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Artrite reumatoide: per il 79% dei pazienti una cura personalizzata migliora la qualità di vita

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Personalizzare i percorsi di cura dell’artrite reumatoide (AR) mettendo al centro il paziente-persona con tutti i suoi bisogni clinici, sociali e relazionali. È la richiesta condivisa dal 79% dei pazienti con AR, convinti che sia questa la strada maestra per garantire una migliore qualità di vita, intesa come benessere psicosociale correlato ad un buon livello di funzionalità, aspetti centrali per una patologia cronica che molto spesso si accompagna a comorbidità.
È quanto emerge dall’indagine condotta su pazienti e clinici che ha dato vita al Position Paper “Innovare la presa in carico della persona con Artrite Reumatoide: dagli unmet needs alla personalizzazione della cura” realizzato da ALTEMS Advisor - Facoltà di Economia Università Cattolica del Sacro Cuore con il patrocinio di ANMAR – Associazione Nazionale Malati Reumatici ODV e di APMARR – Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare, e con il contributo non condizionante di Alfasigma.
Obiettivo del Paper, presentato oggi al Senato della Repubblica su iniziativa della Senatrice Elena Murelli, è far emergere i bisogni attualmente non soddisfatti nella gestione dell’AR e portare all’attenzione delle Istituzioni idee e modelli concreti per disegnare un percorso diagnostico-terapeutico ideale, grazie a strategie basate sulla persona, sul rapporto virtuoso con il territorio, e sulla capacità di armonizzare in modo efficace e appropriato le risorse terapeutiche a disposizione.
L’attenzione delle Istituzioni per questi temi è stata nei mesi scorsi evidenziata, tra l’altro, dal DDL 946 su Riorganizzazione e potenziamento dei servizi sanitari in ambito reumatologico presentato al Senato. Proprio al riguardo, e in merito alle nuove prospettive che si delineano per i percorsi di cura, si è espressa Elena Murelli – senatrice della 10ª Commissione Permanente Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale – nonché promotrice dell’incontro di oggi: «La gestione dell’artrite reumatoide richiede una diagnosi precoce, un intervento tempestivo e un approccio olistico che consideri non solo gli aspetti clinici, ma anche quelli psicologici e sociali. Intendiamo abbracciare e sottolineare la necessità di un cambiamento radicale nei percorsi di cura per i pazienti affetti da artrite reumatoide.
Vogliamo garantire a questi pazienti non solo un accesso più rapido e facilitato alle terapie innovative, ma anche un supporto costante lungo tutto il loro percorso di cura, che deve essere sempre più personalizzato e rispondente ai bisogni specifici del singolo, considerando anche i danni strutturali e le diverse comorbidità che anche l’artrite reumatoide comporta. È essenziale migliorare la diagnosi precoce, potenziare la formazione dei professionisti sanitari, compresi i medici di medicina generale, e rafforzare la rete di assistenza territoriale, anche tramite il supporto delle nuove tecnologie per la tele assistenza e il monitoraggio dell’aderenza alle terapie».
L’indagine, elaborata da un gruppo di lavoro multidisciplinare composto da clinici, associazioni pazienti, farmacologi e farmaco-economisti, ha coinvolto 67 professionisti sanitari e 70 pazienti con artrite reumatoide.
Identificazione precoce della diagnosi, comunicazione tra medici di famiglia e reumatologi, gestione efficace delle comorbidità, riorganizzazione dei servizi di cura, accesso all’innovazione sono tra i principali bisogni non soddisfatti nella gestione dell’artrite reumatoide indicati con punteggi diversi da specialisti e pazienti.
Il 34% dei pazienti ritiene di non aver ricevuto una diagnosi tempestiva, contro il 32% dei medici che ritiene che l’identificazione precoce dei sintomi sia una pratica comune.
Mentre quasi la metà dei professionisti sanitari (44,78%) valuta positivamente l’efficienza nella gestione delle comorbidità, solo il 27,91% dei pazienti condivide questa percezione. Una quota significativa
di pazienti (20,93%) esprime insoddisfazione, evidenziando una potenziale discrepanza tra la valutazione clinica e l’esperienza vissuta dai pazienti nella gestione delle comorbidità nell’artrite reumatoide.
Quasi la metà dei professionisti sanitari (47,76%) ritiene che il rafforzamento della medicina territoriale possa migliorare significativamente la gestione dell’artrite reumatoide; ma solo una minoranza di pazienti (23,26%) percepisce come adeguato l’attuale supporto a livello locale.
«Il progetto a cui abbiamo lavorato nasce con una revisione di letteratura sugli unmet clinical need nella gestione dell’artrite reumatoide, seguita dall’indagine realizzata per colmare i gap conoscitivi emersi dall’analisi delle fonti. Risultano chiari i vantaggi di una cura personalizzata che ponga al primo posto i bisogni specifici della persona. Personalizzare il trattamento in base alle condizioni cliniche e allo stile di vita migliora l’efficacia delle cure. È necessario comprendere aspettative e priorità dei pazienti, e valorizzarle nell’adozione della specifica pratica clinica. In tal senso, bisogna includere tra i criteri di valutazione dei trattamenti la qualità di vita, intesa come indicatore biopsicosociale del benessere percepito dal paziente, e della capacità di gestire la propria quotidianità in presenza della patologia», dichiara Filippo Rumi, Ricercatore ALTEMS, Co-Founder & Partner ALTEMS Advisory, Università Cattolica del Sacro Cuore.
L’AR è una malattia infiammatoria cronica autoimmune che colpisce in maniera elettiva le articolazioni ed è, tra le patologie osteoarticolari, quella più severa in termini di potenziale danno strutturale delle articolazioni, di danno osseo secondario, di complicanze extra-articolari, di comorbidità associate e
di rischio di mortalità. La sua prevalenza è di circa l’1% nella popolazione generale. L’incidenza è di 2-4 nuovi casi per anno su 10.000 individui adulti. L’AR colpisce le donne più degli uomini con un rapporto di 3-4:1, e in una fascia d’età compresa tra i 40 e i 60 anni.
Il paziente con AR deve convivere tutta la vita con la malattia e i suoi trattamenti e l’aderenza alla terapia ha pertanto un ruolo fondamentale, riconosciuto quasi nella stessa misura sia dai professionisti sanitari che dai pazienti. Circa la metà dei pazienti, però, sembrerebbe non essere completamente soddisfatta del piano terapeutico, e questo elemento sottolinea la necessità di rivedere e ottimizzare gli approcci terapeutici per migliorare gli esiti complessivi della cura.
A questo tema si collega quello delle disparità regionali nell’accesso alle risorse e ai servizi per l’artrite reumatoide riconosciute da entrambi i gruppi: pazienti (32,56%), medici (35,82%). I pazienti, in particolare, percepiscono di più la differenziazione.
Le disuguaglianze rischiano di compromettere l’accesso dei pazienti a terapie innovative come i JAKi (inibitori della janus chinasi), una classe di farmaci di recente introduzione nel panorama terapeutico dell’AR, da utilizzare in base a criteri di appropriatezza, attraverso una accurata valutazione dei pazienti che possono maggiormente beneficiarne.
Nonostante una significativa percentuale di pazienti (41,86%) ritenga di avere accesso alla terapia più appropriata, esprimendosi con punteggi elevati, una quota non trascurabile, il 20%, valuta negativamente questa accessibilità, indicando la necessità di migliorare l’adattamento e la personalizzazione del trattamento.
I pazienti, in generale percepiscono notevolmente i benefici della personalizzazione della cura, che possa tener conto, oltre che dell’appropriatezza terapeutica, anche delle aspettative e delle priorità dei pazienti, come la riduzione del dolore, la migliorata funzionalità quotidiana o la diminuzione degli effetti collaterali, nonché aspetti quali la capacità di gestire i compiti quotidiani.
Una risposta importante in questo senso potrà venire – come evidenzia l’indagine – anche dalla Digital Health e dall’Intelligenza Artificiale, che potranno offrire ai pazienti maggiore accessibilità, monitoraggio costante e un’esperienza di cura più coerente con le loro aspettative e necessità.
«L’impegno di Alfasigma è migliorare la qualità di vita dei pazienti con artrite reumatoide favorendo l’aderenza e la personalizzazione della cura. – afferma Stefania Bassanini, Head of Medical Affairs di Alfasigma Italia – È fondamentale l’approccio interdisciplinare nella presa in carico del paziente, che deve essere curato in modo appropriato in tutte le fasi della patologia, dagli esordi fino ai casi più gravi, quando dolore e inabilità sono costanti compagni di vita. Conclude Bassanini: Siamo oggi orgogliosi di offrire come Alfasigma una gamma di opzioni terapeutiche completa e attenta agli unmet needs dei pazienti. Penso che il futuro della gestione dell’artrite reumatoide risieda nell’integrazione tra terapie efficaci
e strumenti basati sull’Intelligenza Artificiale, in grado di analizzare i dati ed effettuare un’attenta stadiazione dei pazienti, con indubbi benefici in termini di outcome clinici e sociali».


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