In parlamento
Governatori e commissari, caos sull’“emendamento De Luca” alla manovra. Il relatore lo accantona
di B. Gob.
Governatori di Regioni e, anche, commissari sanitari. Sull’“emendamento De Luca” alla manovra in discussione in commissione Bilancio della Camera - mirato a modificare la legge che impediva a un presidente di Regione di essere anche commissario sanitario - presentato dal Pd campano si sono scatenati i «j’accuse» dei deputati pentastellati, leghisti e forzisti. Tanto che la proposta è stata accantonata, come ha confermato il relatore alla legge Mauro Guerra (Pd), aggiungendo poi «sottoporrò alla Commissione una proposta che tenga conto di quanto emerso nella discussione». Ma sul Pd continuano a grandinare le accuse dell’opposizione. Rivolgendosi al vice ministro dell’Economia, Enrico Morando, la deputata Laura Castelli (M5S) ha attaccato: «Al Pd piace sguazzare nella logica clientelare, lei che è un tecnico autorevole, un professore, non permetta certe cose». Guido Guidesi della Lega Nord si è invece appellato a governo e maggioranza perché «la commissione possa preservare un minimo di dignità». Mentre per Rocco Palese (Cor), l’emendamento sui commissari sanitari presentato alla legge di bilancio dal Pd campano, è semplicemente «indecente. È come affidare la gestione della sanità della Campania alla camorra e della Calabria alla ndrangheta».
Ad assegnare all’emendamento De Luca un significato più ampio e quasi simbolico di una legge di Bilancio che «stanno trasformando in un marchettificio epocale», è di nuovo la capogruppo alla Camera per i M5S Giulia Grillo. Che riporta la discussione sullla riforma costituzionale al vaglio nel referendum popolare del 4 dicembre. «In questa campagna elettorale - ha affermato - finora è stato fatto un uso indecente, ipocrita e falso della salute e della malattia, strumentalizzando la pelle dei malati. Questa riforma - dice Grillo- nulla cambia rispetto all'effettivo problema, ovvero le mani della politica sulla sanità».
Poi però arriva la nota dei senatori di Ala-Scelta Civica, che bollano come «pretestuosa illazione» da ascrivere «alla battaglia dei sostenitori del No al referendum», le polemiche sull’emendamento De Luca. E rinviano la palla nel campo delle Regioni, da cui sarebbe arrivato un primo avallo al ripristino della norma ante incompatibilità. «Non vediamo - dichiarano i due senatori Lucio Barani e Vincenzo D’Anna - dove sia lo scandalo nel ripristinare una norma che, non a caso, è stata parimenti sollecitata da un apposito documento della Conferenza Stato-Regioni affinché l’indirizzo e la responsabilità politica di un settore così delicato vada in capo a coloro che, eletti dal popolo, possano superare, nell'interesse dei cittadini, le pastoie burocratiche e l'immobilismo che spesso si è determinato nelle regioni commissariate. Giova ricordare alle starnazzanti oche del Campidoglio - proseguono nella nota i due parlamentari - che la norma dovrebbe essere applicata in quelle regioni ove il piano di rientro è scattato sulla scorta delle precedenti gestioni amministrative e che non afferiscono alla responsabilità degli attuali governatori. L'ultima alzata d'ingegno del M5S, in buona compagnia di Lega e FdI, è quella di richiedere il ritiro, in commissione Bilancio della Camera, degli emendamenti presentati da diversi parlamentari di ALA-Scelta Civica e, per un emendamento analogo, dai parlamentari Pd inerenti la possibilità che si possa ripristinare la norma affinché, nelle regioni con piano di rientro dal debito, i governatori possano assumere la veste di Commissari per la Sanità, opportunamente coadiuvati da sub commissari tecnici di nomina governativa».
Le altre misure approvate. Tra gli altri emendamenti, approvati in commissione Bilancio, quello sui piani di rientro: anche Sardegna, Sicilia, Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta Trento e Bolzano dovranno rispettare le regole sui piani di rientro e riqualificazione degli enti del servizio sanitario nazionale, anche se provvedono al finanziamento delle strutture con le risorse dei propri bilanci, dovranno rispettare le regole applicate nel resto del paese. Aumenta la soglia del disavanzo tra costi e ricavi, che farà scattare il piano di rientro per le aziende ospedaliere e ospedalierouniversitarie: sarà pari al 7% dei ricavi o 7 milioni di euro (era il 5% o 5 mln).
Con un’altra proposta di modifica si stabilisce che la perdita del premio, legato al miglioramento del servizio sanitario, non sarà più permanente. Di conseguenza le regioni che non presentano il programma di miglioramento e riqualificazione del servizio sanitario, o che non eseguono le misure annunciate, perderanno il diritto al bonus solo per il 2017.
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