Il welfare al tempo della crisi: più domanda di servizi, più occupazione
In tempo di crisi calano occupazione e consumi. Ma non la domanda di servizi sociosanitari che, anzi, in totale controtendenza si impenna e che dovrebbe quindi essere sostenuta attraverso investimenti anche per i positivi effetti sull'occupazione. Lo dice la ricerca «Cresce il welfare, cresce l'Italia» presentata oggi a Roma da una rete associativa promossa da più di 40 organizzazioni che operano in Italia nel terzo settore.
Dal 2008 al 2012, infatti, a fronte di una perdita di occupazione nei comparti manifatturieri di 3 milioni e 123mila unità, l'incremento nei servizi di welfare, cura e assistenza é stato pari a 1 milione e 623 mila unità.
Paese che vai, strategie che trovi. E così la Francia ha puntato su una formula di integrazione tra politiche di welfare e politiche per la creazione di occupazione regolare, la Germania ha puntato sui "minijobs'" arrivati a 243 mila solo nel 2012. In Italia invece siamo ancora in ritardo, la delega alle famiglie rimane la pratica più utilizzata. Abbiamo più di 15 milioni di persone impegnate regolarmente nel lavoro di cura nei confronti di figli, malati, anziani, non autosufficienti, disabili. L'Italia deve far fronte anche all'invecchiamento della popolazione e all'innalzamento dell'età media.
«Nel 2007 - spiega Andrea Ciarini dell'universitá Sapienza di Roma e coordinatore della ricerca - era stato istituito uno specifico Fondo nazionale per la non autosufficienza, ma la copertura era già esaurita nel 2010, salvo poi essere rifinanziato nel 2013. Ma per il 2014, poi, il Fondo nazionale politiche sociali e quello per la non autosufficienza risultano azzerati". Per la ricerca è sbagliato rilanciare l'occupazione «preferendo politiche che agiscono sull'offerta. Per il welfare bisogna puntare anche sulla domanda». «Ilwelfare - osserva Ciarini - viene visto ancora come un settore in cui si disperdono le disponibilità. Qui la spesa pubblica viene vista solo come uno spreco - conclude - mentre invece bisognerebbe creare impieghi per settori utili, che hanno già un'ampia domanda di lavoro».
La Rete "Cresce il Welfare, cresce l'Italia" avanza invece una proposta diversa e complementare per il rilancio dell'occupazione, dell'economia e per il sostegno alle famiglie italiane, proponendo al Governo l'adozione di alcune misure strategiche:
- finanziare adeguatamente i Fondi per il sociale (azzerati per il 2014) anche al fine di estendere e qualificare la rete dei servizi sui territori;
- dotarsi di un Piano nazionale per la non autosufficienza e di un Piano di contrasto alla povertà;
- aumentare la solvibilità (cioè la capacità di pagare) delle famiglie italiane per l'assunzione di assistenti familiari, ma in un quadro di maggiori e migliori servizi pubblici di assistenza alle persone;
- favorire l'emersione del lavoro nero aumentando significativamente gli incentivi fiscali e contributivi;
- favorire la qualificazione e la tutela dei lavoratori; investire per il raggiungimento degli obiettivi europei di presa in carico della prima infanzia, in particolare quelli relativi agli asili nido;
- raccogliere l'opportunità offerta dalla decisione della Commissione UE che ha concesso all'Italia una maggiore flessibilità di bilancio nel 2014 per investimenti produttivi e per rilanciare la crescita.
Il vice Ministro alle Politiche sociali Maria Cecilia Guerra, presente alla conferenza stampa, ha espresso apprezzamento e condivisione per lo sforzo mirato ad aumentare la conoscenza su questi aspetti: «Conoscere e diffondere la conoscenza contribuisce a smantellare i luoghi comuni da cui derivano convinzioni e scelte politiche conseguentemente sbagliate. E il primo luogo comune è proprio che il welfare sia una spesa improduttiva».
Concorda Guerra che il welfare invece possa davvero rappresentare un volano per l'economia: «Ma welfare significa anche interventi redistributivi che possano rafforzare la domanda di servizi di cura e di assistenza».
È necessario cambiare angolo prospettico: «Politiche sociali non più intese come interventi riparatori, ma soprattutto come servizi e supporti inclusivi, affinché le persone siano davvero artefici e protagoniste della propria esistenza». In questo senso le politiche sociali non rappresentano più un costo ma un investimento.
E infine una considerazione sulle risorse: "Non basta conquistare le risorse, è necessario che il sociale diventi sistema, progetto, programma consolidato, impossibile poi da smantellare o da comprimere. Non solo trasferimenti monetari, ma anche progetti inclusivi per le persone."