Lavoro e professione
Medici: stress, delusione e insoddisfazione economica, l'indagine Anaao-Swg sui nuovi mali in corsia
di Rosanna Magnano
Medici in cerca di una nuova identità professionale, insoddisfatti a livello retributivo, sottoposti a carichi di lavoro eccessivi e insostenibili, ingabbiati in un contesto aziendale che non premia le competenze. Un sistema legato a doppio filo con la politica, la cui eccessiva ingerenza è indicata come il principale tra i mali della sanità, insieme all'incapacità della classe dirigente e al sotto-finanziamento causato dalla crisi economica. Medici che chiedono di contare di più nelle scelte gestionali e che mettono in discussione le scelte dell'aziendalismo e la figura del direttore generale. E' il ritratto-Sos dei medici in corsia che emerge dall'indagine promossa dal sindacato insieme con Swg su "Le condizioni di lavoro dei medici ospedalieri oggi tra criticità e aspettative" presentata oggi a Roma.
«Al di là degli spot e degli annunci a effetto manca una vera e propria idea» per la sanità del futuro, afferma il segretario nazionale dell'Anaao Assomed, Costantino Troise, nel corso della conferenza di presentazione del sondaggio. «La nostra indagine - sottolinea Troise - mostra una fotografia realistica di una situazione che abbiano descritto già qualche anno fa e che abbiamo denunciato come una mina vagante del sistema: la sostenibilità non è solo economica. L'attenzione ai conti è un'opera meritoria ma non è sufficiente. La via d'uscita è ripartire dal lavoro e dai professionisti e riportare la sanità al centro dell'agenda politica. Si tratta di obiettivi che sono alla nostra portata. Non è un interesse di categoria ma del sistema tutto».
I risultati dell'indagine. Da Nord a Sud e in tutte le fasce d'età i medici si sentono stressati da carichi di lavoro sempre più faticosi (il 68% si definisce molto stanco). Il 58% è economicamente scontento, il 48% emotivamente sfinito. «Un dato che indica chiaramente - spiega l'Anaao - come il blocco della retribuzione e del contratto di lavoro in vigore dal 2010 abbiano notevolmente peggiorato il potere di acquisto dei salari e la condizione economica dei medici e delle loro famiglie, al di là dei luoghi comuni su una attività libero professionale che interessa il 60% della categoria».
A pesare è anche il rischio di un crescente contenzioso medico legale (per il 56% i casi sono aumentati di molto negli ultimi anni), percepito come una minaccia dalla quasi totalità degli intervistati, tale da incidere in modo drammatico sulla serenità professionale.
L'insoddisfazione è massima rispetto alla progressioni di carriera (77%) per la quale la maggioranza dei medici (53%) ritiene che la competenza professionale conti poco rispetto alla politica. A pesare per il 97% dei medici sono invece gli agganci politici, ritenuti decisivi per gli avanzamenti professionali.
Un tasto dolente quello delle eccessive ingerenze della politica indicato come il male principale della sanità dal 67% dei camici bianchi.
«Dalle interviste emerge un vero e proprio Sos che la categoria lancia alle forze politiche e alle istituzioni - continua Anaao - riproponendo l'attualità della "questione medica" che anziché trovare soluzioni adeguate si aggrava con il passare del tempo, nell'indifferenza di chi quella soluzione è tenuto a trovare, minacciando la quantità e i livelli di qualità delle prestazioni del Ssn».
Il tassello mancante del governo clinico. Il 97% richiede il potenziamento della componente medica nelle scelte gestionali e l'87% crede debbano essere messe in discussione le scelte dell'aziendalismo e la figura del direttore generale
«E' questo un dato che conferma come le riforme del sistema sanitario (502/1992 e 229/1999) abbiano fallito l'obbiettivo - spiega il sindacato - di reclutare i medici nella gestione degli ospedali. I dipartimenti e il collegio di direzione, anche se formalmente istituti, non hanno avuto riconosciuto il ruolo di collaborazione nelle scelte di politica gestionale. Il governo clinico è stato un obbiettivo mancato e la dirigenza medica è stata relegata in un ruolo subalterno, ridotta al rango di fattore produttivo da controllare, sebbene impegnata in una difesa di valori professionali sempre più minacciati dalla invadenza della politica. Il Direttore generale è considerato come una figura monocratica dal potere assoluto e l'87% dei medici intervistati crede debba essere rivisto l'assetto direzionale e la stessa scelta dell'aziendalismo in sanità».
Rivedere il ruolo giuridico del medico. «Una componente medica emarginata dalla gestione degli ospedali -continua Anaao - rende attuale il tema della collocazione della dirigenza medica nel pubblico impiego e il 76% dei medici si dichiara favorevole a una revisione del ruolo giuridico dei medici. I provvedimenti legislativi e le leggi di stabilità che negli ultimi anni hanno interessato la Pubblica Amministrazione hanno coinvolto la Dirigenza Medica, disconoscendo la sua specificità di dirigenza professionale, assimilando l'atto medico a quello di procedimento amministrativo. Appare evidente come non sia rinviabile un intervento legislativo che definisca la specificità ed unicità del ruolo medico».
Qualità in calo. Nonostante gli aspetti negativi della professione, i medici continuano a considerare buona la qualità dei servizi offerti dal Ssn e dagli ospedali in Italia nel loro complesso (rispettivamente 66% e 67%). Tuttavia, pur nel giudizio positivo, ritengono che ci sia un peggioramento progressivo della qualità dei servizi ospedalieri (49%), specie nel confronto con gli altri Paesi europei tanto che il 35% degli intervistati ritiene che la sanità italiana funzioni peggio.
Tra i motivi del peggioramento della qualità delle prestazioni ospedaliere i carichi di lavoro sono indicati come la causa principale, seguiti dagli scarsi investimenti nelle strutture e dalla crescita del contenzioso medico legale. Un giudizio complessivo sulle cause di peggioramento che indica ancora una volta come sul lavoro medico e sulla qualità dei servizi si riflettano le scelte di politica economica (blocco turn-over, pensioni ecc.) e di politica sanitaria (ritardi nella definizione delle reti ospedaliere ed assistenziali, integrazione ospedale-territorio ecc). Tutte le maggiori cause del peggioramento delle qualità delle prestazioni sono segnalate nelle Regioni del sud più che in quelle del nord.
«L'indagine – è la conclusione di Troise - dimostra che abbiamo visto giusto quando negli ultimi anni abbiamo posto con forza il problema della governance delle aziende sanitaria e nella contrapposizione tra logiche organizzative e valori professionali una della cause principali di una questione medica che certo viene da lontano, ma che da questa crisi viene alimentata ed amplificata. Torna tra i medici, specie i più giovani particolarmente colpiti dagli anni del blocco, il tema della retribuzione, a testimonianza di un impoverimento della categoria che non è solo di potere di acquisto e livelli previdenziali, ma anche di formazione, sicurezza, investimenti in tecnologie e risorse umane. Occorre adoperarsi per portare la sanità nella agenda del Governo e con essa i diritti del lavoro non scindibili da quelli dei cittadini. Ripartire dal lavoro, nelle sue varie forme, e dai suoi contenuti per ricordare a chi governa che senza di noi non esiste sanità pubblica e financo la crociata contro gli sprechi, esige la nostra partecipazione e la nostra professionalità».