Lavoro e professione

Tar e soprannumero a Medicina, Anaao giovani: «Senza una riforma pensata si rischia il corto circuito»

di Domenico Montemurro (responsabile nazionale Anaao Giovani)

La presenza di oltre 28mila matricole a Medicina tra gli aa 2013/14 e 14/15 compresi gli ammessi dal Tar minaccia seriamente la carriera di questi futuri colleghi. Vari i motivi. Adesso ed entro il 2023 servono medici specialisti. Successivamente anche se sarà risolta la questione del basso numero di contratti di specialità, vi saranno disoccupati con il rischio di una nuova pletora medica.

Il tutto è sostenuto anche dai cambiamenti organizzativi e strutturali in Sanità che stanno di fatto comportando un taglio di posti letto (dove lavoreranno?dove impareranno?) e una rivisitazione delle “dotazioni organiche” al ribasso, indipendentemente dalle cessazioni per pensionamenti. Regioni che si ingegnano a costruire algoritmi matematici per calcolare i fabbisogni dei professionisti e non certamente per valorizzarne le skills.

Le Università al contempo anche se riducono gli accessi, hanno margini per incrementarli.
Circa 14.000 mila precari da sistemare e non licenziare, perché hanno studiato e conseguito il sogno di entrare con una specialità nel Ssn. Il risultato: se si continua a tagliare, il rischio è che chi sarà laureato o specializzato tra 6/7 anni non potrà entrerà nel sistema sanitario se non forse in quello privato puro o convenzionato, anch'essi in crisi.

Allora sì che avverrà la grande fuga all'estero. Oggi almeno 2.000 medici scappano all'estero; si contano 6.000 medici mancanti a consuntivo tra il 2009 e 2014 (Conto Annuale Stato 2014) e altrettanti ve ne saranno. Adesso occorre intervenire assumendo anche nelle Regioni in piano di rientro. E poi chi sopperirà alle oltre 22 milioni di prestazioni tagliate dal decreto appropriatezza? Si pensa forse di utilizzare lo stesso organico nelle sedute serali per abbattere le liste d'attesa?

Va messo in chiaro che i problemi della formazione, strettamente connessi all’ingresso nel mondo del lavoro dei camici bianchi, non si risolvono facendo saltare i già fragili paletti della programmazione. E la recente ordinanza del tribunale di Cantanissetta, che ha dato il via libera alla facoltà rumena «delocalizzata» a Enna, non aiuta di certo. Ma anzi rafforza il processo sotterraneo di deregulation in corso. Il disco verde del giudice nisseno infatti, se il Miur non si opporrà, aprirà le porte ai furbetti che vogliono aggirare il numero chiuso in Italia. Non sono affatto certo che il territorio ennese, abbia bisogno di simili escamotage per creare indotto commerciale e posti di lavoro. Al solito chi potrà pagare, avrà una laurea in Medicina, chi no dovrà sudare per averla. Il colmo è che questa querelle in salsa rumena, lascia l'amaro in bocca anche per quei siciliani che stanno scappando dal loro territorio per trovare lavoro all'estero.


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