Lavoro e professione
L'eccellenza del Ssn e quelle 12 "vergogne" su cui correre ai ripari: Parte seconda
di Stefano Simonetti
24 Esclusivo per Sanità24
Tempo fa avevo pubblicato sul sito una rassegna di 12 vergogne su cui era necessario correre ai ripari. Era una elencazione molto personale di situazioni ed episodi che minavano la credibilità e l’autorevolezza del sistema sanitario pubblico ed erano addebitabili sostanzialmente a comportamenti di singoli soggetti ma anche a logiche di sistema nelle quali è assai difficile individuare un unico responsabile. In queste poche settimane alcuni eventi mi hanno spinto ad aggiornare l’elenco, tenendo presente che un paio di argomenti (vedi i punti 1 e 3 che seguono) sono la seconda puntata di quelli già segnalati, e questo dimostra come le tematiche trattate siano radicate e si complicano sempre di più. Riguardo alle responsabilità, non ho alcuna intenzione di riferirmi a persone fisiche specifiche – con l’eccezione, ovviamente, del caso di cui al punto 7 – ma ritengo che le colpe siano tutte da scaricare sul "sistema" nel suo complesso che non riesce a uscire da un tunnel dove si intrecciano in modo sempre più irrisolto i guasti della riforma del Titolo V, il crescente sottofinanziamento del servizio sanitario e, alla fine, il futuro e la stessa sopravvivenza della sanità pubblica. A proposito dei problemi finanziari che ormai condizionano negativamente qualsiasi decisione della politica, chissà se coloro che due anni fa avevano sdegnosamente rifiutato i miliardi del Mes si sentono la coscienza sporca.
1 - I ritardi del rinnovo dei contratti collettivi
Ad oggi non si ha ancora alcuna notizia in merito ad una possibile chiusura del Ccnl del comparto. Le ragioni di questo increscioso stallo sono molteplici e coinvolgono molti aspetti e soggetti del percorso negoziale, tutte circostanze che, comunque, credo interessino poco ai 534.000 lavoratori della Sanità. L’evidenza porta tuttavia a chiedersi perché siamo ridotti così, cosa c’è che non funziona; perché è chiaro che qualcosa non funziona. In un altro momento, sempre in questa sede, cercherò di approfondire i buchi neri della contrattazione e dell’iter così tortuoso per giungere alla stipula del contratto. Per ora la considerazione che è inevitabile fare è che siamo in una situazione addirittura peggiore rispetto all’epoca del blocco della contrattazione. Quando finalmente nel 2015 la Corte costituzionale disse basta agli effetti del decreto Tremonti con la sentenza 178/2015, si pensò che con l’insegnamento dei Giudici si fosse tornati alla normalità anche se, in ogni caso, il Ccnl del comparto Sanità venne firmato il 21 maggio 2018 a quasi tre anni da momento che la Corte aveva sancito il vulnus alla libertà sindacale. Quel contratto fu sottoscritto sette mesi prima della sua scadenza naturale perché il triennio cui si riferiva era il 2016-2018. Quello che ancora non si riesce a chiudere sarà invece firmato molti mesi dopo la sua scadenza naturale perché in questo caso si tratta del triennio 2019-2021. Non servono davvero altre parole per commentare lo stato delle cose.
2 - Farmaci ospedalieri
La Regione Puglia ha recentemente approvato una legge con la quale prevede "la decadenza per dettato di legge del Direttore generale" anche solo per la "inadempienza dell'azienda sanitaria e ospedaliera al mantenimento dei tetti annuali della spesa farmaceutica e dei gas medicali". Per comprendere il senso della disposizione basta leggere quanto riportato nella Relazione di accompagnamento alla legge: "Nel corso degli anni la Giunta regionale ha adottato numerosi provvedimenti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi di budget e quindi degli obiettivi di mandato dei Direttori generali Asl, senza però ottenere i risultati auspicati. La presente proposta di legge intende dunque introdurre nell’ordinamento regionale alcune disposizioni finalizzate al raggiungimento del risultato auspicato, stabilendo maggiore responsabilizzazione e quindi una più efficace reazione dell’amministrazione regionale al mancato raggiungimento degli obiettivi, a cominciare dalla decadenza per dettato di legge dall’incarico di direttore generale". Il ricorso a strumenti drastici per il controllo della spesa non è certamente nuovo ma ad una tale durezza mi sembra che non si fosse mai arrivati. È noto a tutti che al Fondo sanitario nazionale mancano svariati miliardi, ma prima di tagliare i farmaci ospedalieri credo ci siano ben altre partite contabili da mettere sotto controllo.
3 - Le vicende paradossali del "Dm 71"
Su questo sito lo scorso 21 marzo avevo cercato di riassumere le questioni intricate e complesse relative al cosiddetto Dm 71 . Ebbene lo scorso 30 marzo è stata ufficializzata in Conferenza Stato-Regioni la mancata intesa sul provvedimento, a quanto si apprende, per il veto della Regione Campania. Per l’adozione del decreto ministeriale – quello battezzato sinteticamente Dm71 - è prevista una previa "Intesa" in sede di Conferenza. Visto che sono in gioco 2 mld e il futuro della nuova Sanità territoriale, vale la pena ricordare sinteticamente i vincoli legislativi che regolano i rapporti tra lo Stato e le Regioni secondo il d.lgs. 281/1997, il decreto delegato dalla legge Bassanini 1. Ai sensi del decreto citato, l’Accordo (art. 4 e 9, comma 2) rappresenta lo strumento con il quale Governo e Regioni coordinano l'esercizio delle rispettive competenze e lo svolgimento di attività di interesse comune in attuazione del principio di leale collaborazione. È finalizzato alla realizzazione di obiettivi di funzionalità, economicità ed efficacia dell'azione amministrativa. L’Accordo prevede l’assenso unanime da parte del Governo e dei Presidenti delle Regioni e Province autonome. L’Intesa, da parte sua, è sancita, su proposta del Governo, in tutti casi in cui la legislazione vigente lo preveda e si perfeziona con l’assenso da parte del Governo e dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome. Qualora l’Intesa non sia raggiunta entro trenta giorni dalla prima seduta in cui è posta all'ordine del giorno, il Consiglio dei ministri provvede con una deliberazione motivata (art. 3, comma 3). Nel caso che ci occupa, quindi, il ministro della Salute potrà in ogni caso adottare il provvedimento ma - a prescindere dal fatto che senza la condivisione di tutte le Regioni il decreto non partirà certo con i migliori auspici – la vicenda è l’evidente sintomo del caos istituzionale che regna nei rapporti tra lo Stato centrale e le Regioni, soprattutto per ciò che riguarda gli aspetti del sottofinanziamento; sembra infatti che proprio questa sia la motivazione del dissenso della Campania.
4.Estensione della indennità di esclusività del rapporto
Con l’art. 21-bis della legge 25/2022, di conversione del cosiddetto decreto “Sostegni-ter”, è stata estesa ai dirigenti del ruolo sanitario del ministero della Salute, a decorrere dal 1° gennaio 2022, l’indennità di esclusività di rapporto prevista per le corrispondenti figure professionali degli enti e delle aziende del Servizio sanitario nazionale. Probabilmente la scelta del Legislatore sarà anche "giusta" ma il problema a questo punto è un altro. Ho già avuto modo di sottolineare come si possa giustificare che ai dirigenti infermieristici e tecnico-sanitari l’indennità di esclusività venga ancora una volta negata, tenuto anche conto che gli interessati – che sono circa 360 – sono inseriti a tutti gli effetti nel Ccnl dell’Area Sanità insieme ai colleghi medici, odontoiatri, veterinari, biologi, chimici, fisici, farmacisti e psicologi. Le ragioni di questa irrazionale disparità di trattamento sono verosimilmente connesse alla paura da parte di qualcuno della possibile estensione a macchia d’olio della indennità; ma se è così, la vicenda ha aspetti che hanno poco a che fare con il diritto. Per completezza si segnala che una vertenza identica è da anni aperta tra i medici dell’INAIL – al cui fianco è schierato lo stesso Istituto - e lo stesso soggetto che si ostina a negare la indennità ad infermieri e tecnici dirigenti del S.s.n.
5. La proroga degli obblighi vaccinali
Con il Dl 24/2022 il Governo ha provveduto ad adottare alcune disposizioni attuative della fine dello stato di emergenza e del ritorno alla normalità, entrate in vigore il 25 marzo. Tuttavia lo stato di emergenza resta in pieno vigore solo per alcuni soggetti: si tratta del personale sanitario e di interesse sanitario nonchè dei tirocinanti delle professioni sanitarie, per i quali l’obbligo di vaccinazione permane fino alla fine del corrente anno 2022. Ad essi si aggiunge il “personale amministrativo della sanità” – così almeno lo ha individuato il Dipartimento della funzione pubblica – in quanto è stato prorogato anche l’art. 4-ter che conteneva una formulazione assurda per indicare il restante personale delle aziende sanitarie. Ma le altre categorie cui era stata imposta dal 15 dicembre scorso la vaccinazione per poter lavorare sono state “liberate” dall’obbligo. C’è seriamente da chiedersi quale sia la ratio giuridica o, banalmente, i motivi di buon senso che per i quali gli amministrativi della Sanità sono stati trattati diversamente dal personale della scuola, dai militari e forze dell’ordine e dai dipendenti dell’amministrazione penitenziaria.
6. Il ricorso a sanitaria stranieri con i titoli non verificati
Purtroppo è ormai un fatto assodato senza scampo che il Ssn non riesce più a reclutare il personale necessario per l’assistenza. Le ragioni sono molte e alcune di esse risalgono parecchio indietro nel tempo, ma non si è fatto praticamente nulla. In questa situazione congiunturale – ai limiti della disperazione per alcune discipline mediche – il Governo ha deciso di assumere in servizio personale sanitario straniero privo di titoli di studio regolarmente resi equipollenti dal Ministero della salute in base alle disposizioni vigenti. Ecco allora che con la legge 126/2021, in sede di conversione del Dl 105/2021, è stato introdotto un art. 6-bis che consente dal settembre dello scorso anno di chiamare a supporto questo personale creando molti problemi, innanzitutto di natura assistenziale, ma anche giuridica e, aggiungo io, etica. Infatti non è stata forse abbastanza approfondita la questione del possibile impiego di questi soggetti che, a fronte della precarietà dei loro titoli, potrebbero essere oggetto di manovre opportunistiche fino a essere sottopagati. Quando è stato affermato che l’arrivo dei medici ucraini (art. 34 del DL 21/2022) potrà senz’altro servire ad assistere meglio le migliaia di profughi è stato implicitamente ammesso che potrebbero essere usati in pratica da interpreti. Occorre tra l’altro ricordare che le forme contrattuali previste per queste assunzioni, come peraltro per specializzandi e altri soggetti di nazionalità italiana, sono le co.co.co. e i contratti d’opera che non hanno alcun parametro retributivo minimo o prefissato per cui possono sicuramente riscontrarsi casi di latente sfruttamento. Ho il fondato sospetto che circoli la convinzione che ricorrendo a questi soggetti, oltre ad avere flessibilità e celerità di assunzione, si possa anche risparmiare. Ma forse l’aspetto che maggiormente dovrebbe far vergognare chi ha fatto la proposta è quello di dire che la chiamata dei sanitari con titoli solo dichiarati va bene, ma solo per quest’anno e poi dal 2023 deve cessare e l’opportunità potrà essere lasciata alla sanità privata.
7. Ulteriore segnalazione di reati riguardo alle vaccinazioni
Da notizie di stampa si è appreso che il 28 marzo scorso i Carabinieri del Nas di Torino hanno dato esecuzione a un’Ordinanza di Custodia Cautelare in carcere emessa dal Gip del Tribunale di Torino nei confronti di un medico della provincia torinese, ritenuti sussistenti gravi indizi di reità in ordine ai reati di “errore determinato dall’altrui inganno” e “falsità ideologica commessa dal Pubblico Ufficiale in atti pubblici”. Il sanitario aveva rilasciato un numero indeterminato di certificati medici di esenzione o differimento dalla vaccinazione Covid-19, in assenza del requisito essenziale relativo al possedimento della qualifica di medico vaccinatore. Non ho, volutamente, citato il caso della elevazione della età per l'inserimento nell’elenco nazionale degli idonei all’incarico di direttore generale: non mi piace vincere facile.
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