Europa e mondo
Salute e telemedicina, progetti d'avanguardia per «aiutarli a casa loro»
di Michelangelo Bartolo *
24 Esclusivo per Sanità24
Sono in volo di ritorno da una missione in Mozambico e Malawi Paesi piuttosto ai margini degli scenari internazionali. Motivo di questa scappatella è stato quello di tenere delle lezioni ad un corso di formazione per medici e infermieri e aprire nuove postazioni di telemedicina in questi Paesi.
Al corso di formazione, organizzato dal programma DREAM di Sant’Egidio, dalla Global Health Telemedicine e dalla Cooperazione Italiana, hanno partecipato in qualità di docenti ben 13 medici di diverse branche specialistiche provenienti da strutture sanitarie italiane di eccellenza: gli ospedali San Camillo, San Giovanni o il Pertini di Roma, il centro grandi ustionati di Cesena, il Besta di Milano, solo per citarne alcune. Quasi un centinaio i discenti provenienti dal Malawi, Mozambico, Kenia, Tanzania e Congo. Lezioni di neurologia, cardiologia, pediatria, dermatologia e urologia incentrate soprattutto sulla semeiotica medica e il ragionamento clinico, prassi che forse dovrebbe tornare più in auge anche in Italia. In Paesi dove la diagnostica strumentale è presente solo nelle capitali, confidare nell’approccio clinico e su collaudate manovra di semeiotica medica per avere un orientamento diagnostico adeguato è una scelta obbligata.
Certo, formare personale sanitario non è una novità, ma sicuramente è una novità fornire a centri sanitari remoti, talvolta dispersi in luoghi isolati ed impervi, postazioni di telemedicina con opportuna strumentazione di diagnostica medica, che fa si che anche negli ambulatori di sperduti villaggi africani, si possa contare sulla consulenza di un pool di quasi 150 specialisti italiani che gratuitamente offrono consigli diagnostici e terapeutici afferenti a ben 18 specialità mediche. I risultati sono tangibili; migliaia di tracciati elettrocardiografici refertati e migliaia di teleconsulti provenienti da 32 centri sanitari con tempi di risposta medi di circa 6 ore.
È una forma di cooperazione intelligente, che crea ponti tra il nord e il sud del mondo, che fa sentire meno isolati, che cura in modo concreto, porta sviluppo. Alcuni ministeri della salute di paesi dell’Africa Sub-Sahariana hanno mostrato interesse a tale piattaforma di telemedicina e le possibilità di sviluppo sono tantissime. Unico imbuto è rappresentato dalle risorse umane ed economiche che non si possono più soltanto affidare alla buona volontà di qualcuno o a finanziamenti spot.
Aiutiamoli a casa loro, si usa dire da qualche tempo. Affermazione di principio giusta che condivido appieno e per la quale tante realtà di cooperazione internazionale già lavorano da tempo. Oggi, però, in un tempo in cui sembra che la cooperazione non vada più tanto di moda e addirittura talvolta venga vista con diffidenza, c’è forse ancora più bisogno di ravvivare e incrementare, in modo concreto e non solo a parole, progetti per aiutarli a casa loro.
Sì, sulla teoria siamo più o meno tutti d’accordo, sia coloro che auspicano la costruzione di nuovi muri, sia coloro che li contrastano.
Ed allora, mi viene da dire, è giunto il momento di mettere seriamente in atto questa affermazione e moltiplicare risorse economiche ed umane per incrementare programmi di cooperazione internazionale che portino benessere e sviluppo a casa loro: un deterrente più importante di quanto possiamo pensare, per allentare o quanto meno per far diminuire le ragioni per cui tanti decidono di abbandonare la propria terra.
Se riusciamo a creare un futuro migliore a casa loro non ci sarà più bisogno di andare a cercare un futuro migliore altrove. La considerazione è forse banale ma se la prendiamo sul serio ci rendiamo conto di quanto l’occidente debba e possa fare per portare sviluppo e benessere dove scarseggiano.
In questi giorni africani ho vissuto con i miei colleghi italiani un’esperienza quasi paradossale, sintomo di una globalizzazione che è ormai una realtà: dal Malawi mi sono trovato a diagnosticare disturbi del ritmo a pazienti telemonitorizzati nel mio servizio di telemedicina di Roma e il cardiologo del San Camillo, in missione con me in un villaggio Malawiano, ha refertato un elettrocardiogramma ed ha cambiato la terapia ad un’anziana di una casa alloggio della città eterna. Una sana confusione, quasi un paradosso, che ben mostra come, nonostante gli sforzi di qualcuno, il mondo è sempre più un villaggio globale. Oggi Internet, la tecnologia offrono una chance in più di sviluppo e nuove opportunità di cooperazione impensabili fino a pochi anni fa. In questi ultimi anni il continente africano è stato avvolto da cavi sottomarini di fibre ottiche; dorsali che garantiscono connettività ad alta velocità a molte città. Certo, i problemi maggiori per la diffusione di internet sono all’interno del Paese, ma ormai non è inusuale trovare una connettività wireless 4G anche in zone dove non è ancora arrivata la corrente elettrica. Non sfruttare queste opportunità sarebbe un peccato; un peccato che non possiamo permetterci.
Più di una persona mi ha chiesto: ma perché un servizio di telemedicina simile a quello realizzato in Africa non si fa anche in Italia?
Anche questo sarebbe un segno di sana globalizzazione: un progetto di teleconsulto multidisciplinare pensato per l’Africa che diviene utile anche in Italia. Un altro segno di sana globalizzazione.
Comunque, se qualcuno me lo chiede, io sono più che disponibile.
* Servizio di telemedicina A.O. San Giovanni Addolorata - Roma
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