Lavoro e professione
Personale H, modelli cercasi
di Gabriele Gallone (componente esecutivo nazionale Anaao Assomed)
Nella proposta di calcolo del fabbisogno ospedaliero resa disponibile tramite gli uffici regionali del Piemonte - illustrata in un articolo de «Il Sole 24 Ore-Sanità» n. 38/2015 - le variabili ricavate dal Sistema informativo sanitario regionale (Sdo e prestazioni ambulatoriali e di pronto soccorso) sono utilizzate per calcolare tali valori teorici. Una modalità che secondo l’Anaao (si veda lo studio completo nel documento correlato) evidenzia tre lacune metodologiche.
Manca il riferimento ai bisogni della popolazione. L’unico accenno indiretto ai pazienti è costituito complessivamente dal cosiddetto “bacino d’utenza”. «L’utilità di un presidio deriva dalla capacità di soddisfare un determinato fabbisogno di prestazioni». Quante siano queste prestazioni non è dato sapere (nel documento non ve ne è traccia). È infatti proprio da questi bisogni (anche inespressi) che si definiscono le necessità assistenziali e quindi il fabbisogno del personale. Si desume pertanto che il calcolo del fabbisogno si basa solo sulla rendicontazione dell’esistente.
Il secondo bias metodologico è dato dal fatto che l’analisi per stimare il fabbisogno di personale è incentrata sui dati di una Regione in piano di rientro dal 2010. Il Piemonte ha dovuto infatti effettuare numerosi e importanti tagli di personale, di risorse e di strutture assistenziali che non dovrebbero essere ignorati. A questi si sono sovrapposti i “tagli lineari” dei Governi. Tale situazione si è riverberata pesantemente sulle liste di attesa che sono decisamente e drammaticamente peggiorate nel corso degli ultimi anni . I dati sulle visite specialistiche (prima visita) nel 2007 dimostravano una percentuale di prestazioni erogate oltre i 30 giorni pari al 20 per cento. Attualmente (dati 2014) poche sono le specialità e i nosocomi che riescono a stare al di sotto del 40% con moltissime situazioni in cui oltre la metà si colloca ben oltre il 50 per cento.
Risultato: un maggiore ricorso alla spesa “out of pocket” anche per prestazioni mutuabili, la proliferazione di strutture private che erogano prestazioni a prezzi assai competitivi rispetto al pagamento di un ticket e la lunga attesa delle strutture pubbliche. La scelta di una delle Regioni in piano di rientro (l’unica del Nord), per illustrare la bontà del modello non poteva quindi essere peggiore.
Il terzo bias è correlato a quello precedente e ne inflaziona l’effetto distorsivo. È proprio sul personale presente in Regione Piemonte che si sono esplicitate le conseguenze peggiori dei tagli. Il blocco del turn over in Regione Piemonte è stato praticamente totale a parte pochissime eccezioni.
Estendere tale modello anche ad altre realtà regionali determinerebbe un gravissimo errore concettuale e statistico. Il “convenience sampling” effettuato (la Regione Piemonte) non può essere accettabile in quanto esso non è rappresentativo della popolazione generale (né in termini di prestazioni, né di standard assistenziali).
La distorsione sistematica è data proprio dal fatto che gli estensori non si avvedono degli evidenti limiti che insorgono nel momento in cui si generalizzerebbe il modello (già comunque fallato “in nuce”). I risultati di una eventuale trasposizione determinerebbero un bias sistematico con risultati evidentemente distorti.
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