Lavoro e professione

Emergenza specialisti: per il Sumai 55mila medici in meno nei prossimi dieci anni

Stretti tra blocco del turn over e precariato, che rendono il lavoro sempre meno ambito, di qui a meno di dieci anni ci saranno in Italia 55.000 medici specialisti in meno. Una prospettiva che rischia di rendere sempre più difficile la prevista riforma delle cure
territoriali, così come l'attuazione del 'Piano sulle cronicità'. A lanciare l’allarme è il Sindacato degli specialisti ambulatoriali Sumai-Assoprof in occasione del 49/esimo Congresso nazionale che si apre oggi a Cosenza, il primo senza il segretario Roberto Lala, venuto a mancare poche settimane fa.

Entro il 2025, secondo i numeri elaborati dal Centro Studi dal Sumai-Assoprof su dati Enpam e Inps, quasi la metà dei medici specialisti ambulatoriali andranno in pensione e non saranno sostituiti da un regolare turn over generazionale. Il 60% della categoria ha infatti più di 55 anni di età ed una pensione non troppo lontana e pertanto si rischia di ritrovarci nel 2025 con un fabbisogno inevaso di 8.000 specialisti ambulatoriali, il 40% dell'attuale categoria. Ma il problema non riguarda solo loro: nello stesso periodo, andranno in pensione anche circa il 60% dei 65.000 medici di medicina generale, senza immediato avvicendamento. Quanto alla specialistica ospedaliera, nello stesso arco di tempo vedrà andare in pensione circa il 40% degli attuali 113.000 appartenenti a questa categoria. Mentre la scuola di formazione della medicina generale «licenzia solo 900 medici l’anno, numeri che, al momento, appaiono insufficienti a garantire l'attuazione del recente Piano sulle cronicità, delle Aft e Uccp previste nel Patto della Salute e in parte già normate e inserite negli accordi nazionali della medicina convenzionata, come riaffermato nel recente accordo nazionale della specialistica ambulatoriale».

Insomma, senza un cambio di rotta - denuncia il Sumai - tra ospedalieri e convenzionati, entro il 2025 i medici specialisti in Italia si ridurranno di circa 55.160 unità.

Questa fotografia, sottolinea il presidente Giuseppe Nielfi, «segue quanto abbiamo denunciato negli ultimi anni, e inquadra una professione che sta vivendo sulla propria pelle il serio problema del mancato ricambio generazionale con il rischio che a pagarne le conseguenze, siano prima di tutto i cittadini. Così si rischia di minare alla radice tutti gli sforzi fatti per rilanciare la medicina territoriale». A Roberto Lala, ha ricordato Nielfi, va il merito di aver concluso positivamente il nuovo Accordo collettivo nazionale di categoria.

«Abbiamo dato fiducia all'Esecutivo - conclude il sindacato degli specialisti ambulatoriali - ma è chiaro che non possiamo più accettare di essere la valvola di sfogo di un sistema, giustamente vincolato all'economia, ma che sta perdendo ogni rispetto per il lavoro di tutti gli operatori che insistono nel mondo della sanità, esasperando conflittualità inutili, prive di reali contenuti e gravemente lesive degli interessi dei cittadini e dei professionisti stessi. Noi specialisti territoriali riteniamo che la misura sia colma. La diagnosi è chiara, la terapia pure. Ora non possiamo e non vogliamo più attendere».


© RIPRODUZIONE RISERVATA