Europa e mondo
Covid: Ocse, servono decisioni politiche per rilanciare l'economia ed evitare lockdown
di Ernesto Diffidenti
24 Esclusivo per Sanità24
"Al 15 novembre 2020, oltre 10 milioni di persone in Europa sono state infettate e più di 265mila sono morte a causa di Covid-19, con numeri che continuano a crescere rapidamente". E' il bilancio dell'Ocse che ha presentato a Parigi il rapporto 'Health at a Glance Europe 2020'. Il rapporto dimostra che vietare i grandi raduni, incoraggiare le persone al telelavoro, obbligare a indossare la mascherina in pubblico e incoraggiarne l'uso in riunioni private che coinvolgono gruppi a rischio e limitare rigorosamente la capienza in ristoranti, negozi e altri luoghi pubblici al coperto "può fare molto verso la riduzione della diffusione del virus".
Per l'Ocse, tuttavia, è "fondamentale che i responsabili politici pianifichino strategie efficaci per riaprire le loro economie al fine di evitare ulteriori lockdown". "La recente notizia di un vaccino è incoraggiante - affermato il segretario generale dell'Ocse Angel Gurría - ma affrontare questa pandemia è una maratona, non uno sprint". "La collaborazione internazionale sarà fondamentale per garantire la produzione di massa e la distribuzione capillare del vaccino - conclude -. Ma i paesi devono anche rafforzare il loro sostegno al settore sanitario e ai lavoratori ed estendere la portata e l'efficacia delle politiche di test, tracciabilità e isolamento".
Gran parte dei Paesi Ue, prosegue l'organismo internazionale con sede a Parigi , "hanno raggiunto una copertura universale per i servizi sanitari ritenuti essenziali, il che è cruciale per fronteggiare in modo efficace la Pandemia da Covid-19". Tuttavia, avverte l'Ocse, "la gamma di servizi coperti e il livello di condivisione dei costi variano in modo considerevole". L'istituto di Parigi sottolinea, tra l'altro, che "l'accesso effettivo" alle cure rischia di "restringersi" a causa della "penuria di personale sanitario, dei tempi di attesa o della durata dei tragitti verso l'ospedale più vicino". "In gran parte dei Paesi Ue, nel 2018, solo una piccola parte della popolazione ha segnalato la necessità di cure sanitarie non soddisfatte". Ma "questa proporzione - mette in guardia l'Ocse - è stata quasi di cinque volte più elevata tra le famiglie a basso reddito rispetto a quelle con redditi elevati nell'insieme dell'Ue".
Sul personale, emblematico in Italia il caso degli infermieri il cui rapporto con i medici è sceso dall'1,5 dello scorso rapporto all'attuale 1,4. Una proporzione superiore a quella di Portogallo, Cipro, Lettonia, Bulgaria e Turchia, ma inferiore a Germania, Francia, Belgio, Paesi Bassi e Slovenia che hanno un rapporto 1 a 3. In risposta alla carenza di medici, spiega l'OcseE, diversi paesi hanno ha iniziato a implementare ruoli più avanzati per gli infermieri in ospedale e cure primarie e ad esempio le valutazioni di Finlandia, Regno Unito e Irlanda mostrano che gli infermieri specializzati possono migliorare l'accesso ai servizi e ridurre i tempi di attesa, offrendo la stessa qualità di cura dei medici per una serie di pazienti, compresi quelli con patologie di bassa intensità e quelli che necessitano di controlli di routine.
"Nel nostro Paese – commenta Barbara Mangiacavalli, presidente Fnopi - finora abbiamo assistito a varie forme di integrazione del personale ma non sono provvedimenti emergenziali a risolvere la situazione. Siamo a disposizione delle istituzioni per creare in tempi rapidissimi un percorso che integri gli organici quanto più velocemente e correttamente possibile".
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