Lavoro e professione

Le lezioni imparate dalla pandemia: fiducia e umiltà per comprendere vicende complesse

di Paolo Bonanni*

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24 Esclusivo per Sanità24

In questa fase storica legata all'emergenza sanitaria pandemica globale abbiamo compreso quanto sia fondamentale fidarsi e affidarsi alla scienza e agli operatori della salute. E come sia strategico che queste figure diventino anche dei narratori accessibili, in qualche modo degli storyteller. Una necessità che spesso si scontra con una difficoltà a diventare comprensibili. D'altronde tanta capacità di raccontare questo fenomeno in modo chiaro non sempre si è avuta in questi mesi, anche per via di informazioni non complete su un virus sostanzialmente nuovo. È un fatto innegabile che in questi ultimi anni, addirittura anche prima dell'emergenza Covid-19, la scienza sia riuscita a riguadagnare spazio. Ed è altrettanto coerente come sia più difficile spacciare per veri tesi, ragionamenti, visioni del mondo che sono palesemente falsati da un punto di vista meramente scientifico. Però è pur vero che con la drammatica esperienza legata al virus c'è stato una sorta di corto circuito tra mondo della scienza e dell'informazione. La cosa più saggia che un vero scienziato fa di fronte ad un evento come questo è riconoscere di non sapere. Socraticamente, la cosa migliore è affermare che di questa cosa sappiamo ancora poco. Il che si scontra con una necessità del mondo dell'informazione di stare sul pezzo, di spiegare, di farsi raccontare come stanno le cose, cercando a volte anche di estorcere all'esperto opinioni che non sono basate su fatti dimostrati o reali.

Lo abbiamo visto anche nei programmi televisivi, soprattutto all'inizio dell'epidemia, quando una serie di esperti sono stati invitati in tv in una sorta di 'accaparramento della conoscenza'. Il grande rischio di queste operazioni è sempre quello di semplificare troppo le cose. E quindi di banalizzarle. Al punto poi da generare un effetto distorto, che consente a tutti di esprimere opinioni, pur non essendo della materia. Ecco, questa semplificazione crea danni, amplifica i rischi, espone l'opinione pubblica all'errore, anche e soprattutto quella meno abituata a comprendere le notizie falsate. Un altro elemento di criticità di questa fase è che non si è compresa la differenza tra esperti. Non tutti sanno tutto. Soprattutto nella salute, le competenze e conoscenze verticali fanno la differenza. Essere 'virologo' è un mestiere bellissimo e utilissimo, ma spesso ciò che è stato richiesto ai virologi esulava dall'ambito specifico della virologia, perché atteneva a notizie di sanità pubblica, qualcosa che aveva a che fare con l'andamento dell'epidemia che è più noto all'epidemiologo o al medico di sanità pubblica. Si è cercato di ottenere da un unico esperto informazioni anche su cose per le quali occorre il parere di un altro. Tutto questo ha accelerato l'infodemia, ossia la moltiplicazione di notizie vere e certificate che però si sono mescolate in un amalgama indistinta con le fake news. All'inizio – e non solo – abbiamo avuto anche pareri discordanti tra chi minimizzava, sostenendo che si trattasse di una banale influenza. O chi, al contrario, inquadrava la crisi a cui stavamo andando incontro come una vera e propria strage.

Ci vogliono misura e consapevolezza della propria limitatezza di fronte ad un evento imprevedibile e imprevisto. D'altronde, l'umiltà è la miglior garanzia di poter minimizzare il rischio di errori. E poi bisogna essere flessibili nell'uso della tecnologia quando ci serve per proteggerci maggiormente a livello di comunità. Dobbiamo essere capaci di capire, anche se non siamo esperti del settore, chi ci sta raccontando cose vere e chi no, interrogarci sempre da dove proviene la fonte, tentare di decifrare la complessità. E poi ci vuole anche un atto di fiducia: dobbiamo fidarci di chi ha dimostrato anche di saper chiedere scusa per le cose sbagliate pronunciate. Quella è la persona più affidabile da seguire, perché riconosce i propri limiti in un campo, come quello della salute, dove si procede per successive approssimazioni al vero.

Nonostante tutti i social media a disposizione, ho nostalgia di una figura che ricordo da bambino, quella del maestro Manzi che insegnava a chi era ancora analfabeta negli anni ‘60. Abbiamo bisogno di figure credibili a cui affidarci per aiutare poi a creare capacità critica e prepararci a rispondere adeguatamente contro le fake news, anche audio e video, che girano su WhatsApp e sui social. Ecco perché considero utile e strategico l'arrivo di "Life", il blog pensato da Sanofi Pasteur e online sulla community StartupItalia. Perché mai come oggi la condivisione certificata delle informazioni aumenta la consapevolezza. E quindi ci guida verso un uso più evoluto dei media digitali, e in fondo migliora la nostra capacità di comprensione della complessità e di approccio corretto alla prevenzione.

* Professore ordinario di igiene all'Università di Firenze, coordinatore del Calendario per la Vita e co-presidente di giuria del contest e hackathon di Sanofi Pasteur #PerchéSì


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