Lavoro e professione

Manovra 2017, Troise (Anaao Assomed): «Medici traditi»

di Rosanna Magnano e Roberto Turno

Una manovra «oscura», che lascia le «carte coperte», che promette grandi cose e concede solo briciole. E in cui «il personale sanitario resta il grande assente». È questa la definizione della legge di bilancio 2017 per Costantino Troise, segretario nazionale di Anaao Assomed.

«Si tende a finanziare la contrattazione dei dipendenti statali - spiega Troise - ma le risorse parametrate alla sanità, ancora incerte, ci danno un risultato largamente insoddisfacente. Si parla di una cifra che va da 80 a 100 euro al mese. Dopo sette anni di blocco e tante parole sul riconoscimento del merito e su chi ha retto il servizio sanitario in questi anni di crisi. Quando al lavoro privato sono state riconosciute forme di finanziamento indiretto come la defiscalizzazione della produttività e il welfare aziendale. Vantaggi che curiosamente escludono 3 milioni di lavoratori pubblici, compresi i dipendenti della sanità».

Insomma un piatto di lenticchie...

Mi sembra più che altro un adempimento formale della sentenza della Corte costituzionale, ma che non ha niente di innovativo, nessuna assunzione di responsabilità su un governo della spesa sanitaria che passi da un patto con i professionisti, visti invece, ancora e sempre, come un terminale di costo.

La ministra Lorenzin ha sempre parlato dei medici come di spina dorsale del Ssn...

Evidentemente di questi tempi le spine dorsali valgono poco. La ministra aveva fatto due promesse: di utilizzare i due miliardi aggiuntivi del Fsn, che ha ottenuto, per i farmaci innovativi e la valorizzazione del personale. Sul secondo punto il fallimento è stato clamoroso.

Ma con queste cifre ci si può sedere al tavolo per un nuovo contratto?

Ai tavoli ci si siede sempre. Bisogna vedere quanto tempo si resta seduti. Il contratto è un punto di equilibrio tra risorse economiche e condizioni normative. Se le risorse economiche sono scarse allora le condizioni normative devono essere molto buone.

Per esempio?

Innanzitutto c’è un problema di risorse accessorie, di fondi contrattuali, che sono stati depauperati in questi anni di centinaia di milioni di euro, in maniera legittima e non. Le Regioni potrebbero rimettere a disposizione una parte di quelle risorse. Ricordiamo che servono a finanziare l’articolo 22 che fa parte di un Patto della salute che le Regioni hanno firmato con il Governo. La seconda possibilità è di utilizzare forme di finanziamento indiretto, la terza è di ragionare sulle condizioni di lavoro e sul disagio. E poi c’è un anticipo pensionistico che il Governo concede agli infermieri ma non ai medici, che pure condividono gli stessi spazi fisici e le stesse modalità organizzative.

Gli infermieri sono più forti. Sono di più.

I medici non hanno santi in paradiso. E le poche volte che si parla di personale in sanità si fa riferimento soprattutto ai numeri.

La partita dell’orario di lavoro Ue è rimasta un po’ in stand by in attesa di definire i contorni del panorama. Ora la questione riesploderà, viste queste cifre?

La questione riesploderà soprattutto se non ci sarà assunzione di personale. Perché a quel punto si potrà garantire il rispetto della direttiva solo tagliando quali-quantità dei servizi. La normativa è stata applicata in maniera disomogenea: ci sono realtà in regola, altre che hanno tagliato i servizi, o Regioni come la Basilicata, che si è fatta una norma ad hoc per evadere le regole. Siamo all’assurdo.

A proposito di regole, sia per i precari che per il depauperamento dei vecchi contratti, le Regioni hanno responsabilità?

Sicuramente. Le Regioni hanno scaricato sulla sanità quello che il Governo ha scaricato su di loro. Il giochino ha finito per danneggiare i cittadini e i professionisti. Basti pensare alle Regioni in piano di rientro, che hanno riportato qualche risultato positivo in termini di finanze al prezzo però di tagliare i Lea. Il sistema migliore di risparmiare resta sempre quello di non curare.

Avete fatto un comunicato unitario #assuntisubito e #precarimaipiù. Avete in mente i giovani?

È il volantino delle mobilitazioni che abbiamo in piedi. Un sit-in a Roma il 17, assemblea day il 18 e ci riserviamo di valutare la possibilità di uno sciopero nazionale entro la fine del mese. L’iniziativa tiene tutto insieme ed è per un contratto di lavoro che migliora le condizioni dei cittadini. Senza un patto tra Governo e professionisti la qualità dei servizi per i cittadini rimane sempre in dubbio. E la qualità dei servizi si garantisce anche rispettando le dotazioni organiche, quindi con nuova occupazione e stabilizzazione dei precari. In Sicilia e nel Lazio ce ne sono che aspettano da oltre dieci anni.

Ci sveli un arcano: quanti medici si assumono con i soldi previsti in manovra?

È impossibile dirlo perché non conosciamo la ripartizione tra infermieri e medici, né abbiamo idea di quali saranno le procedure che il Governo vuole mettere in atto per stabilizzare i precari. Dite bene: è un arcano.

Un rompicapo...

È una legge oscura, che mantiene le carte coperte. Che dà grandi annunci e cifre striminzite.

Voi farete prevedibilmente una lista di «emendamenti». Quali sono i primi cinque?

Abolire il comma della Finanziaria dello scorso anno che congela le risorse accessorie; abolire l’articolo della legge 125/2015 che sottrae dai fondi accessori le retribuzioni di posizione variabili aziendali in conseguenza del taglio di strutture complesse e semplici; rivedere il modo in cui le Regioni hanno applicato la legge 122/2010, che blocca gli stessi fondi accessori al valore del 2010 e li riduce in modo proporzionale alla riduzione stabile degli organici; ammettere anche i medici al pensionamento anticipato; defiscalizzazione della produttività e welfare aziendale.

Voi siete stati i primi a spalancare le porte ai giovani, un passo importante per il sindacato. Cosa fare ancora per auto-riformarsi?

Occorre intensificare l’apertura ai giovani e aprire al mondo femminile, che sta diventando un genere dominante nella sanità italiana. Il futuro del sindacalismo dipende dalla capacità o meno di reclutare queste due intelligenze, assicurando insieme un ricambio generazionale e di genere.

Ma ai vertici Anaao ci sono sempre uomini.

L’Anaao ha rispecchiato la storia del sindacalismo medico di questo Paese, almeno finora. Mi auguro che quando lascerò il mio mandato nel 2018 potrò garantire un doppio ricambio. Di genere e di generazione. Il fatto è che non dobbiamo immaginare che ci siano masse che premono per entrare e qualcuno che le lascia fuori. Il problema è che facciamo fatica anche a trovare vocazioni, a valorizzarle e a incentivarle.

Che rapporti ci sono con la Fnomceo?

Cordiali e corretti. Io sono tra coloro che ritengo che gli Ordini siano una componente fondamentale anche per l’attività sindacale, che va coniugata a quella professionale. Per aumentare il peso specifico di una categoria che soffre di pregiudizi ma che solo non frantumandosi all’interno può trovare un’identità di professionisti che rivendicano condizioni di lavoro dignitose.

A proposito di frammentazione, secondo la classifica della rappresentatività sindacale dell’Aran siete in testa con il 23,38%. Vi espanderete ancora?

Il dato è storico. Essere primi fa sempre piacere ma si resta con l’amaro in bocca perchè la percentuale segnala comunque una frammentazione della categoria che ritengo eccessiva. Il nostro obiettivo resterà quello di aggregare. Occorre fare qualche passo avanti per costruire soggetti autorevoli e pesanti. Più di quanto siamo noi oggi.


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