Imprese e mercato

Biosimilari, Report Iqvia: «Risparmi fino a 450 milioni nei prossimi cinque anni»

di Rosanna Magnano

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24 Esclusivo per Sanità24

La presenza o l'arrivo dei biosimilari sul mercato dei farmaci porterà a un risparmio potenziale per il Ssn fino a 450 milioni circa nei prossimi cinque anni. A fornire questa stima lo studio di Iqvia su «Farmaci biologici e biosimilari: scenari terapeutici e stima del risparmio per il Sistema Sanitario italiano» .

Considerando il mercato italiano dei principali prodotti biologici che hanno perso o perderanno la protezione brevettuale tra il 2017 e il 2022 (adalimumab, trastuzumab, bevacizumab, oxaparina sodica,insulina lispro, ranibizumab, teriparatide e pegfilgrastim) si raggiunge un valore totale nel 2017 che supera un miliardo di euro, con una stima di spesa cumulata nei prossimi cinque anni che raggiungerebbe quasi i 6,5 miliardi, nell’ipotesi di assenza di competizione da parte di alcun biosimilare.

Ma «poiché il mercato è aperto all’ingresso dei farmaci biosimilari - spiega il Report Iqvia - alla scadenza del brevetto dell’originator, il Sistema Sanitario Italiano può realizzare un risparmio consistente, stimato anche solo sulla competizione diretta tra originator e suo biosimilare, ed escludendo la competizione indiretta tra prodotti diversi appartenenti alla stessa area terapeutica».

Ipotizzando una riduzione del prezzo del 20% dettata dalla competizione diretta dei biosimilari per gli otto biologici identificati, che hanno perso e perderanno la protezione brevettuale tra 2017 e 2022, il risparmio medio generato è pari a quasi 60 mln per anno, nei prossimi cinque anni. Nello stesso periodo, il risparmio cumulato potrà variare tra 299 Milioni di Euro fino a 448 milioni, nell’ipotesi di uno scenario di riduzione dei prezzi pari al 30 per cento.

Italia leader sui biosimilari
L’Italia rappresenta il terzo mercato biologico in Europa in valore, ed è un Paese leader nella diffusione dei biosimilari e il loro utilizzo è stato costantemente in crescita negli ultimi 10 anni.

La geografia è come sempre frammentata e la «market share» può variare anche molto da regione a regione in base all’area terapeutica e al tempo che è trascorso dall’introduzione del biosimilare sul mercato. «L’uso dei biosimilari - spiega Iqvia - è preponderante per quanto riguarda epoietina (69% market share), ormone della crescita (67%) e G-CSF (94%), mentre per anti-TNF (34%), FSH (11%) e insulina glargine (15%), biosimilari appartenenti alla seconda wave, la quota è ancora limitata. Nei prossimi 3-5 anni, i biologici onco-ematologici saranno strettamente monitorati dai payer in quanto potranno riservare importanti benefici a livello di sostenibilità delle cure».

A fare la differenza nella penetrazione dei biosimilari nei mercati dei singoli Paesi Europei possono essere in parte «le politiche dei payer nell’introduzione di questi farmaci e dei modelli di gestione degli acquisti che si sono applicati».

I quattro modelli di gestione degli acquisti nell'Ue
Nel primo modello -tender model- il payer applica schemi rigidi di gara con l’obiettivo di ottenere il costo più basso per una classe terapeutica; questa strategia è stata applicata in Polonia, Norvegia, Finlandia, Danimarca, Gran Bretagna e Italia.

Il secondo prevede l’acquisto dei farmaci da parte degli ospedali: generalmente manca una politica di acquisto nazionale e gli ospedali negoziano il prezzo direttamente con le aziende produttrici. Questa politica è adottata in Italia, Spagna, Gran Bretagna e Germania.

Inoltre, in Italia, Danimarca e Germania si applica un terzo modello, nel quale sono state implementate apposite linee guida o quote: nei Paesi dell’Europa del Nord dove, per esempio, le linee guida e i payer raccomandano lo switch tra prodotti di referenza e biosimilari, questi ultimi hanno raggiunto una penetrazione del mercato elevatissima, mentre nei Paesi che hanno legislazioni più prudenti la penetrazione dei biosimilari è stata inferiore.

Infine, un quarto modello, al momento applicato soltanto in Svizzera, prevede una competizione guidata dal libero mercato, nel quale la definizione del prezzo viene stabilita dalla concorrenza e i payer sono coinvolti marginalmente.

Gli ultimi dati sui consumi
Nel primo trimestre 2018 le 10 molecole biosimilari in commercio sul mercato italiano - Epoetine, Filgrastim, Somatropina, Follitropina alfa, Infliximab, Insulina Glargine, Etanercept, Rituximab, Enoxaparina e Insulina Lispro - hanno assorbito l’11% dei consumi nazionali contro l’89% detenuto dai corrispondenti originator. A documentare la performance dei biosimilari è però l’analisi dei trend dei consumi al netto delle new entry, ovvero le nuove molecole biosimilari lanciate sul mercato solo da marzo 2017 (Rituximab, Enoxaparina e Insulina Lispro): nell’arco di un anno i consumi di biosimilari sono cresciuti del 21,8%, mentre quello dei corrispondenti biologici originator sono diminuiti del 7,1%. Il dato emerge dal Report sul mercato italiano dei farmaci biosimilari nel primo trimestre 2018 realizzato dall’Ufficio studi dell’Italian Biosimilars Group-IBG su dati Iqvia, che accende in particolare i riflettori sulle performance delle 3 molecole leader del mercato nazionale, già in precedenza protagoniste del “sorpasso” nelle vendite di biosimilare rispetto al biologico originator.

A realizzare il maggior grado di penetrazione sul mercato è stato il Filgrastim, i cui 5 biosimilari in commercio assorbono il 94,40% del mercato a volumi (88,80% a valori, a prezzo medio). Seguono le Epoetine, che hanno assorbono il 73,72% del relativo mercato a volumi (60,30 a valori). Entrambe le molecole citate sono in commercio in versione biosimilare dal 2009. Ancor più notevole la performance dell’Infliximab, commercializzato in versione biosimilare dal febbraio 2015 e titolare nel primo trimestre 2018 del 65,28% del mercato a volumi (50,23% a valori). Più distanziata, ma comunque in crescita, la performance della Somatropina biosimilare, commercializzata dal 2007, che raccoglie il 28,40% a volumi (24,98% a valori).

Stesso discorso – a maggior ragione - per i biosimilari di più recente registrazione, come la Follitropina alfa, in commercio dall’aprile 2015, oggi titolare dell’11,91% del mercato della molecola a volumi (11,52% a valori) o l’Insulina Glargine, con il primo biosimilare in commercio da febbraio 2016, che oggi concentra il 16,93% del mercato a volumi (12,66% a valori).

Avanzano infine a grandi passi Etanercept , entrato sul mercato nell’ottobre 2016 e arrivato a totalizzare nel I trimestre 2018 il 24,66% del mercato a volumi (19,91% a valori) e il Rituximab, in commercio dal luglio 2017, che nella versione biosimilare concentra già il 30,30% dei consumi (19,34% a valori).

A livello regionale la mappa dei consumi è diversificata: in testa ci sono la Valle d’Aosta e il Piemonte con una incidenza dei biosimilari del 39,78% sul mercato complessivo di riferimento. Seguono, appaiate ma decisamente distanziate dalle prime due, Sicilia e Basilicata dove i biosimilari assorbono rispettivamente il 32,77% e il 18,78% del mercato di riferimento. All’estremo opposto, fanalini di coda la Puglia (3,66%), l’Umbria (4,20%) e il Molise (5,27%).


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