Lavoro e professione
Simeu: è tempo di cambiare, i Pronto soccorso auspicano una "rievoluzione" del sistema
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Non si tratta solo del disagio dei professionisti quanto del dovere di assicurare un servizio ai cittadini. Questo è il messaggio condiviso dai primari dei reparti di Medicina d’Emergenza Urgenza italiani, ospedalieri e universitari, riunitisi a Roma per l’Accademia dei Direttori SIMEU. Tema, la RiEvoluzione di un servizio, il servizio sanitario, troppo spesso tecnicamente identificato come sistema. Una due giorni di lavoro nelle quali si sono cercate soluzioni scientifiche d’applicare agli attuali scenari tanto critici quanto complessi in ambito pronto soccorso e 118. Un servizio indispensabile per la salute pubblica in quanto luogo dove si trattano le situazioni patologiche gravi, oltre che di sopravvivenza, che possono colpire tutti, indistintamente da ruolo, classe sociale, condizione.
“Vogliamo tornare a svolgere il nostro lavoro di specialisti dell’emergenza-urgenza per garantire i giusti percorsi di cura ai pazienti. Oggi, per lo stato di necessità, siamo a volte costretti a operare delle scelte di priorità che possono arrivare a penalizzare chi ha bisogno di assistenza. Ci rendiamo conto che spesso alle persone manca questa consapevolezza” dichiara Andrea Fabbri dell’Ufficio di Presidenza SIMEU.
I dati analizzati dall’Osservatorio Nazionale permanente SIMEU e presentati in apertura dell’evento hanno definito un aggiornamento sulla situazione in cui versano i Pronto Soccorso italiani.
I numeri sono stati estratti da un campione significativo di 137 S.C. MEU, con omogenea distribuzione sul territorio nazionale, pari al 30% delle strutture presenti in Italia. Si riferiscono a un campione di accessi al pronto soccorso pari a più di 6 milioni, anche in questo caso rappresentativi del 30% dell’attività totale dei PS.
I dirigenti medici mancanti rispetto al necessario sono oggi 4.000, pari al 40% del fabbisogno nazionale.
Le fuoriuscite negli ultimi 12 mesi sono 1.033, di cui il 70% dimessi, pensionati, passati a medicina generale o al privato, e il 30% trasferiti ad altro reparto ospedaliero. I nuovi ingressi degli ultimi 12 mesi sono 567. Ne consegue che il bilancio tra fuoriusciti e nuovi ingressi è negativo per il 45%, per cui solo il 55% viene sostituito. Continua, purtroppo, il trend di abbandono.
Secondo Beniamino Susi, vice presidente nazionale SIMEU “per invertire la tendenza, è necessaria una progettualità che parta dalla valorizzazione del ruolo del medico d’urgenza e proponga un modello organizzativo innovativo proiettato alle esigenze del futuro. Riceviamo continue manifestazioni di entusiasmo rispetto alla medicina d’urgenza da parte dei giovani professionisti che, però, dichiarano di non voler compiere questa scelta di vita, a causa del contesto in cui oggi si opera”.
Il livello del contenzioso in pronto soccorso è oggi una delle leve che allontana i giovani medici da questa specializzazione e incentiva le dimissioni. Si rileva che nel 53% dei centri sono presenti procedimenti penali in capo ai Dirigenti. In altre parole c’è un procedimento penale ogni 12 medici. “Un ulteriore elemento che non incoraggia a intraprendere, o a mantenere, la professione”.
Un’insufficiente copertura dei turni necessari da parte del personale in organico genera invece l'attuale difficoltà di gestione.
Le correzioni messe in atto producono una frammentazione estrema del personale all’interno delle strutture. Questo è evidente dall’analisi raccolta:
•nel 54% dei PS sono presenti contratti atipici: ogni medico è impegnato per una media di 4 turni al mese;
•nel 48% dei PS operano dirigenti medici non MEU (provenienti da altri reparti dell’ospedale) in regime di prestazione aggiuntiva per una media mensile pro-capite di 3 turni;
•nel 32% dei PS operano specializzandi MEU per una media di 5 turni pro capite al mese ;
•nel 29% dei PS operano specializzandi NON MEU per una media di 5 turni pro capite al mese;
•nel 28% dei PS sono presenti cooperative che forniscono in media 60 turni al mese (di cui Nord: 47%, Centro: 19%, Sud: 10%);
•nel 20% dei PS operano dirigenti medici non MEU comandati dalla Direzione per una media di 3 turni al mese pro capite.
“Se consideriamo che un pronto soccorso con un’attività medio bassa, non oltre i 30mila accessi annui, ha necessità di almeno 300 turni mensili, ci rendiamo conto dell’esiguità del contributo portato da queste soluzioni e contemporaneamente rileva l’estrema difficoltà di governo delle strutture che ne deriva“ afferma Fabio De Iaco, presidente SIMEU.
L’indagine SIMEU evidenzia un altro fenomeno legato agli accessi.
I Direttori di struttura intervistati hanno infatti definito le principali caratteristiche dei pazienti che più frequentemente restano in boarding. Un tema molto delicato che non si esaurirà nei prossimi anni.
•Problematiche socio assistenziali presenti secondo il 90% delle risposte, per cui sono pazienti che potrebbero trovare una più adeguata soluzione fuori dagli ospedali;
•polipatologia (più di 3 patologie) secondo il 75% delle risposte, per cui sono in pronto soccorso perchè non è stato trovato un letto nel reparto corretto;
•età maggiore di 80 anni secondo il 62% delle risposte, per cui si tratta di pazienti anziani che non trovano una rete di supporto, per esempio in famiglia.
Il boarding non può continuare ad essere considerato un tema esclusivo del pronto soccorso, occorre istituzionalizzarlo come problema dell’ospedale. Le più recenti evidenze di letteratura indicano che proprio il profilo del paziente debole è quello che paga di più in termini di mortalità e complicanze. E’ assolutamente necessario trovare un modello organizzativo innovativo generale che superi la visione attuale e che consideri il pronto soccorso come priorità.
Dai dati emerge un confortante altro numero di rilievo: nel 40% dei PS sono presenti ambulatori per pazienti a bassa criticità gestiti da medici esterni alla struttura (continuità assistenziale, liberi professionisti, ecc.) che significa nei fatti che “in alcuni pronto soccorso, c’è un tentativo di organizzazione per indirizzare l’impegno delle proprie risorse sui pazienti più acuti - afferma Salvatore Manca Past President SIMEU - con modelli non molto diversi da quanto alcune Regioni stanno proponendo per il futuro - per esempio in Emilia Romagna e Abruzzo - cioè indirizzare le gestione dei pazienti a bassa criticità a professionisti non MEU, salvaguardando in questo modo anche la specialistica”.
Altrettanto importante in termini di soluzione è il dialogo, che necessariamente deve avvenire, con le università e le scuole di specializzazione.
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