Lavoro e professione
Fondazione Gimbe: «La sanità pubblica sta affondando: responsabilità di tutti, ma serve un programma politico»
di Red. San.
«Non esiste alcun piano occulto di smantellamento del servizio sanitario nazionale, ma nemmeno un programma esplicito per difendere un modello equo e universalistico di sanità pubblica da consegnare alle future generazioni». Il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Caratbellotta ha aperto con questa considerazione la sessione inaugurale della 12a Conferenza Nazionale Gimbe a Bologna dedicata alla “Sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale” che conta oltre 600 partecipanti.
Quattro le criticità di sistema identificate dalla Fondazione Gimbe, che richiedono un programma politico ben preciso finalizzato a salvare il Ssn: «Il finanziamento pubblico del Ssn – spiega Caratbellotta – tra tagli e mancati aumenti dal 2010 ha lasciato per strada oltre 35 miliardi di euro, facendo retrocedere l'Italia sempre più nel confronto con i paesi dell'Ocse, quelli europei e del G7, tra i quali siamo fanalino di coda per spesa totale e per spesa pubblica, ma secondi per spesa a carico dei cittadini».
Rispetto alla sanità integrativa la Fondazione Gimbe ritiene indispensabile un riordino complessivo della normativa: «Il modello “a tre pilastri” – puntualizza Cartabellotta – oggi mostra tutti i suoi limiti: avendo puntato tutto sul primo pilastro (finanziamento pubblico non più sufficiente a erogare i Lea), non siamo riusciti infatti a espandere adeguatamente il secondo (fondi integrativi, limitati a coprire solo prestazioni non essenziali) e non riusciamo a contenere il terzo (assicurazioni private che scorrazzano senza regole)».
Dai dati della Fondazione Gimbe emerge poi che una quota consistente di denaro pubblico continua ad alimentare sprechi intollerabili: 24,73 miliardi/anno erosi da sovra-utilizzo, frodi e abusi, acquisti a costi eccessivi, sotto-utilizzo, complessità amministrative, inadeguato coordinamento dell'assistenza.
«A fronte dei numerosi scettici che da anni mettono in discussione le nostre stime – continua il presidente – il rapporto Ocse del gennaio 2017 ha confermato che in sanità 2 euro su 10 vengono sprecati. Le responsabilità ricadono su tutti gli stakeholder, che devono impegnarsi a recuperarli con numerose strategie già descritte dal Rapporto Gimbe sulla sostenibilità del Ssn 2016-2015».
Infine una considerazione sui nuovi Lea: «Questo grande traguardo politico rischia di trasformarsi in un'illusione collettiva con gravi effetti collaterali: allungamento delle liste d'attesa, aumento della spesa out-of-pocket, sino alla rinuncia alle cure. Infatti, la necessità politica di estendere al massimo il consenso sociale e professionale ha generato un inaccettabile paradosso: siamo il Paese con il “paniere LEA” più ampio d'Europa, ma al tempo stesso fanalino di coda per la spesa pubblica».
Sul finanziamento pubblico per la sanità, che secondo le stime della Fondazione aumenterà di 15 miliardi di euro entro il 2025, Emilia Grazia De Biasi, presidente della 12a Commissione Igiene e Sanità del Senato ha affermato che il tema prima che finanziario è politico e che il dato può variare in relazione alle priorità: «Dobbiamo decidere se intendiamo investire o meno in politiche pubbliche in sanità. Lo spreco risiede nella mancanza di legalità, nelle spese per macchinari obsoleti e inutili, nella differenza tra il Nord e il Sud del Paese».
Per Mario Marazziti, presidente della XII Commissione Affari Sociali della Camera, è necessario lavorare sul personale e garantirne la stabilizzazione, oltre che passare da un modello ospedalocentrico a uno territoriale per garantire la continuità socio-sanitaria.
D'accordo con le stime della Fondazione anche il senatore Luigi D'Ambrosio Lettieri (Gruppo Conservatori e Riformisti) secondo cui «serve un'etica della responsabilità per il servizio sanitario pubblico. Al contrario del Pil, infatti, la spesa crescerà: per questo è indispensabile aumentare gli aspetti di governance».
Secondo la deputata Giulia Grillo (M5S), «Le stime dipendono dai fattori della spesa pubblica, dalle tecnologie mediche e sanitarie, oltre che dalle scelte politiche non solo sulla sanità, ma sulla salute e sul welfare in generale. L'equità di accesso alla salute è un indice di qualità e dipende anche dalla visione politica che abbiamo».
Dibattito acceso sul riordino della sanità integrativa, proposto dalla Fondazione Gimbe per ridurre la spesa out-of-pocket ed evitare che l'intermediazione assicurativa mini le basi del Ssn. «In Italia assistiamo a un'anomala situazione – conclude Cartabellotta – in cui i fondi integrativi non possono espandersi, in quanto destinati a coprire solo prestazioni non essenziali, mentre le assicurazioni private possono scorrazzare senza regole».
Tutti d'accordo sulla necessità di un riordino della materia: tuttavia Marazziti ha puntualizzato l'esigenza di ravvivare i fondi integrativi, non solo con fatti tecnici ma con una nuova visione/modello, mentre secondo De Biasi occorre modificare alcuni meccanismi di pagamento, affermando che « non può essere certo la carta di credito decidere in sanità».
© RIPRODUZIONE RISERVATA