Dal governo

Tor Vergata, Schillaci paladino della legalità esige un Dpcm per l’Aou Policlinico

di Ettore Jorio

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24 Esclusivo per Sanità24

Una legge di bilancio per il 2025 costretta a fare i conti con il salvadanaio dello Stato, stando bene attenta anche agli spiccioli, e con i desiderata dall’Ue, al fine di raccogliere il suo consenso.
Ciò però che meraviglia nella lettura del progetto legislativo è la poca attenzione alle esigenze primarie rappresentate dal ministro alla Salute, Orazio Schillaci, per assicurare una sanità migliore alla Nazione nella sua interezza: promessi 3,7 miliardi, concessi 1,3; una stretta del turn over fissata al 75% a fronte di un pretesa assunzione di operatori sanitari secondo necessitate.
Gli attori nella vicenda:
-un ministro del Mef, che di numeri sta dimostrando di capirne, che si è assunto il compito gravoso di descrivere alla Nazione un Paese inguaiato dal debito monstre (3 mila miliardi) e costretto a rispettare il Patto di stabilità e crescita;
- un ministro della Salute che di sanità se ne intende per essere stato buon Rettore dell’Università Tor Vergata.
Il primo condizionante il secondo nel dividere i pani utili a nutrire la spesa corrente che assicura i diritti sociali, così come la conduzione dei Comuni, ai quali azzera addirittura il Fondo degli investimenti, cui si rende impossibile attendere all’assistenza sociale.
Un ministro più attento dei soliti su un tema fondamentale
La vicenda ha dimostrato un ministro Schillaci attento a sostenere le battaglie per una sanità migliore, sconfitto tuttavia nella guerra dei numeri di cui si compone il progetto di legge di bilancio. Un accaduto che dovrebbe spingere Orazio Schillaci a rilanciare la sanità attraverso una riforma strutturale, ben pensata e scritta meglio del solito, che imponga una revisione concettuale e organizzativa del Ssn. Una riforma che, partendo dai deficit di servizio e prestazionali bene evidenziati nel 6° Rapporto Gimbe, vada a sovrascrivere l’attuale secondo regole nuove, che tengano conto dell’imminente (si spera) ingresso a regime del federalismo fiscale, con la conseguente messa da parte della spesa storica e del criterio della quota capitaria ponderata.
A proposito di regole, il ministro della Salute sembra starvi molto attento, sia a riscriverle che ad applicarle come Iddio comanda, arrivando anche a rivedere soluzioni non affatto apprezzabili, cui si è ricorso per scrollarsi di dosso problemi “politici”. Il riferimento simbolo è la vicenda della sedicente Azienda ospedaliera universitaria, oggi intestata a Renato Dulbecco, operante a Catanzaro e formatasi a seguito di una fusione per incorporazione dell’Ao catanzarese Pugliese Ciaccio anche essa vittima di macroscopici inadempimenti civilistici e fiscali, a tutt’oggi sprovvista del Dpcm funzionale a costituirla secundum legem (si vedano qui articoli del 9 e 25 gennaio 2023).
La prevenzione è il suo pallino
Da ritenersi pregevole l’attenzione che il ministro pone alla prevenzione: all’assistenza sociosanitaria nei luoghi di vita e di lavoro. Il tutto esteso con particolare riferimento alla salute mentale. Una vecchia regola, strumentale a generare grandi risparmi da destinare altrove, lasciata sempre nei cassetti a morire soffocata dalla polvere dell’inerzia e dell’incosapevolezza che la Costituzione premia la tutela della salute, in quanto tale la conservazione del benessere psico-fisico. Di conseguenza, c’è da attendersi una rivendicazione nei confronti delle Regioni a che l’intervento sulla prevenzione in senso lato, a cominciare dalla assistenza veterinaria, sia sul podio delle priorità senza se e senza ma.
Un’anticipazione che assume un alto valore strategico sul tema della legalità
Ebbene, questo ministro, forte dell’esperienza rettoriale e dell’attaccamento alla disciplina specifica che l’ordinamento pone per la costituzione delle aziende ospedaliere universitarie, sollecita la sua università, quella di Tor Vergata, a porre rimedio all’esistente Policlinico, costituendo con atto dell’11 ottobre scorso del Consiglio di amministrazione dell’Università, preceduto da una conforme decisione in tal senso del Senato accademico, l’«Aou Policlinico Tor Vergata». Lo fa sottoponendo la sua nascita, così come richiesto dalla legge disciplinante la materia, al rilascio dell’apposito Dpcm costtutivo, da cui dipenderà l’esistenza dell’anzidetta azienda ospedaliera universitaria. Più precisamente, a conclusione dell’anzidetto verbale viene infatti così rappresentato che: «nella seduta del 26 settembre 2024, il Consiglio di amministrazione ha approvato, subordinatamente al parere del Senato accademico ed alla previa intesa con la Regione Lazio, l’emanazione del Decreto rettorale di costituzione dell’Azienda Ospedaliera Universitaria “Policlinico Tor Vergata” ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2, comma 2, lett.a) e dell’art. 2, comma 8, del D. Lgs. n. 517 del 1999 - atto prodromico dell’iter di cui all’articolo 8 del decreto legislativo n. 517 del 1999 -, la cui efficacia è da intendersi condizionata all’autorizzazione a mezzo decreto del ministro dell’Università di concerto con il ministro della Salute, sentita la Conferenza Stato-Regioni, nonché alla pubblicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al sopra citato art. 8, da intendersi quest’ultima come momento di attivazione della Aou ai sensi del Protocollo d’Intesa».
Da tutto questo è facile desumere che il ministro della Salute ha finalmente deciso - a fronte del reiterato silenzio dei responsabili dello stesso dicastero dal 2001 ad oggi - di sanare uno dei più grandi inadempimenti rinvenibili nel campo dell’assistenza ospedaliera erogata dalle università, unitamente alla ricerca. Un gap evidente e notevole, incompreso da tutti i ministri della salute e dell’università post 1999. Tant’è che 29 Aou sulle 30 “esistenti” (l’unica a possederlo è l’Aou “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona – Scuola Medica Salernitata” – Dpcm del 31 gennaio 2013) risultano a tut’oggi sprovviste dell’ineludibile Dpcm funzionale a sancirne l’esistenza, costituendole sul piano giuridico-economico, attribuendo così loro anche una consistenza civilistica e fiscale.
Tutto ciò è presago (lo spero) di una sanatoria ad ampio spettro, salvaguardando quanto più possibile gli atti compiuti dalle medesime aziende ospedaliere in assenza del necessario titolo di universitarie, minacciate da annullabilità, da attribuirsi esclusivamente attraverso il previsto Dpcm, controfimato dai ministri dell’Università e della salute.


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