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Sanità digitale: una leva strategica per recuperare efficienza e garantire cure eque e sostenibili

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24 Esclusivo per Sanità24

La sanità italiana deve affrontare sfide che rischiano di compromettere la qualità e l’universalità dell’assistenza, tra cui la carenza di personale, la scarsità di risorse, liste d’attesa sempre più lunghe per visite ed esami e un parco tecnologico che mostra evidenti segni di invecchiamento. In questo scenario, la digitalizzazione emerge come una leva strategica non solo per rispondere a queste criticità, ma anche per ridisegnare modelli organizzativi in grado di migliorare l’efficienza e la sostenibilità delle strutture ospedaliere, offrendo un nuovo paradigma di cura più vicino ai pazienti. A confermare la forte accelerazione impressa dal settore sono i dati dell’Osservatorio Sanità Digitale del Polimi, secondo cui, nel 2023, la spesa totale per la digitalizzazione della sanità in Italia ha raggiunto 2,2 miliardi di euro, in crescita del 22% rispetto all’anno precedente.
I fondi del PNRR – 20 miliardi di euro complessivi destinati alla sanità – rappresentano una spinta decisiva verso la digitalizzazione del settore, focalizzando gli investimenti su strutture di prossimità integrate in una rete di servizi digitali, in grado di connettere in un continuum senza interruzioni il domicilio del paziente, fino ad ospedali ad alta complessità.
Uno dei progetti chiave è rappresentato dal potenziamento del Fascicolo Sanitario Elettronico, sostenuto con 750 milioni di euro dei fondi PNRR. L’obiettivo è di garantire, entro il 2026, un sistema nazionale interoperabile, capace di uniformare la gestione dei dati clinici dei pazienti, compresi quelli relativi alle prestazioni del Servizio sanitario nazionale e alle strutture private, e in grado di migliorare la gestione delle risorse eliminando duplicazioni di esami e sprechi.
Ad avere un impatto diretto sulla qualità delle cure e sulla sostenibilità del sistema sanitario è l’obsolescenza delle apparecchiature sanitarie. A fotografare la situazione attuale sono i dati Agenas: ogni anno in Italia sono effettuati 5 milioni di tac con il 36% degli strumenti dotati di tecnologie più vecchie di 10 anni; la percentuale sale al 44% nel caso delle risonanze magnetiche, con 4,6 milioni di esami realizzati ogni anno. L’utilizzo di una tecnologia obsoleta può compromettere l’accuratezza di una diagnosi: basti pensare che, nell’ambito della radioterapia oncologica, la differenza di radiazioni emesse da una tac con più di dieci anni di vita e una di ultima generazione arriva fino all’80%. Il rinnovamento del parco tecnologico, a cui il PNRR ha destinato 4 miliardi di euro, rappresenta dunque un fattore chiave per il successo della digitalizzazione del settore sanitario. In questo percorso si inserisce anche l’introduzione di nuove tecnologie che integrino l’Intelligenza Artificiale e che favoriscano l’automazione per supportare i medici nel loro processo decisionale e nel lavoro operativo, riducendo i tempi di risposta di un esame diagnostico e migliorando la sicurezza del paziente.
In questo percorso di trasformazione, le aziende health tech giocano un ruolo centrale grazie alle loro competenze ed esperienze maturate su progetti complessi a livello internazionale. Non si tratta solo di fornire macchinari all’avanguardia, ma di creare ecosistemi tecnologici capaci di migliorare i processi decisionali e di individuare modelli e soluzioni scalabili, che aiutino a efficientare la sanità e a ridurre i costi dei progetti di digitalizzazione.
“In alcuni casi è possibile allungare il ciclo di vita di un macchinario diagnostico di circa 10 anni, senza compromettere la qualità e la sicurezza dello screening - ha sottolineato Andrea Celli, Managing Director di Philips Italia, Israele e Grecia -. Ad esempio, esistono soluzioni di aggiornamento hardware e software che consentono di convertire il segnale di una risonanza magnetica analogica in digitale, introdurre tutte le funzionalità cliniche allo stato dell’arte e migliorare fino al 40% il rapporto segnale-rumore, garantendo un livello diagnostico dell’apparecchiatura secondo i più moderni standard”.
L’obiettivo non è solo rinnovare le tecnologie, ma ripensare l’intero modello organizzativo della sanità, mettendo il cittadino al centro di un ecosistema digitale efficiente e connesso.
“Il futuro del SSN dipende dalla capacità di cogliere questa occasione - prosegue Celli -. Il PNRR rappresenta una base solida per iniziare, ma la sua realizzazione richiede visione, collaborazione e, soprattutto, un impegno costante da parte di tutti gli attori coinvolti”. Si tratta, dunque, di una sfida complessa che si vince su più livelli: tecnologico, infrastrutturale e culturale, attraverso un confronto continuo tra aziende, ospedali e istituzioni. “Solo grazie a uno sforzo di sistema è possibile realizzare interventi efficaci per offrire al maggior numero di persone un accesso alle cure equo e sostenibile. Innovare la sanità italiana significa investire nella salute dei cittadini e nella competitività del Paese: una sfida che non possiamo permetterci di perdere”, conclude Celli.


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