In parlamento
Il diritto di scelta del paziente: consenso e dissenso informati e disposizioni anticipate di trattamento
di Maria Nefeli Gribaudi (Componente del Tavolo Assicurazione e Sanità di Cineas)
Dopo un controverso iter parlamentare lo scorso 14 dicembre il Senato ha approvato in via definitiva il disegno di legge contenente le “Norme in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento”. Nella lettera della legge trova espressione il principio volontaristico di matrice costituzionale che da un lato comporta che nessun trattamento sanitario possa essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, e dall’altro il diritto di rifiutare, in tutto o in parte, qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario, salvo i casi previsti dalla legge.
Un traguardo legislativo che ha preso le mosse da un percorso giurisprudenziale e culturale teso a valorizzare l'autonomia decisionale del paziente, interpretando in chiave personalistica la relazione di cura.
La legge pone l'accento sull'informazione, premessa fondamentale per consentire al paziente di compiere una scelta consapevole e sulla comunicazione medico-paziente che costituisce tempo di cura.
La comunicazione e la relazione con il paziente, fino ad oggi rimesse alla sensibilità e all'attitudine del singolo medico, per espressa previsione di legge entrano a far parte del percorso formativo, iniziale e continuo, dei medici e di tutti gli operatori sanitari e coinvolge gli assetti organizzativi delle strutture sanitarie che sono chiamate a garantirne l'attuazione.
Sul versante organizzativo una buona ed efficace comunicazione assume un ruolo chiave anche in un'ottica di risk management tanto dal lato proattivo, tanto da quello reattivo: spesso infatti la causa più profonda di errori è rappresentata da deficit comunicativi a vari livelli, nei rapporti medico-paziente o nei rapporti tra gli stessi medici ed operatori sanitari, per cui implementare strumenti che garantiscano una corretta comunicazione significa anche migliorare la continuità e la qualità terapeutica-assistenziale e prevenire errori. Inoltre, preservare la comunicazione con il paziente nel momento in cui si verifica un evento avverso significa evitare una brusca frattura nella relazione di cura, acquisire la collaborazione del paziente per minimizzare gli eventuali danni e risolvere potenziali conflitti attraverso un approccio trasformativo.
La comunicazione implica informazione, ma non si esaurisce in un binario a senso unico in cui sono meramente trasmesse delle nozioni: è un processo circolare, di scambio, in cui s'incontrano differenti ruoli, esperienze, competenze e aspettative.
Acquisire conoscenze è certamente un tassello fondamentale per affermare il proprio diritto di scelta per cui il paziente deve essere informato in modo completo, aggiornato e comprensibile sulle proprie condizioni di salute e in merito alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, alle possibili alternative e alle conseguenze di un eventuale rifiuto o revoca. Tale diritto è disponibile poiché il paziente può decidere di non essere informato e può oggi delegare un familiare o un soggetto di fiducia a prestare in sua vece il consenso.
Il legislatore fa salva l'autonomia decisionale anche in previsione di un'eventuale futura incapacità per cui ciascuno, dopo avere acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle sue scelte, può esprimere preventivamente le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto a determinati accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche (Dat).
La legge prevede in questo caso che il disponente indichi un fiduciario che lo rappresenti nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie, così facendo, in parte ricalcando quanto già previsto dalla c.d. legge Cirinnà per il convivente di fatto, consente di legittimare il familiare (o un terzo) designato come fiduciario a rappresentare, in caso di incapacità, il proprio congiunto.
Le Dat possono essere redatte con atto notarile, atto pubblico o scrittura privata autenticata, consegnata personalmente presso l'ufficio dello stato civile del comune di residenza e annotata in apposito registro. Oppure nel caso in cui la Regione di appartenenza lo preveda, le Dat possono essere consegnate presso le strutture sanitarie, dove le Regioni abbiano adottato modalità telematiche di gestione della cartella clinica, del fascicolo sanitario elettronico o dei dati del singolo iscritto al SSN e che abbiano regolamentato la raccolta di copia delle Dat.
Il ricorso all'atto notarile seppur facoltativo, garantisce che alla base delle disposizioni anticipate vi sia un'effettiva consapevolezza del disponente in merito alle proprie scelte, consentendo di verificare la corrispondenza tra quanto voluto e quanto dichiarato o quanto meno la certezza in ordine alla provenienza delle dichiarazioni.
Per colmare lo iato temporale, emotivo, scientifico e tecnologico sussistente tra il momento in cui sono espresse le Dat e quello della loro effettiva attuazione, da un lato la legge garantisce il diritto di revocarle in ogni momento anche mediante dichiarazione verbale o videoregistrata dal medico, con l'assistenza di due testimoni.
Dall'altro lato la legge prevede delle eccezioni alla loro vincolatività, dando al medico la possibilità di disattenderle, in accordo con il fiduciario, quando appaiano in tutto o in parte palesemente incongrue, non siano corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente, o nel caso in cui sussistano terapie non prevedibili all'atto della sottoscrizione, capaci di offrire concrete possibilità di miglioramento delle condizioni di vita. Eccezioni dai confini elastici che senza precise indicazioni di rotta rischiano però di privare di contenuto ciò che andavamo cercando: la volontà del paziente.
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