Lavoro e professione
Cimo: «Ma è proprio vero che il nostro Ssn è così perfetto che non si debba cambiare?»
di Riccardo Cassi (presidente Cimo)
Ma è proprio vero che il nostro Ssn è così perfetto che non si debba cambiare?
L'avvicinarsi della legge di stabilità e la necessità di trovare risorse per favorire la timida ripresa in atto ha riaperto il dibattito intorno al finanziamento del Ssn e ai possibili risparmi, che ha assunto da parte di alcuni un carattere ideologico che non accetta alcun cambiamento.
Il dato incontrovertibile è che dal 2008 viviamo una crisi economica profonda che ha distrutto buona parte della ricchezza del Paese, ha fatto perdere migliaia di posti di lavoro e aumentato la disoccupazione. I deboli segnali di ripresa hanno bisogno di stimoli (e riforme) che ormai sono chiari e definiti: lotta alla corruzione, riduzione delle tasse, contenimento della spesa pubblica, riforma della giustizia civile. Non è pensabile che anche la Sanità non debba fare la sua parte, utilizzando al meglio le risorse disponibili.
Si fa spesso riferimento alla spesa sanitaria di Francia e Germania, non volendo considerare che questi paesi hanno economie più sane e sistemi diversi dal nostro. Confrontiamoci invece più realisticamente con la Spagna e il Portogallo, paesi mediterranei sui quali la crisi ha prodotto effetti simili a noi, che hanno dovuto rivedere il loro Ssn. Ma anche la Gran Bretagna, alla quale ci siamo ispirati per la nostra sanità pubblica, pur non avendo i nostri problemi economici ha fatto negli anni modifiche per garantirne la sostenibilità, in presenza comunque di un finanziamento superiore al nostro. Perché quindi solo in Italia non si deve cambiare?
In Italia è stata fatta la scelta di affidare la sanità alle Regioni, nelle quali, anche in quelle considerate virtuose, la cronaca di questi anni ha evidenziato sacche di corruzione e di sprechi; in più della metà di esse presidenti, assessori, consiglieri sono stati oggetto di inchieste e di condanne che hanno portato allo scioglimento anticipato dei Consigli regionali, senza considerare le migliaia di miliardi bruciati che hanno costretto lo Stato ad intervenire imponendo piani di rientro.
Le Regioni, poi, quando è stato chiesto loro di risparmiare 4 miliardi hanno scelto di tagliare solo sulla sanità, ma non con un progetto, specifico per ogni territorio, di eliminazione di sprechi e corruzione, ma indiscriminatamente, con tagli lineari e colpevolizzando i soli medici sugli “esami inutili”, quando sono stati proprio i medici a porre il problema dell'inappropriatezza, chiedendo tutela nei confronti di certe sentenze della magistratura.
In questo contesto è proprio impossibile recuperare 10 miliardi di sprechi e corruzione da destinare a far funzionare i servizi al meglio (personale adeguato, nuove attrezzature, nuove strutture)? Perché si ha paura dei fondi sanitari che nel resto d’Europa, compresa la Germania, esistono e funzionano e portano risorse aggiuntive? Senza interventi strutturali al Ssn continueremo solo a sprecare risorse in nome di un falso universalismo che ha solo aumentato le differenze tra Nord e Sud e tra ricchi e poveri. Per salvare il nostro Ssn occorre un intervento forte. Sospendiamo la competenza regionale sulla Sanità e affidiamo per tre anni a un'agenzia nazionale gli interventi di ristrutturazione e di riorganizzazione che le Regioni si sono dimostrate incapaci di effettuare. Nel frattempo rivediamo il modello di governance, dal momento che dopo i comitati di gestione, anche l'aziendalizzazione è fallita.
Proviamo a prendere esempio da altri paesi, quali la Francia con le agenzie alle quali partecipano anche medici e cittadini o altri. Non ripetiamo l'errore del referendum che, per pura ideologia, ha salvato migliaia di municipalizzate decotte e clientelari in nome dell'acqua di tutti, scaricando costi e disservizi sui cittadini.
Noi siamo disposti a manifestare per un rinnovato Ssn che risponda ai bisogni della popolazione con risorse adeguate, senza sprechi e corruzione, con una governance diversa dall'attuale, non certo per difendere acriticamente un sistema che dopo 40 anni sta mostrando tutti i suoi limiti, sottoposto ad un'asfissiante ingerenza politica che brucia risorse, peggiora i servizi erogati ed emargina sempre di più i medici.
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