In parlamento
Le terapie digitali e l’arduo compito di passare per la cruna dell’ago che porterà ai Lea
di Ettore Jorio
24 Esclusivo per Sanità24
La proposta di legge, rubricata al n. 1208 del 7 giugno 2023, a firma dei deputati Loizzo (relatrice), Molinari, Andreuzza, D. Bergamini, Cavandoli, Pierro e Zinzi reca una buona ipotesi di “Disposizioni in materia di terapie digitali” (si veda anticipazione su questa rivista del 9 maggio 2023). Il tutto, in quattro articoli ispirati a disegnare una procedura celere e significativa, sulla quale tuttavia occorre riflettere, tenuto conto che, così come è dato leggere nella relazione, è un testo per molti versi aperto ad ogni confronto.
All’art. 2 prevede l’istituzione di composito organismo atto a dare indicazione “preliminari e orientative” sulle terapie digitali riassunte nell’acronimo DTx (digital therapeutic). Ciò finalizzato a un pronto inserimento delle stesse nei Lea e a regolamentarne il percorso di introduzione a mente del successivo art. 4. Il tutto mediato a regime da un osservatorio permanente reso operante a cura dell’Agenas, per come previsto dall’art. 3.
Insomma con la detta proposta di legge, si è aperta la porta a un loro ingresso sulla erogabilità a cura del Ssn. Detta proposta ha quasi completato le audizioni in commissione, ove è stato approvato un odg che propone al Governo la costituzione di un fondo, anche partecipato delle imprese del settore, per la sperimentazione del regime di rimborsabilità e prescrivibilità delle DTx.
Nonostante ciò, ne è seguita un’altra, la proposta di legge n. 2095 del 16 ottobre 2024, a firma dei deputati Quartini, Amato, Di Lauro, Fede, Ferrara, M. Ricciardi e Sportiello, anche essa di quattro articoli, avente lo stesso titolo e non solo dell’anzidetta a firma di Loizzo & Co.
Da una siffatta situazione, che registra una incomprensibile duplicazione di proposte di legge ove a essere diverso è solo qualche sostantivo, ben si comprende la superficialità del legislatore ad affrontare i temi fondamentali nella loro innovazione erogativa nel tempo, specie quelli dai quali dipende la vita delle persone.
Nella sostanza, piuttosto che lavorare per integrare la prima (1208), i sette deputati pentastellati Quartini & Co. ne fanno una seconda versione (2095) rendendo così impossibile comprenderne la ratio propositiva, attesa la somiglianza delle premesse, dei contenuti e delle finalità.
L’ambito è di primaria importanza
Il tema trattato è invero difficile. Sul quale è naturale nutrire dubbi e avere idee chiare, senza darle per scontate. Il principio attivo digitale, da rendere pubblico in tutte le sue sorgenti, è qualcosa ancora in fieri e, per volti versi, sub iudice multidisciplinare. Specie in relazione all’algoritmo impegnato al riguardo, che dovrà assicurare funzionamento corretto, omogeneità e verificabilità.
Ciò che colpisce in entrambe le proposte opzioni regolatorie va comunque al di là di ogni valutazione sulla appropriatezza delle DTx.
Stupisce l’iniziativa prevista in entrambe – nonostante la corretta sottoposizione a un Comitato di valutazione piuttosto che a un Comitato diversamente chiamato tenuti ad esprimere un parere estimatorio sulla bontà delle DTx - di disciplinare un loro tempestivo inserimento nei Lea, che sono da considerarsi la cassaforte delle prestazioni poste alla tutela consolidata della salute, invero bistrattate da ultimo per 8 anni, tanto da non essere neanche aggiornate alle esigenze post Covid.
L’ingresso nei Lea è divenuto arduo e complesso
Un percorso, quello del loro insediamento nei Lea, reso peraltro più complesso a seguito dellasentenza della Corte costituzionale n. 192 del 3 dicembre scorso . Quel decisum che, pur confermando l’attuazione del regionalismo differenziato, ha stravolto la disciplina di definizione dei Lea e della loro sostenibilità finanziaria. In buona sostanza, il Tribunale delle leggi ha fatto salva la legge 86/2024 prescrivendole una consistente riparazione a cura dell’officina parlamentare. Non solo, ha cambiato tutto il percorso della definizione dei Lep, e quindi dei Lea, snaturando le conclusioni cui la stessa era pervenuta oltre vent’anni prima con le sentenze nnr. 282, 407 e 510/2002 e l’88/2003. Quelle con le quali riconobbe il Dpcm come strumento idoneo a rappresentare la corretta fonte normativa chiamata a determinare le prestazioni essenziali relative ai Lep/Lea.
Dunque, oggi per definirli occorre: una legge delega che sia, invece di ordinaria, seguita dai decreti delegati per ogni Lep ovvero, in modalità meno probabile ma coraggiosamente espressiva della volontà di fare prima e bene, un poderoso decreto legge onnicomprensivo da convertire accuratamente dalle Camere entro sessanta giorni.
Gli adempimenti previsti per arrivare a una corretta conclusione sulla ridefinizione dei Lea e sulla loro sostenibilità su tutto il territorio nazionale mediante il federalismo fiscale sono diventati pertanto più complessi di quanto già lo siano stati in tutti i passati 23 anni dall’introduzione in Costituzione. Il binomio quindi Lea/costi e fabbisogni standard è stato dal 2001 l’argomento principe del giorno, ma mai risolto. Lo strumento buttato alle ortiche, nonostante l’unico idoneo a mandare a casa la spesa storica, produttiva di disastri nella vita delle persone.
Il primo dei problemi è rappresentato della loro individuazione più attuale e conforme ai fabbisogni epidemiologici, da prevenire e reali, seguito da loro singolo finanziamento per assicurarli alla Nazione intera. Figuriamoci quanto lavoro ci vorrà con le Dtx.
A valle della sentenza del Tribunale delle leggi 192/2024
Da una parte, si è imposta la riscrittura di alcuni dei pezzi della legge “Calderoli”; dall’altra, si è demolito l’esistente riguardante, quantomeno, il diritto sociale per eccellenza rappresentato dal binomio sanità/assistenza sociale.
Così facendo sono andati a farsi friggere i Lea, oramai onnicomprensivi di entrambe le materie, di cui al Dpcm 12 gennaio 2017, ovviamente “scaduti” per inadeguatezza ad affrontare il post Covid ed equivalenti epidemie. Ciò in quanto, per essere doverosamente rivisti, sarà necessario - come detto - ricorrere non più a Dpcm, bensì a decreti legislativi purché previsti in una legge delega da approvarsi a cura del Parlamento ovvero a provvedimenti straordinari dettati da una urgenza e una necessità indiscutibili. In un siffatto percorso è facile immaginare la difficoltà a prevedere con apposite e convincenti procedure tecniche l’inserimento tra essi delle DTx.
A fronte di una buona costruzione giuridica, costituzionale e attuativa, di un sistema erogativo, lasciato in sonno per 23 anni, capace di offrire i Lep della salute, costi standard uguali per tutti, fabbisogni standard da rivedere annualmente in modo differenziato per Regioni/prov. autonome, e di un certezza erogativa garantita dalla perequazione, il nulla.
Così come al gioco dell’oca, con la sentenza 192/2024 si ritorna alla partenza. Ma vi è di più, con regole complesse, cui la Consulta già ebbe modo di dare torto – accettando la logica dei Dpcm - nel 2002 e nel 2003. Più esattamente, con le sentenze nnr. 282, 407 e 510/2002 e l’ 88/2003, con le quali riconobbe il Dpcm come strumento idoneo a rappresentare la corretta fonte normativa chiamata a determinare le prestazioni essenziali relative ai Lep/Lea. Una conclusione, questa, che dimostrò tanto di ragionevolezza, dal momento che suppose che le esigenze di salute non potessero essere “curate” attraverso lunghi processi legislativi.
Dunque, per le DTx, una volta provata la loro indiscussa idoneità e appropriatezza erogativa, sarà davvero complicato entrare nei Lea. Ciò in quanto dovranno essere previste per tipologia per ogni singola attività prestazionale. Un lavoro immane.
© RIPRODUZIONE RISERVATA