Lavoro e professione

La governance del Ssn è da ripensare: non è il momento dei pannicelli caldi

di Giovanni Monchiero (deputato Scelta civica)

Abbiamo visto che l'Azienda sanitaria non gode di buona salute e sembra giunta, ormai, al culmine di una lunga fase di crisi.
Segno più evidente dell'involuzione del concetto stesso di azienda è l'assenza di criteri di finanziamento equi, predeterminati e volti a premiare l'efficienza. Ma non mancano altri settori in cui il potere politico è stato esercitato, sia a livello centrale che regionale, in modo da costruire, nei fatti, logiche di governo opposte a quelle implicite nell'aziendalizzazione.
Sull'onda dell'entusiasmo regionalista culminato nella raffazzonata riforma del Titolo V della Costituzione, si è assistito ad una progressivo accentramento a livello di Giunte e Assessorati regionali di molte decisioni che, normalmente, dovrebbero competere alla direzione aziendale. La voglia matta di limitare l'autonomia aziendale - non proclamabile e forse neppure confessabile - è stata spesso mascherata da operazioni di ingegneria istituzionale presentate all'opinione pubblica come terapie dolorose ma salvifiche. Fusioni di aziende e creazioni di strutture para-aziendali “intermedie” con compiti settoriali (acquisti, forniture di servizi, relazioni con Comuni e stakeholder) sono soluzioni sperimentate con varia fortuna ma, in ogni caso, a scapito della capacità di governo dell'azienda.

Una progressiva perdita di identità
Gioverà, infatti, precisare che costituire, con reiterati accorpamenti, aziende sempre più grandi, non ancorate a realtà locali riconoscibili o a presidi ospedalieri “storici”, comporta inevitabilmente una perdita di identità. Ebbene, in strutture pubbliche molto complesse, in cui operano centinaia di professionisti autorevoli e stimati, il senso di appartenenza è uno dei pochi elementi su cui può far leva il management aziendale. Per quanto concerne le aziende territoriali, l'invocata - e mai realizzata – integrazione ospedale-territorio presuppone un governo locale forte e riconosciuto, quale non potrà essere un distretto sperduto nell'oceano di una Asl galattica.
Aggiungerei un dato facilmente verificabile. In qualsiasi regione, da nord a sud, da destra a
sinistra, non accade mai che l'azienda più grande brilli in efficienza. Ma questa lezione della realtà è serenamente ignorata dai programmatori.
Dato alle regioni quel che è delle regioni, sarebbe ingiusto tralasciare i demeriti del governo centrale. Tra piani di rientro e spending review si è assistito alla progressiva contrazione delle risorse reali assegnate al sistema, accompagnata, per di più, da tagli lineari sui singoli fattori produttivi che, mentre erigevano l'iniquità a filosofia di sistema, hanno prodotto l'effetto collaterale – non imprevedibile anche se, si spera, indesiderato - di penalizzare le strutture più efficienti.
Ciliegina sulla torta, una norma di legge ( D.Lgs. 118/2011) che, contraddicendo un secolare postulato della contabilità economica, sterilizza gli ammortamenti, condannando le aziende sanitarie a una “finanziaria” di fatto.

Si riducono gli spazi di autonomia dei manager
L'assenza di visione da parte di legislatori e programmatori emerge anche dalla confusione fra valutazione del manager e valutazione dell'azienda. Mentre a quest'ultima si sottraggono spazi di autonomia fino a farne un ufficio periferico dell'assessorato regionale, si tende a responsabilizzare i manager e si affinano i criteri di selezione e di nomina. Nel ddl di riforma della pubblica amministrazione attualmente all'esame della Camera, si istituisce l'elenco nazionale degli aspiranti all'incarico di Direttore Generale. Misura che ritengo assolutamente condivisibile e che la Fiaso ha auspicato per anni, ma che, da sola, non rappresenta una riforma.
Pongo, a tale proposito, qualche questione ineludibile : come si esercita l'autonomia del
manager se non esiste quella dell'azienda? Come si governa un sistema complesso se i risultati della gestione non hanno alcuna ricaduta all'interno dell'azienda ? Peggio, come si può perseguire l'efficienza quando da una gestione oculata derivano conseguenze dannose per l'azienda e per chi vi opera ?
Non è il momento dei pannicelli caldi. Occorre ripensare l'intero impianto della governance del Servizio Sanitario Nazionale, in una riforma organica ispirata da una grande unità di visione.

Occorre aumentare efficienza e motivazione
Lo stato dell'arte, che ho cercato di rappresentare con realismo, è tale da mettere in discussione l'aziendalizzazione stessa. Ma l'alternativa può essere il ritorno a logiche burocratiche ? Il variegato mondo della Pubblica Amministrazione non offre, ad oggi, modelli applicati che sappiano sposare efficienza e qualità dei servizi resi ai cittadini. Rimane, in vario modo, ancorata alla logica dell'adempimento formale e non vi trova posto la comparazione fra le risorse impiegate ( non ultima il tempo !) e l'utilità dei compiti svolti. La riforma attualmente in discussione è, sotto questo aspetto, molto deludente. Frequente ricorso al bastone (specie sulla groppa dei dirigenti), poca carota, norme più stringenti, un profluvio di deleghe generiche, nessuna visione.
Demotivare i dirigenti e costringere tutto l'apparato in una logica di “controllo” non aiuta a migliorare l'efficienza del sistema. Occorre costruire regole di governo che producano efficienza e motivino ogni singolo ufficio a fare di più e meglio.
L'esperienza della nostra sanità dovrebbe costituire il termine di paragone per tutto il settore pubblico. Per superare le difficoltà del presente non saprei suggerire altro che un rilancio del processo di aziendalizzazione, che corregga gli errori di questi anni e rinnovi la logica di governo del sistema in modo coerente dal centro alla periferia.
Nella convinzione profonda che l'azienda rimane il luogo più adatto a costruire le motivazioni per perseguire l'efficienza: per i gestori della cosa pubblica, un preciso dovere.


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