Lavoro e professione
Stabilità e proteste dei medici: la polveriera Ssn è a rischio esplosione
La Legge di Stabilità ha destinato al fondo sanitario nazionale 2016 solo 111 miliardi che, in quanto comprensivi di 800 milioni per i nuovi Lea, lasciano sostanzialmente immutato il finanziamento della sanità pubblica. Se la matematica non è un'opinione - rispetto a quanto previsto dal Patto per la Salute – il Ssn nel 2015-2016 ha lasciato per strada 6,8 miliardi che si aggiungono agli oltre 25 già sottratti da varie manovre finanziarie nel periodo 2012-2015. Di conseguenza, nonostante l'Ocse nel rapporto del gennaio 2015 sul Ssn abbia fortemente raccomandato di “garantire che gli sforzi in atto per contenere la spesa sanitaria non vadano a intaccare la qualità dell'assistenza”, il definanziamento della sanità pubblica si sta pericolosamente avvicinando a limiti che non solo minano la qualità dell'assistenza, ma compromettono anche la salute delle persone.
Ma una politica per tagliare gli sprechi ancora non c’è
«Se è indubbio che la politica ha deciso di sbarazzarsi di una quota consistente della spesa pubblica destinata alla sanità – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – è altrettanto certo che non è ancora stata avviata una reale (ri)programmazione in grado di recuperare risorse da sprechi e inefficienze. Infatti, le misure contenute nel Patto per la Salute sono rimaste al palo in un anno bruciato dal riaccendersi del conflitto tra Stato e Regioni, oggi più rovente che mai per la certezza che le risorse per il 2016 saranno inferiori a quelle stabilite e per le schermaglie tra il ministro Lorenzin e alcuni Governatori sul fallimento del modello federalista vs quello centralista».
«Inoltre – continua Cartabellotta – pur consapevoli che oggi il Ssn non può fare a meno della “terza gamba”, non si intravede alcuna governance istituzionale dell'intermediazione assicurativa che, insinuandosi subdolamente tra incertezze delle Istituzioni e minori tutele della sanità pubblica, contribuisce lentamente ma inesorabilmente a trasformare il modello di Ssn pubblico, equo e universalistico in un sistema misto».
La protesta dei medici
In questa miscela esplosiva di definanziamento, conflitti istituzionali e diseguaglianze regionali, si è inserita la vigorosa protesta dei medici nei confronti di una politica ostile, accusata di aver messo in campo interventi fortemente lesivi della dignità professionale (in particolare eccesso di burocrazie e sanzioni), di non concretizzare irrinunciabili richieste (rinnovo di contratti e convenzioni e legge sulla responsabilità professionale in primis) e di delegittimare ulteriormente il medico con il famigerato comma 566 sulle competenze avanzate delle professioni sanitarie.
«Considerato che la coperta è molto corta – conclude Cartabellotta – oggi la crisi di sostenibilità del Ssn può essere superata solo attraverso un gioco di squadra, dove tutti gli stakeholders oltre a “rivendicare”, devono impegnarsi anche a “fare” e, soprattutto, a “rinunciare” con il fine ultimo di preservare la sanità pubblica alle future generazioni».
Le proposte della Fondazione Gimbe
A tal fine la Fondazione Gimbe richiama Stato, Regioni, professionisti e cittadini sulle loro responsabilità e ribadisce a gran voce il messaggio della campagna “Salviamo il Nostro Ssn”: per salvare realmente la sanità pubblica bisogna riallineare gli interessi di tutti gli stakeholders sull'obiettivo della legge 833/78, ovvero “promuovere, mantenere, e recuperare la salute fisica e psichica di tutta la popolazione”.
•In tema di finanziamento lo Stato, oltre a fornire ragionevoli certezze sulle risorse da destinare alla sanità pubblica evitando l'estenuante yo-yo degli ultimi anni, deve regolamentare al più presto l'ingresso delle assicurazioni nel Ssn. Inoltre, per garantire equità d'accesso a tutte le persone deve rendere realmente continuo l'aggiornamento dei Lea e potenziare gli strumenti di indirizzo e verifica nei 21 sistemi regionali, visto il fallimento dei piani di rientro.
•In quanto responsabili della “programmazione e organizzazione dei servizi sanitari”, alla luce di quanto previsto dalla Legge di Stabilità (concorso alla finanza pubblica per 3.980 miliardi nel 2017 e 5.480 per gli anni 2018 e 2019) e con la certezza che le risorse recuperate rimangono in sanità, le Regioni devono avviare e mantenere un virtuoso processo di disinvestimento da sprechi e inefficienze e riallocazione in servizi essenziali e innovazioni, responsabilizzando e coinvolgendo attivamente le aziende sanitarie e queste, a cascata, professionisti sanitari e cittadini.
•Per la professione medica, accanto alle ragionevoli rivendicazioni, è arrivato il momento di affrontare spinose questioni mai risolte attraverso radicali proposte di cambiamento, per restituire al medico una leadership indiscussa nei confronti di politica, management, cittadini e pazienti. Dall'identificazione di servizi e prestazioni inefficaci e inappropriate per guidare il disinvestimento a un aggiornamento professionale che vada oltre il “creditificio” e i “baracconi fieristici” dei congressi, dall'autoregolamentazione etica della libera professione alla gestione trasparente dei conflitti di interesse, da una sana collaborazione interprofessionale a una rinnovata relazione con il paziente sotto il segno del processo decisionale condiviso, abbandonando definitivamente il modello paternalistico.
•60 milioni di cittadini devono ridurre le aspettative nei confronti di una medicina mitica e di una sanità infallibile riconoscendo nel SSN il Servizio Sanitario Nazionale creato per tutelare la salute delle persone e non il Supermercato Sanitario Nazionale dove tutti hanno diritto a tutto. Anche perché gli effetti collaterali degli eccessi di medicalizzazione, inclusi la sovra-diagnosi e il sovra-trattamento, peggiorano lo stato di salute, medicalizzano la società, consumano preziose risorse e, paradossalmente, aumentano il contenzioso medico-legale.
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