Lavoro e professione
Medici ricchi? Ad Alberto Oliveti rispondo che...
di Annarita Frullini (Omceo Pescara)
24 Esclusivo per Sanità24
Faccio i migliori auguri ad Alberto Oliveti, presidente Enpam, per il nuovo impegno al vertice dell’Adepp. Sento però le sue autorevoli e documentate dichiarazioni circa i redditi in crescita dei medici e odontoiatri libero professionisti, con un incremento di oltre il 10% nel periodo 2009-14, non concordare con percezioni comuni.
Cittadinanzaattiva-Tdm in accordo con altre simili analisi ha appena affermato che circa 2,7 milioni di persone rinunciano per motivi economici a cure sanitarie. E abbiamo la netta percezione del malessere dei colleghi più giovani.
Ho avuto, come tanti, occasione di sentire giovani colleghi/e. Esempi di narrazione oltre la statistica che possono integrare la visione generale. Invio le considerazioni di una collega, private secondo i suoi desideri di elementi che consentono di riconoscerla, che svelano difficoltà e disagi condivisibili da molti/e laureate in medicina.
«Mi avvicino ai quarantanni e per alcuni dei miei colleghi sono una persona professionalmente riuscita. Mi sono laureata nei tempi regolamentari frequentando la clinica di quella specializzazione chirurgica che avrei voluto scegliere come professione. Non ero figlia d'arte e sono riuscita a trovare un posto in specializzazione a oltre 600 km di distanza.
È stata una esperienza arricchente sotto tutti i punti di vista ma fuori casa, considerando che non volevo perdere i contatti con la mia città, ho utilizzato quasi totalmente i soldi della mia specializzazione. Tornata nella mia città del centro sud, quasi trentenne le ho provate tutte: prima volontaria nella clinica universitaria poi in ospedale dove ho avuto piccole borse… sostituzioni specialistiche che magari comportavano viaggi fuori regione anche per poche ore.
Ne facevo molte di sostituzioni, quando la graduatoria era basata sull'anzianità di servizio.
Ora che la graduatoria è sul numero delle ore effettuate scivolo verso il basso.
Ho cominciato a pensare a uno studio privato.
Per le necessità burocratiche ho trovato molte difficoltà: all'Ordine non esistono tutor o sportelli che sappiano rispondere alle tante domande che sorgono strada facendo.
Ho affittato una stanza e contratto un mutuo per acquistare gli strumenti di lavoro necessari, con una spesa di oltre ventimila euro.
Ho anche accettato una collaborazione tramite una Srl con una clinica privata convenzionata.
Dalla Srl per una visita specialistica percepisco circa 10 euro lorde, per un intervento chirurgico ricevo 150 euro lordi come primo operatore. La Srl si organizza sulla base delle sue esigenze e a noi medici non è consentito superare i 1000 euro lordi mensili. La SRL ci chiede di fatturare dopo vari mesi, dopo qualche settimana ci paga il 70% dell'importo indicato in fattura, il 30% ci verrà versato quando la regione pagherà la clinica e quindi la clinica l'Srl. A volte ci paga in blocco, in unica soluzione a dicembre.
Continuo con la Srl perché è l'unico modo per non perdere la manualità chirurgica acquisita.
Alla clinica privata, prevalentemente per attività chirurgica, dedico un venti per cento del mio tempo. Il resto lo dedico al mio ambulatorio, dove a partire dal 2014 ho avuto un buon incremento delle visite paganti . Ho un onorario di settanta euro che fatturo regolarmente.
I miei genitori mi hanno regalato l'anticipo per un piccolo appartamento, acquistato con un mutuo trentennale ovviamente a mio carico.
Ho osato acquistare una macchina usata spendendo ben cinquemila euro!
Nel corso di laurea non ci insegnano economia e finanza: non avevo ben calcolato quanto mi rimanesse in tasca e ho scoperto solo dopo che per le tasse esistono un conguaglio e due acconti…Invidio i colleghi strutturati e gli odontoiatri certo più informati, da sempre, di noi medici su aspetti organizzativi e fiscali. Per gli Ordini dei medici i libero professionisti puri sono ancora oggi una minoranza.
Per la mia stanza in uno studio vi sono le spese documentate incomprimibili ( TARI, smaltimento rifiuti, affitto, condominio e pulizia, utenze e spese cellulare, consulenza amministrativa/fiscale, materiale per studio, un segretario ad ore da una agenzia di servizi anche per l'ormai inevitabile POS e la fatturazione elettronica) spese per l'iscrizione all''Ordine, alla società scientifica che mi consente una polizza infortuni/professionale calmierata, la quota A e la quota B per l''Enpam, il costo dell'aggiornamento tramite costosi corsi di specializzazione/master specifici e le tasse che lo stato pretende.
Nel 2014 ho incassato sui 50 mila euro con l'accredito finale della Srl e nel 2015 ho raggiunto quasi lo stesso importo. Nel 2015 ho pagato quasi diecimila euro di conguaglio e tremila per il primo acconto. Certo forse il prossimo anno avrò un conguaglio più leggero.
Ma conti fatti, al netto non arrivo a mille euro….soldi incerti e precari che derivano da un lavoro incerto. Sono costretta per avere questo reddito a lavorare moltissimo, con una vita privata quasi inesistente.
Il mio reddito è più basso di quello medio dei medici, che nel 2010 mi pare fosse di circa 67mila euro. Ma allora si diceva che per gli studi medici i parametri fra ricavi e guadagni fossero molto vicini. Certo oggi non è più così. Cosa è mutato?
Alberto Oliveti, presidente Enpam e Adepp dice che il reddito medio degli iscritti in libera professione dal 2009 al 2014, è stabile o addirittura in incremento. Scopro di essere in linea con quelle cifre, apparentemente buone ma mi confronto nel quotidiano con persone che hanno sul lavoro meno spese, meno responsabilità, minore formazione e maggior reddito reale.
E' possibile meglio comprendere la reale situazione dei medici liberi professionisti, disaggregando i dati per genere, generazione e area geografica? E' possibile una analisi sui costi obbligatori per la formazione del reddito?
Quante persone in Italia, uomini e donne sono nella mia situazione professionale? Siamo un numero sufficiente perché la nostra esistenza venga considerata, analizzata sostenuta? Certo senza controparte contrattuale non avremo mai la possibilità di essere massa critica.
Come medici fra laurea e specializzazione abbiamo studiato oltre un decennio e dopo tante formazione scopriamo che lavorare di più, essere visibili come professionisti competenti comporta ben poco aumento di reddito, tanta solitudine e sfinimento.
Parlo di solitudine perché sento fortemente anche il peso della solitudine professionale: dopo anni di volontariato non trovo più accoglienza per un confronto con i più fortunati colleghi ospedalieri e/o universitari.
Anche la riforma sulla responsabilità attualmente in costruzione accentua il divario fra i medici che sono dipendenti e quelli che, certo non per loro scelta, sono fuori dal SSN. Vedremo il testo finale della legge, ma sembra che i medici si dividano per la tipologia del contratto di lavoro e non in funzione del loro operare. Anche il decreto sull'appropriatezza penalizza i liberi professionisti puri che ricettano solo sulla propria carta intestata. Vi è una grande difficoltà dei pazienti nel relazionarsi sia con i medici di famiglia sia con i CUP delle Asl e questo ricade su di noi.
Sento evaporare e sfuggire l'età biologica per la maternità e non ho la possibilità neanche di dedicarmi come desidero da tempo a un bambino in affido...non ne ho il tempo, le energie, le risorse.
Vorrei che la FNOMCeO potesse rivolgere la sua attenzione anche a quelli come me e non solo ai colleghi inseriti nel Ssn e già tutelati dal mondo sindacale».
Credo che questa testimonianza entri in risonanza con tante altre esperienze. Si ipotizza, in mancanza di dati certi, che in questa situazione lavorativa vi siano decine di migliaia di persone. Molte le donne medico.
Mi torna in mente il saggio di Chiara Saraceno Il lavoro non basta. Vi era la bella definizione di Serge Paugam di “integrazione squalificata”: il fare un lavoro al di sotto delle aspettative con il venir meno della possibilità di negoziare e cambiare la propria condizione lavorativa. Dove anche il controllo sulle scelte di vita e sul proprio orizzonte diventa un optional superfluo.
Non consola sapere che fra i lavoratori della conoscenza, formati con un grande investimento personale e sociale e in costante aggiornamento, i medici siano i più fortunati.
La precisazione dell’Enpam
Precisiamo che i redditi dei medici e dei dentisti liberi professionisti non sono aumentati del 10%. Questa percentuale si riferisce all'aumento del numero di camici bianchi che hanno abbracciato la libera professione, che in effetti è passato dalle 146.686 unità del 2009 alle 162.804 del 2014. A questo si riferiva la dichiarazione di Alberto Oliveti.
Ufficio stampa Fondazione Enpam
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