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Manovra/ Ufficio Parlamentare di bilancio, tasso di crescita fondi Ssn sempre inferiore a quello del Pil nominale programmatico. Rischio significativo aumento disavanzi Ssr

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“Nonostante la manovra preveda un rifinanziamento del Servizio sanitario nazionale (Ssn) per importi crescenti - da 1,3 miliardi del 2025 a 8,9 dal 2030, comprensivi delle risorse per i rinnovi contrattuali - il tasso di crescita del finanziamento resta sempre inferiore a quello del Pil nominale programmatico. Eventuali modifiche per aumentare gli stanziamenti richiederebbero riduzioni di altre voci di spesa o interventi discrezionali di aumento delle entrate”. Questa la visione espressa dall’Ufficio parlamentare di Bilancio nell’intervento della presidente Lilia Cavallari nell’audizione sul Ddl di Bilancio davanti alle commissioni competenti di Camera e Senato. “In termini di incidenza sul Pil la spesa sanitaria tornerebbe nel 2026 al 6,4 per cento, livello pre pandemia. Considerando che la stessa spesa è prevista crescere a un tasso superiore a quello del finanziamento del Ssn, vi è il rischio di un significativo aumento del disavanzo dei servizi sanitari regionali, anche oltre il 2027”, rileva ancora l’Upb.
Per poi sottolineare: “Malgrado la principale criticità del Ssn risieda attualmente nella carenza di personale, non sono finanziate nuove assunzioni. Vengono disposti il finanziamento delle prossime tornate contrattuali e l’incremento di una serie di indennità”. Un altro gruppo di misure è a favore di alcuni soggetti privati che operano nella sanità e nel campo della farmaceutica. Inoltre, si interviene sul riparto del finanziamento tra le Regioni, plausibilmente favorendo quelle con Servizi sanitari regionali più forti, sottolinea l’Ufficio nella sua relazione.

Pensioni, misure a effetto limitato. Per il capitolo pensioni, tra i vari interventi, il Ddlb “conferma i principali canali temporanei di uscita anticipata dal mercato del lavoro e introduce un incentivo fiscale per la permanenza al lavoro oltre il raggiungimento dei requisiti ordinari di pensionamento, la cui efficacia dipenderà anche dal modo in cui gli stessi lavoratori risponderanno agli incentivi. La riconferma di condizioni stringenti per l’accesso alle misure di flessibilità in uscita prefigura un’adesione limitata, soprattutto, per Opzione donna e Quota 103. L’esenzione da imposta dei contributi ricevuti in busta paga conferisce una maggiore appetibilità alla misura diretta all’allungamento della vita lavorativa rispetto agli interventi dell’ultimo biennio. La relazione molto stretta tra minori contributi oggi e minori pensioni in futuro, vigente nel sistema contributivo italiano, rende infatti decisiva l’esenzione fiscale introdotta per il 2025 nella valutazione di convenienza del provvedimento”, sintetizza l’Upb.

Le politiche per la natalità. Il Ddlb destina risorse crescenti, circa un miliardo l’anno a regime, al finanziamento di politiche di sostegno alla natalità e di supporto alla prima infanzia - ricorda l’Upb -. Viene reintrodotto il bonus nascite e viene esteso il supporto per il pagamento delle rette degli asili nido e delle forme di assistenza domiciliare. Le misure ridisegnano il profilo dei sostegni economici alle famiglie con bambini e un Isee non superiore a 40.000 euro, sovrapponendosi all’assegno unico e universale nel caso del bonus nascite e accorpando le fasce Isee per l’erogazione del bonus asili nido. Viene rafforzato il congedo parentale”.

Enti territoriali
La manovra interessa gli Enti territoriali su due livelli, ha sottolineato la presidente Cavallari: “misure che assicurano il loro contributo ai saldi di finanza pubblica e all’osservanza delle nuove regole Ue, e norme per il rafforzamento di alcune tipologie di spesa corrente: Fsc, Fondo assistenza ai minori, funzioni fondamentali dei Comuni e trasporto pubblico locale.
Per la spesa corrente, gli effetti restrittivi del contributo alla finanza pubblica nel periodo di programmazione sono in gran parte compensati per il complesso dei Comuni dall’aumento del Fsc e del tutto neutralizzati per le Province e Città metropolitane dall’incremento delle risorse per le funzioni fondamentali. Per la spesa in conto capitale, gli effetti netti sono invece nell’insieme negativi in quanto l’atteso utilizzo degli accantonamenti imposti dal contributo alla finanza pubblica non appare sufficiente a compensare il definanziamento dei programmi di investimento.
La manovra “può anche determinare una significativa redistribuzione di risorse all’interno del comparto. Una parte significativa dei definanziamenti riguarda risorse con quote riservate al Mezzogiorno e ai piccoli Comuni, ma la spesa in conto capitale sostenuta con eventuali avanzi accantonati dagli Enti territoriali potrebbe non replicare tali vincoli. I criteri di riparto del contributo alla finanza pubblica e del finanziamento aggiuntivo del Fsc dovrebbero essere coerenti con i fabbisogni infrastrutturali e le esigenze di finanziamento delle funzioni fondamentali e dei Lep”. Non solo: “si rischia che la stretta sulla spesa corrente si traduca nell’accumulazione nei bilanci degli Enti locali di risorse vincolate o in un loro utilizzo inefficiente, con possibili benefici per i saldi di finanza pubblica ma a discapito delle opportunità di crescita delle comunità locali. Inoltre, per evitare che venga messo a rischio il finanziamento delle funzioni fondamentali e dei Lep, è auspicabile che il riparto del contributo dei fondi perequativi basati sui fabbisogni standard e sulla capacità fiscale sia coerente con i criteri che regolano tali fondi”.


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