Imprese e mercato
Ddl concorrenza, Report Ue: «Poteva essere più ambizioso sul farmacista». Gullotta (Parafarmacie): «Governo prigioniero delle lobby»
di Rosanna Magnano
Sul fronte delle professioni regolamentate, il disegno di legge sulla Concorrenza «avrebbe potuto essere più ambizioso per quanto riguarda alcune professioni regolamentate come quelle di notaio, avvocato e farmacista». È questa la valutazione espressa dai servizi della Commissione europea nella Relazione relativa all'Italia 2016, comprensiva dell'esame approfondito sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici.
Una segnalazione che non è sfuggita alla Federazione nazionale parafarmacie italiane. «La Commissione europea - sottolinea il presidente Davide Gullotta - ribadisce la sua perplessità sul Ddl concorrenza, rilevando che negli ultimi anni - anche per quel che riguarda il settore delle farmacie- non è stato preso alcun provvedimento significativo per favorire l'ulteriore apertura dell'economia italiana». «Noi lo ribadiamo da mesi - continua Gullotta - ma purtroppo questo governo, anche di fronte ai nostri numerosi appelli, alle indicazioni dell'Antitrust, alle ripetute indicazioni della Comissione europea, delle associazioni dei consumatori e anche di fronte al buon senso, continua ad essere prigioniero delle lobby e dei poteri forti di cui alcuni gruppi politici sono succubi e conniventi. In questi giorni dal governo è arrivato un diktat preciso ai parlamentari di riferimento. Ovvero far passare il ddl concorrenza per il settore dei farmacisti così come è uscito dal consiglio dei ministri, con buona pace di quello che dice l'Europa».
Secondo le valutazioni di Bruxelles - effettuate sulla base degli indicatori Ocse della regolamentazione nei settori non manifatturieri - molti aspetti delle professioni regolamentate italiane «sono ancora disciplinati in misura eccessiva».
«Nel settore delle farmacie - si legge nella relazione Ue - la legge alleggerisce o elimina una serie di limitazioni relative ai requisiti obbligatori dei soci e alle incompatibilità, alla forma giuridica delle società e alla distribuzione geografica e numerica. Nel complesso questi settori continuano ad essere fortemente regolamentati. Inoltre, non è stato preso alcun provvedimento per ridurre le differenze fra le norme regionali, specie in materia di formazione, che possono ostacolare la libera circolazione dei professionisti all'interno del territorio nazionale. Il governo intende armonizzare le norme a livello nazionale e ridurre queste differenze, ma si registrano ritardi nell'attuazione».
Più in generale, osservano i servizi tecnici di Bruxelles la legge sulla concorrenza «non copre molti settori rilevanti, che sono ancora eccessivamente protetti o regolamentati» e tra questi c’è anche la sanità.
Carenze nei servizi per l’infanzia e nell’assistenza a lungo termine
Nel mirino della Commissione europea anche il finanziamento dei servizi sociali italiani, «frammentato» e sempre più ridotto. Le debolezze più rilevanti sono osservate nelle strutture di assistenza all'infanzia e nei sistemi di assistenza a lungo termine, caratterizzati principalmente da indennità in denaro anziché da servizi.
Se con l’indennità di accompagnamento si pagano i badanti in nero
Strumenti parziali che innescano un circolo vizioso tra povertà, lavoro nero e assistenza di scarsa qualità. «La principale indennità in denaro è “l'indennità di accompagnamento” - si legge nella relazione Ue - caratterizzata dall'assenza di obblighi di rendicontazione per i beneficiari, dalla mancanza di differenziazione in base alla gravità dell'handicap e dall'assenza di mezzi di verifica».
L'importo relativamente modesto erogato a ciascun beneficiario (500 euro al mese) può infatti «risultare insufficiente a soddisfare le necessità delle persone affette da disabilità gravi nelle famiglie a basso reddito».
E questo strumento rischia di tradursi «in un accesso insufficiente a cure di qualità da parte delle persone in stato di bisogno e in un incentivo al lavoro sommerso». La mancanza di rendicontazione e gli importi limitati implicano infatti che l'indennità è utilizzata principalmente «per retribuire un lavoratore che presta assistenza, spesso migrante e non in regola, ma solo se il reddito della famiglia è sufficiente».
Le nonne caregiver penalizzate nel lavoro
Problematica anche la disponibilità di servizi di assistenza all'infanzia, inferiore alla media Ue: il report rileva carenze «in particolare per la fascia di età 0-3 anni (il 21% rispetto al 27%)» e l’Italia è molto lontana dall'obiettivo di Barcellona del 33% entro il 2010.
Bimbi e cronicità rappresentano quindi gli anelli deboli del sistema e la limitata offerta di servizi di assistenza ha un impatto negativo anche sulla partecipazione al mercato del lavoro dei caregiver, in Italia soprattutto le nonne . Uno studio recente dimostra che in Italia circa il 14% delle donne lavoratrici di mezza età, che hanno responsabilità familiari, hanno ridotto o interrotto la partecipazione al mercato del lavoro per occuparsi della cura informale dei propri genitori. In Italia la percentuale di nonne che si occupano in modo intensivo della cura dei nipoti è tra le più elevate dell'Ue (22%) ed è uno dei fattori alla base del basso tasso di occupazione tra le donne di età superiore ai 55 anni.
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