Europa e mondo
Previdenza: inverno demografico e bassi salari, l’allarme dell’Ocse sulle pensioni del futuro
di Claudio Testuzza
24 Esclusivo per Sanità24
Il decimo Rapporto OCSE “ Pensions at a Glance 2023 and G20 Indicators ”, presenta una serie di indicatori che consentono di confrontare le politiche pensionistiche e i relativi risultati tra i Paesi membri (38). È un’edizione che si sofferma, particolarmente, su come i diversi Paesi hanno affrontato l’impatto dell’inflazione sul potere d’acquisto delle pensioni e passa in rassegna le misure pensionistiche da questi attuate tra settembre 2021 e settembre 2023.
Il rapporto sottolinea la necessità di politiche pensionistiche adattative che affrontino le sfide multifattoriali poste da popolazioni invecchiate, impennate dell’inflazione e mercati del lavoro in evoluzione. Con una migliore prevenzione, il miglioramento delle condizioni di lavoro, la riqualificazione e la riconversione professionale potrà essere possibile aumentare ulteriormente gli anni di vita in buona salute e contribuire a mantenere un maggior numero di lavoratori anziani nel mercato del lavoro. Con una percentuale di persone di età pari o superiore a 65 anni destinata a salire dal 18% nel 2022 al 27% entro il 2050, è divenuto imperativo affrontare le implicazioni fiscali e riflettere su come garantire la sostenibilità della sicurezza in vecchiaia.
In risposta alle carenze di manodopera e ai rallentamenti economici post-COVID, diviene centrale la promozione di vite lavorative più lunghe. Gli sforzi dei paesi dell’OCSE includono l’aumento dell’età pensionabile legale, la limitazione dei pensionamenti anticipati e l’incentivazione del prolungamento della vita lavorativa. Tuttavia, la sfida rimane quella di garantire che i lavoratori anziani ( 55-64 anni ), nonostante abbiano raggiunto nel secondo trimestre del 2023 un tasso di occupazione record pari al 64% ( 8 p.p. in più rispetto a dieci anni fa ), devono affrontare diversi ostacoli per rimanere in attività quali: l’obsolescenza delle competenze, l’accesso limitato al lavoro e le potenziali inadeguatezze pensionistiche.
Il Rapporto OCSE Pensions at a glance, segnala che l’aspettativa di vita e le politiche previdenziali dell’Italia, fanno sì che chi entra nel mercato del lavoro, oggi, dovrà attendere anni per poter accedere al trattamento pensionistico. L’organizzazione citata non delinea, infatti, un roseo futuro pensionistico per i giovani del nostro paese. Di questo passo e con le regole previdenziali attuali, i giovani che cominciano a lavorare adesso andranno in pensione non prima dei 71 anni di età anagrafica.
Se non ci saranno cambiamenti e modifiche radicali al sistema previdenziale del nostro paese, i giovani si troveranno non solo a dover attendere un’età avanzata per il loro pensionamento ma anche, a causa dei bassi salari specie all’ingresso del mondo del lavoro e, spesso, per la discontinuità e precarietà dello stesso, trattamenti a limite della povertà.
La sostenibilità del sistema pensionistico è legata in gran parte, anche, al recupero dell’evasione fiscale, evasione che viaggia attorno a 100 miliardi ogni anno. E non può esserci sostenibilità senza l’ampliamento della base contributiva con investimenti che favoriscano l’aumento dell’occupazione, in particolare quella femminile, e senza l’erogazione di retribuzioni più elevate.
D’altronde in Italia l’aspettativa di vita è elevata e, conseguentemente, le pensioni vengono e saranno pagate a lungo dall’Inps, le cui casse, però con sempre maggiore difficoltà. sostengono gli obblighi nei confronti di chi ha già maturato i requisiti per il collocamento in quiescenza e, con ancora maggiore difficoltà, per quelli futuri. Infatti la spesa previdenziale resta troppo alta per la sostenibilità da parte dell’ Inps sul lungo periodo. Le entrate derivanti dai contributi pensionistici rappresentano solo l’11% circa del PIL e di conseguenza necessitano ingenti finanziamenti da parte dalla fiscalità generale. Già la scorsa primavera l’Inps aveva lanciato l’allarme maxi buco nei conti e di cui si prevede un peggioramento futuro, senza che , nel contempo , salgano anche le retribuzioni e i contributi.
Infine ad aggravare la salute del sistema Italia c’è “ l’inverno demografico ” denunciato a più riprese dall’Istat e associato al fenomeno delle culle vuote ( nel 2022 le nascite sono scese a 393 mila, -1,7% sull’anno precedente ), e all’invecchiamento della popolazione. I 18-34enni sono poco più di 10 milioni, il 17,5% della popolazione, mentre nel 2003 superavano i 13 milioni. In vent’anni abbiamo perso quasi tre milioni di giovani. Andrà peggio sul lungo periodo. Nel 2050 saranno poco più di 8 milioni, appena il 15,2% del totale. Lo scenario che si prospetta è quindi un mercato del lavoro senza lavoratori. In pochi a reggere la piramide rovesciata delle pensioni. Ecco perché – come segnalato dall’OCSE – sarà necessario adottare interventi drastici per la salvaguardia del sistema previdenziale nel suo complesso.
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