Europa e mondo
L'Organizzazione mondiale della sanità alla ricerca di una identità
di Nicoletta Dentico
24 Esclusivo per Sanità24
La comunità di salute pubblica internazionale è raccolta a Ginevra dal 21 al 30 maggio per la 76ma assemblea mondiale della Organizzazione mondiale della Sanità (Oms): un evento a forte valenza simbolica quest’anno. Settantacinque anni fa entrava in vigore il trattato che dava vita all’Oms, la prima agenzia tecnica delle Nazioni Unite, e il diritto alla salute era il primo a farsi diritto internazionale vincolante. Le leadership politiche sopravvissute a due conflitti mondiali, alla follia di due genocidi (contro armeni ed ebrei), alla ferocia di due ordigni nucleari sganciati in pochi giorni sullo stesso paese, puntarono a interpretare una visione utopica per rinascere dalle braci della distruzione. Cooperare era meglio che farsi la guerra. Conseguire il più elevato standard di salute per tutti era il fine ultimo della politica, la strada per rendere il mondo un luogo più sicuro. La Costituzione dell’Oms, il cui preambolo si staglia come una delle più alte elaborazioni concettuali di politica internazionale, coniuga salute e pace come condizioni per la sostenibilità e la dignità di ogni persona sul pianeta. Cosa resta oggi di quella visione? La domanda è impegnativa.
La lunga storia dell’Oms traluce di chiaroscuri, ma serve ricordare le molti luci che l’hanno attraversata. L’aspettativa di vita nel mondo è aumentata in sette decenni da 46 a 73 anni, con i progressi più significativi nel sud globale. La campagna contro il vaiolo, iniziata nel 1959, ha portato alla sua eradicazione nel 1980. Il vaiolo resta la sola malattia estirpata dalla storia umana finora. Siamo prossimi a replicare questo successo con la poliomielite e il verme della Guinea. In 42 paesi è scomparsa la malaria e in 47 è stata debellata almeno una malattia infettiva. Tubercolosi e Hiv/Aids, le due grandi sfide all’inizio del nuovo millennio, erano ormai sotto controllo prima che Sars-CoV-2 arrivasse a mettere a soqquadro il pianeta. La mortalità materna al parto è crollata di un terzo negli ultimi venti anni, del 50% quella dei bambini – anche se un recente rapporto dell’Oms registra uno stallo inquietante sulla salute materno-infantile dal 2015 a oggi, a segnalare la fragilità di ogni successo nell’era della sostenibilità.
L’Oms ha saputo dare il meglio di sé quando si è avvalsa del suo potere normativo. Prima, per affrontare le emergenze sanitarie con i regolamenti di salute internazionale (International Health Regulations) aggiornati dopo Sars e ora in via di revisione, dopo Covid-19. Poi, con l’adozione nel 2005 della convenzione sul controllo del tabacco, per arginare la piaga del tabagismo e smascherare le insidie della lobby del fumo, abile nel negare la connessione tra sigarette ed escalation del cancro. La convenzione sul tabacco iscrive una pagina memorabile dell’Oms e del diritto alla salute, ma pesa in sette decenni la ritrosia dei governi a usare la potente prerogativa regolatoria dell’agenzia, sempre più necessaria in questa fase di globalizzazione, in altri ambiti.
In questi giorni di kermesse sanitaria globale l’Oms, sopravvissuta ai duri colpi della pandemia, si è dimenata - con risorse decisamente troppo scarse ancora, malgrado l’incremento – con le sfide di una popolazione mondiale sempre più in bilico sotto gli effetti intossicanti del modello di sviluppo sul suolo, l’aria, le acque, sul modo stesso di vivere delle persone. Nuove pandemie sono in agguato oltre Covid-19, alcune molto più difficili da gestire. Un caso per tutti, la resistenza antimicrobica già diffusa ovunque. In un sistema multilaterale più sfregiato da divisioni e barbari conflitti, e da liaisons dangereuses con una moltitudine di pesanti interessi privati, la autorevolezza dell’Oms è messa a dura prova. La gestione della pandemia ha prestato il fianco dell’Oms a critiche spesso gratuite, quando non del tutto incompetenti, con la tentazione di portare a New York le decisioni più importanti sulla salute. Quest’anno si terranno oltreoceano due summit di alto livello, su copertura sanitaria universale (Universal Health Coverage, UHC) e preparazione pandemica rispettivamente. Intanto, la pietra d’inciampo dello scandalo sugli abusi sessuali durante l’epidemia di Ebola in Congo – tema ricorrente in questi giorni dall’inizio della assemblea – segnala la potenzialità di una presa di coscienza per l’organizzazione, e forse anche di un risveglio. Nella vecchia e sempreverde tensione fra soluzioni biomediche e determinanti socio-economici e ambientali della salute, l’Oms non gode di buona salute, ma guai liquidarla frettolosamente come inutile, o spacciata. L’Oms è la sommatoria della volontà degli stati che la compongono, assai imperfetti e non sempre a lei fedeli. Ma lo stato del mondo sarebbe inesorabilmente peggiore senza.
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