocco del tetto di spesa sul personale che dura da oltre 20 anni e che ancora non trova una soluzione, anzi Agenas prevede un fabbisogno di chirurghi probabilmente inferiore rispetto al reale fabbisogno. In secondo luogo, le retribuzioni sono particolarmente basse rispetto all’esposizione da un punto di vista professionale. Poi c’è la grande attesa sulla riforma della responsabilità professionale che non promette nulla di buono e che, oggi, porta ad un elevatissimo contenzioso legata alla cosiddetta medicina difensiva che allo Stato costa oltre 10 milioni di Euro”.

“L’altro aspetto fondamentale – ha concluso il presidente della Federazione CIMO-FESMED - è come formare i chirurghi. La proposta ACOI del distretto formativo e dell’ospedale di formazione è una valida soluzione e per questo occorre che consentire ai giovani colleghi di completare la propria formazione sul campo nelle strutture ospedaliere, fermo restante il ruolo didattico e formativo assegnato alle scuole di specializzazione. Oggi le università utilizzano posti letto e casistiche delle aziende ospedaliere, relegando ad un ruolo marginale e gratuito ai tutor ospedalieri che, quotidianamente, si assumono enormi responsabilità sia nei confronti dei giovani medici, che dei pazienti. Chi si specializza in chirurgia deve avere una casistica di almeno 500 interventi chirurgici di alta, media e bassa complessità, per evitare di essere utilizzato solo come tappabuchi nelle vistose carenze di organico. Al neo Presidente Bottino è affidato un compito molto gravoso perché la chirurgia italiana è in codice rosso ed occorre affrontare la questione con urgenza e senza demagogia”.


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