Lavoro e professione
«Curare» la crisi dell'Emergenza Urgenza significa «curare» l'intero Ssn
di Fabio De Iaco *
24 Esclusivo per Sanità24
Questa volta non sarà un congresso "normale": quello che celebriamo a Riccione dal 13 maggio - il Congresso nazionale della Simeu, Società italiana di Medicina d’Emergenza Urgenza - sarà un’occasione speciale.
Ritrovarsi in tanti professionisti accomunati da servizio e passione, a quattro anni dall’ultimo appuntamento, sarebbe già motivo per proclamare l’eccezionalità dell’evento: è la parte più bella, quella che riguarda le persone, la riconquista di una socialità che mancava, l’incontro tra i professionisti che hanno subito la peggiore violenza del maremoto della pandemia. Ce lo meritiamo.
Tuttavia, come spesso accade a chi lavora in Emergenza Urgenza, il tempo per rifiatare, lo spazio per godere di un momento di tranquillità e appagamento non c’è: così come non c’è stato al termine delle peggiori ondate pandemiche, quando ai pazienti Covid si sostituivano con rapidità impressionante i pazienti non Covid, non c’è neppure ora, nel momento in cui siamo costretti a fronteggiare la peggiore crisi della sanità pubblica italiana dall’inizio della sua storia.
Perché è di questo che parliamo: sentiamo parlare di "crisi del Pronto soccorso" ma dovrebbe essere chiaro a tutti che la crisi è dell’intero Ssn. Le alluvioni provocano i danni peggiori in prossimità dei ponti, nei luoghi in cui gli argini sono più stretti: allo stesso modo il progressivo collasso del Ssn si palesa nel collo di bottiglia più evidente, il Pronto soccorso.
È per questi motivi che non sarà un congresso normale: ci interrogheremo sugli aspetti clinici, sulle più recenti novità scientifiche che interessano la nostra disciplina, ma contemporaneamente lanceremo l’ennesimo allarme sullo stato di salute di questo sistema, non sul rischio ma sulla certezza di non poter oggi garantire un servizio degno del proprio nome in una condizione di drammatica difficoltà, come emerge dai numeri che da mesi descrivono la progressiva desertificazione dei Pronto soccorso e l’inesorabile continuo incremento della pressione che subiscono.
Vediamoli questi numeri. Lo avevamo già detto a novembre, quando siamo scesi in piazza (la prima manifestazione di una società scientifica in Italia): almeno 4.000 medici mancanti nei Pronto Soccorso. Oggi aggiorniamo così: 100 medici in meno ogni mese (come se ogni mese chiudessero cinque strutture di Pronto Soccorso) e tra coloro che ancora resistono 1 su 3 dichiara di considerare l’abbandono entro l’anno (succede in 9 Pronto soccorso su 10).
Non si può pensare di arginare la situazione se non affrontandone le cause, che sono state già ben descritte: il superlavoro, lo stress psico-fisico, la scarsa valorizzazione economica (nessuna valorizzazione, per la verità, dal momento che nessuna differenza è prevista rispetto agli altri ospedalieri), il mostruoso numero di malati cui dover provvedere ogni giorno.
Siamo rimasti gli unici stremati paladini di un Ssn che rivela drammaticamente i suoi limiti, tra un territorio che non funziona, non offre risposte alla cronicità e spesso non soddisfa neppure le più banali richieste di salute e un ospedale che conferma la propria insufficienza, producendo l’aberrante fenomeno dell’attesa di un posto letto sulle barelle del Pronto soccorso, spesso per giorni e giorni. Succede in non meno del 45% dei Pronto soccorso italiani.
Eppure, nonostante tutto, siamo ancora qui e lo proclameremo con orgoglio e spirito di servizio a Riccione: perché sentiamo la responsabilità civile del nostro ruolo, che ci impone di lanciare doverosi allarmi ma al contempo di avanzare proposte costruttive.
Affermiamo che è necessario correre ai ripari con soluzioni immediate, che apportino nuovo ossigeno a servizi ormai asfittici attraverso l’iniezione di nuovo personale che non può essere reperito altro che nelle Università, dove le nostre forze più giovani, gli specializzandi, continuano a essere trattati come vecchi studenti invece che come i giovani e validi medici che pure sono, che meritano tutte le prerogative di un Dirigente del Ssn ma al contempo devono poter agire con autonomia e responsabilità commisurate al livello delle loro competenze (così come accade nella maggior parte del mondo).
È necessario rendere attrattivo il lavoro in Emergenza Urgenza, tra i più affascinanti per un medico o un infermiere, che deve ricevere una valorizzazione contrattuale proporzionale alla sua gravosità e all’usura che comporta e deve, al contempo, essere riconosciuto nella sua unicità e specificità, alienando ai Medici d’Emergenza Urgenza (potrà non piacere, ma si chiamano così: i Meu) la gestione inappropriata di situazioni quali l’attesa ricovero, competenza di altri all’interno dell’ospedale.
Ma nel momento in cui si affronta l’emergenza dell’Emergenza Urgenza - triste ma efficace bisticcio di parole - deve essere chiaro a tutti che dalla crisi si uscirà definitivamente soltanto mettendo mano all’intero sistema, ponendo i professionisti al centro di una progettualità ampia, che offra un vero progresso ai cittadini e un orizzonte professionale moderno e dignitoso agli operatori.
Accanto all’impegno per il miglioramento e la riforma della Medicina del territorio, in corso in questi tempi, è altrettanto vitale una profonda riforma del Sistema Ospedale nonchè del Sistema dell’Emergenza Urgenza, che superi illogiche e antiscientifiche separazioni tra emergenza pre-ospedaliera e ospedaliera, offrendo finalmente ai cittadini la garanzia di una continuità in termini di competenze e organizzazione, e riconoscendo ai medici d’Emergenza Urgenza la loro naturale funzione.
Il ruolo della Medicina d’Emergenza Urgenza non sta soltanto nella risposta all’emergenza sanitaria, ma anche nel contributo alla costruzione di un sistema sanitario più efficace, sostenibile e utile al cittadino. Siamo pronti, attendiamo solo una chiamata.
* Presidente Simeu - Società italiana di Medicina d’Emergenza Urgenza
© RIPRODUZIONE RISERVATA