Lavoro e professione

Salvate il soldato 118 e la tenuta del Ssn

di Giovanna Esposito (Presidente Fimeuc) e Fabiola Fini (Segretario Fimeuc)

Il 118 è in piena emergenza nell’indifferenza dei Governi, centrali e regionali, che si sono succeduti negli ultimi anni. Uno snodo strategico della nostra sanità pubblica, fondamentale per salvare vite umane, è soffocato da diversi problemi. Ne citeremo, in questa sede solo tre. Il primo: nel nostro Paese l’organizzazione del sistema di emergenza-urgenza è a macchia di leopardo. Il secondo: la programmazione del fabbisogno è inadeguata e i meccanismi formativi dei professionisti sono insufficienti e contraddittori.
Il terzo: il personale medico è inquadrato in modo confuso e precario tra contratti, convenzioni e collaborazioni, anomale e a tempo determinato.
Una giungla nella quale si mette a rischio la qualità dei servizi per i cittadini, spesso garantita solo grazie allo sforzo dei medici e degli operatori in generale.
Ma andiamo più nel merito. Registriamo una grande variabilità di modelli organizzativi, sia nelle figure professionali che ne fanno parte (in termini di qualifica e numeri) sia nel diverso utilizzo dei mezzi a disposizione; un'interfaccia molteplice, se non confusa, con la continuità assistenziale quando si tratta di gestire la risposta sanitaria alle chiamate di soccorso; spesso, una contraddittoria integrazione tra il personale sanitario operante sul territorio e quello impiegato sul versante ospedaliero.
Seconda questione: la dimensione del problema dell'accesso, della formazione e della programmazione del personale. Il Ssn conta su 427 ospedali di P.S, 96 Dea di primo livello e 119 di secondo livello. Ebbene, lo scorso anno le borse di emergenza-urgenza sono state solo 181 su 6676 contratti di specializzazione complessivi. Non solo: secondo molte stime, nel lasso di tempo che va dal 2015 al 2025 andranno in pensione 45 mila medici ospedalieri, 8200 universitari e oltre 30 mila medici di famiglia.
Nonostante dal 2006 esista la Scuola in Medicina d'emergenza-urgenza, nel 2014 i primi specialisti sono stati solo 100. È del tutto evidente a chi sta sul campo, e per i dati sopra citati, che i contratti di specializzazione sono insufficienti, ne servirebbero almeno 250-300.
Di fatto, quindi, il sistema dell'Emergenza Sanitaria è garantito nei numeri dai medici convenzionati, il che ci introduce nella terza questione: la disomogeneità contrattuale e il nodo del precariato.
Ad oggi, nel settore operano:
- i medici di ex guardia medica e i medici convenzionati che hanno superato il corso di formazione per l'emergenza sanitaria territoriale (ex art. 66 dell'ACN);
- i medici transitati alla dirigenza ( art. 8 c. 1 bis del D. Lgs. 229/ 1999);
- i medici dirigenti di Medicina e Chirurgia d'Urgenza e Accettazione;
- i medici anestesisti e quelli con o senza specializzazioni.
I contratti in vigore rientrano in varie categorie: fissi, a rotazione, a gettone e integrati nei Dea. Nello stesso ambito lavorativo avremo quindi medici con le stesse funzioni ma con diverse retribuzione e tutele: per il convenzionato meno diritti lavorativi e meno tutele (ferie, tredicesima, indennità notturne e festive, congedo matrimoniale, malattia, tutela maternità e allattamento, adozione, affidamento, part-time, 104, lutto, non riconoscimento del lavoro usurante e del rischio biologico, applicazione deficitaria delle coperture per l'infortunio, sia “in itinere” sia durante il servizio, anche causati da terzi, ecc…).
Fianco a fianco, ai convenzionati a tempo determinato, quindi anche quelli con “contratto anomalo”.
Ultima questione, i cosiddetti, “livelli essenziali” di formazione del medico del 118. Questi sono prima richiamati nell'art. 16 comma 2 del D.Lgs 502/92 e, in occasione della conferenza Stato-Regioni, nella seduta del 13 marzo 2002 (repertorio atti n.1667), quindi nelle “Linee guida sulla formazione aggiornamento e addestramento permanente del personale operante nel sistema di emergenza urgenza”, per quello convenzionato, eppure, anche per le scarse risorse economiche stanziate, nelle regioni si fa poca attenzione a questo aspetto che dovrebbe essere centrale. In tal senso, sono necessari anche posti riservati nella scuola di specializzazione per i medici del 118 convenzionati che già operano nel Sistema Emergenza.
Infine, per ritornare nell'ambito più generale delle tutele, è bene ricordare, anche, che il 118 non è compreso tra i lavori usuranti. Un’altra anomalia per un settore sempre in prima linea.
Si tratta di questioni inevase da anni che saranno oggetto del convegno nazionale della Fimeuc, organizzato a Firenze il prossimo 15 dicembre, assieme anche a un pacchetto di proposte che in parte anticipiamo in questa sede.
Ecco alcuni spunti per una proposta complessiva di qualificazione del 118 in Italia:
- estensione dei diritti e delle tutele a tutti i medici del settore;
- definizione di un unico contratto di lavoro per l'area, quello della dirigenza medica per una figura unica del medico dell'emergenza-urgenza;
- mutare gli attuali accordi convenzionati a scadenza a contratti a tempo indeterminato;
- puntare su una formazione di qualità; riattivare l'articolo 8.1bis del D.Lgs 229/del 1999 per portare a termine il passaggio alla dipendenza dei medici dell'emergenza pre-ospedaliera che hanno maturato i requisiti;
- accelerare le procedure per la stabilizzazione dei medici della emergenza ospedaliera con contratto dipendente a tempo determinato da più di tre anni e nelle regioni in piano di rientro al netto dello sblocco del turnover sui cessati; riconsiderare la stabilizzazione dei medici con contratti atipici la cui attività sia stata fondamentale per i LEA in emergenza-urgenza, previa verifica dell'adeguatezza delle competenze e del curriculum.
Dal capoluogo toscano - sede del IV congresso Fimeuc che si terrà il 15 dicembre a Firenze - può partire un processo virtuoso, affinché il 118 possa “risciacquar i panni in Arno”e si possa arrivare a una riforma del settore ambiziosa, ma tanto urgente quanto necessaria, per la tenuta della nostra sanità pubblica.


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