Lavoro e professione
L’innovazione sanitaria, le lauree Stem e la scienza declinata al femminile
di Rossana Berardi *
24 Esclusivo per Sanità24
Anche se le donne costituiscono la grande maggioranza degli operatori sanitari in Italia e in Europa - pari circa al 70%, che significa che 2 operatori su 3 sono donna - in realtà la possibilità al femminile, già non particolarmente elevata, di attrarre finanziamenti a livello europeo e di pubblicare un contributo scientificamente importante come primo autore si è ridotta ulteriormente nel periodo pandemico. La pandemia ha peggiorato una situazione già presente, legata al fatto che la donna costituisce ancora oggi il perno della famiglia, indipendentemente dal fatto che poi sia impegnata in ambito lavorativo. Di qui la difficoltà di raggiungere risultati. In aggiunta a ciò, la ricerca della perfezione tipica delle donne - la cosiddetta sindrome di Hermione - e la conseguente difficoltà di fare quel passo avanti, di raggiungere obiettivi importanti e ambiziosi. Di fatto però l’innovazione passa attraverso una molteplicità di menti, soprattutto eterogenee, quindi la donna in questo rappresenta un valore aggiunto.
L’innovazione in ambito sanitario può attrarre donne che provengono da settori diversi: scienza e tecnologia sono predominanti, ma anche i laboratori di ricerca, le scienze sociali, tutto questo concorre alla possibilità di creare innovazione in un settore che è molto trasversale ed eterogeneo e che porta, in ultima analisi, alla presa in carico dei pazienti, al miglioramento dell’assistenza, allo sviluppo della ricerca, attraverso una multidisciplinarietà. È evidente che le donne abbiano delle caratteristiche individuali, che forse sono anche di genere, che le portano a essere inevitabilmente concrete e pragmatiche, pur essendo sognatrici. A unire l’innovazione, in senso generale, con la concretezza nella realizzazione, che si traduce nella capacità di portare al risultato. Se questo è proprio della nostra attitudine, si devono creare le condizioni affinché possa avvenire il cambiamento. Il fatto probabilmente che ancora poche donne siano presenti nelle lauree Stem (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) è da una parte frutto di un retaggio culturale - che via via nel tempo si sta sbloccando - e dall’altra dovuto al fatto che la possibilità di raggiungere quel tipo di studio e poi di inserirsi in un contesto lavorativo che probabilmente è stato complesso per il genere femminile, rappresenta un deterrente anche proprio per l’avvicinamento delle donne alle facoltà scientifiche. Cosa che adesso sta cambiando. La medicina non rientra propriamente nell’ambito delle Stem, tuttavia abbiamo visto il cambiamento anche nella nostra facoltà che era tipicamente maschile fino a qualche decennio fa, e che ora è prevalentemente femminile.
Il problema è che qualunque settore andiamo a guardare, da quello dell’innovazione a quello della medicina, evidentemente poi la piramide si ribalta in ogni caso. Quindi sia che alla base ci siano tante donne, sia un po’ meno, le apicalità in termini di professionalità rimangono purtroppo ancora molto sbilanciate. I dati che sono stati raccolti a livello nazionale dalle varie Società scientifiche dimostrano come di fatto soltanto il 17-18% delle donne che fanno un percorso in ambito sanitario riescono a raggiungere un vertice che possa essere ospedaliero (direttore di struttura o direttore generale di ospedale) o accademico (professore ordinario) e questo fa riflettere. Se la base si sta ampliando, ciò non avviene in maniera proporzionale a tutti i livelli. La spiegazione non è soltanto nel fatto che ci sarà un meccanismo biologico di ricambio negli anni, perché è stato stimato che per superare il gender gap in maniera naturale occorreranno circa 200 anni. Risulta quindi fondamentale un aiuto istituzionale, laddove non si riesce a scalfire questa consuetudine di non arrivare a raggiungere una posizione apicale. I risultati di successo dimostrano come poi concretamente la donna, all’interno del meccanismo, possa raggiungere più rapidamente il processo di innovazione nella start up piuttosto che nell’azienda, o nella sanità. Da qui la nostra iniziativa. Con Women for Oncology Italy ci siamo fatte promotrici di una campagna che proponga l’inserimento di obiettivi specifici per le direzioni, al fine di rendere il lavoro più amico e di garantire un equo accesso alla crescita professionale. Abbiamo lanciato una survey, per aiutarci a comprendere le aree di miglioramento e le iniziative concrete per superare il gender gap e per la quale invitiamo tutti quelli che non lo avessero ancora fatto a darci un contributo. Il sondaggio, realizzato in collaborazione con Mondosanità, è scaricabile con richiesta di pubblicazione e di condivisione al seguente link: https://it.surveymonkey.com/r/JKKNB9F .
* Presidente di Women for Oncology Italy
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