Lavoro e professione
Chiropratica: la laurea magistrale resta un miraggio, Italia fuori dagli standard internazionali
di John Williams*
24 Esclusivo per Sanità24
A quattordici anni dal primo riconoscimento formale della professione, i chiropratici vedono ancora la laurea magistrale come un miraggio. Ma siamo sicuri che il presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi e il ministro della Salute Roberto Speranza riusciranno entro il loro mandato a sciogliere questo nodo che relega l'Italia a caso negativo e unico nel panorama internazionale. Garantire i pazienti sulle effettive competenze dei professionisti della salute e cogliere i benefici in termini di risparmi per il Sistema sanitario nazionale in questo momento è fondamentale. La Chiropratica ha dimostrato nei paesi dove è pienamente riconosciuta, di poter contribuire in maniera importante alla riduzione dei costi nella sanità pubblica per farmaci, ricoveri, interventi chirurgici e assenze dal lavoro per malattia.
Il rischio che l'Italia rimanga fuori dagli standards internazionali
Ad oggi, l'unica modalità per laurearsi in Chiropratica rimane quella fare le valigie e recarsi in Europa o negli Stati Uniti, per un percorso formativo che va dai cinque agli otto anni, arrivando a sborsare costose rette e relative spese di soggiorno. E dall'Italia, ogni anno, sono circa cento gli aspiranti professionisti che intraprendono questo percorso. Noi vogliamo lanciare un appello alle istituzioni sanitarie come Associazione Italiana Chiropratici, che raccoglie il 70% dei professionisti attivi a livello nazionale. Secondo i censimenti periodici dell'AIC, ogni anno, oltre la metà degli studenti italiani che frequentano i corsi di livello universitario all'estero non fanno rientro in Italia. I motivi di questa emorragia di studenti, e dunque di futuri professionisti sanitari, è dovuta proprio al mancato riconoscimento del percorso formativo secondo gli standards internazionali, che prevedono una laurea magistrale quinquennale. L'incertezza normativa in cui è ancora relegato il percorso di studi del chiropratico è anche il principale motivo che ha spinto alcuni dei maggiori enti internazionali elencati dal World Federation of Chiropractic a rinunciare agli investimenti nel sistema formativo italiano, anche se già precedentemente stanziati e annunciati. L'ultimo caso risale a cinque anni fa, quando l'americana Life University annunciò un investimento di circa dieci milioni di euro su Roma, per dare il via a quella che sarebbe stata la prima facoltà in Italia in grado di rilasciare un titolo di laurea accreditato negli USA. Ipotesi presto ritirata di fronte all'approvazione della riforma Lorenzin che paventava un percorso di studi triennale, e quindi considerato non consono allo standard richiesto dalla federazione mondiale dei chiropratici.
La situazione in Italia
La chiropratica è tutt'ora in fase di regolamentazione e la nostra preoccupazione è sui possibili sviluppi rispetto alle competenze e alla formazione dei professionisti sanitari. La chiropratica, infatti, è stata riconosciuta nel lontano 2007 come professione sanitaria di grado primario con un corso di laurea di cinque anni. Questa Legge non è mai stata abrogata. In seguito, la Legge Lorenzin del 2018 facendo riferimento alla legge 43/2006 che raggruppa le professioni tecniche ha inserito ambiguamente la chiropratica tra le professioni che di solito richiedono una laurea triennale. Un'ipotesi alla quale ci opponiamo da sempre con forza. Anche se la laurea triennale non è specificata nella Legge, se dovesse essere interpretata così nella regolamentazione, il chiropratico italiano non avrà le competenze garantite dagli standards internazionali come indicato dall'Oms, gli unici necessari per svolgere la professione in sicurezza. Inoltre, verrebbero meno i già dimostrati vantaggi nel rapporto costo-efficacia e nell'efficacia della prevenzione dei disturbi dell'apparato muscolo scheletrico attraverso una terapia non-invasiva, qual è la chiropratica. È per questo che stiamo lavorando per ottenere un percorso formativo di cinque anni con laurea magistrale, come avviene in tutti i Paesi avanzati.
Un confronto tra Paesi
Dal 2015, l'81% degli studenti che hanno partecipato al Graduate Education Programme (GEP), cioè il percorso di abilitazione per lavorare in Italia, sono proprio di nazionalità italiana. Un'inversione di tendenza rispetto al quinquennio precedente, anche se, in termini assoluti, si nota come nel nostro paese la Chiropratica sia nettamente al di sotto della media internazionale per numero di professionisti attivi. Considerato che negli USA sono attualmente in attività 75 mila chiropratici e che tale professione sanitaria è rappresentata in 90 paesi nel mondo, resta alto il divario tra il nostro Paese e il resto degli Stati occidentali. La distribuzione dei chiropratici, e delle istituzioni universitarie per la loro formazione, rileva l'Associazione, sono ancora fortemente legate a fattori legislativi, che relegano questa professione in paesi ad alto reddito pro capite. Al contrario, invece, la loro presenza è minima nei paesi a basso e medio reddito, con ripercussioni negative in termini di fornitura di servizi e istruzione universitaria.
*presidente Associazione Italiana Chiropratici
© RIPRODUZIONE RISERVATA