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Biotecnologie: settore strategico per l’Italia, oltre 350 milioni di pazienti già trattati

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24 Esclusivo per Sanità24

Oltre 850 imprese per un fatturato di esportazione che nel 2023 si è attestato sui 16 miliardi di euro e quest’anno è cresciuto del 12%. Sono i numeri del settore delle biotecnologie “un’eccellenza tutta italiana” ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani aprendo alla Farnesina, insieme al ministro della Sanità, Orazio Schillaci, la presentazione del Rapporto ad interim del Tavolo di Lavoro per l’Internazionalizzazione delle Imprese nel settore delle Biotecnologie. “Un settore strategico, ad altissimo valore aggiunto, in cui l’Italia mette in campo conoscenza ed esperienza - ha detto ancora Tajani - un settore che si connette con quello dell’Intelligenza artificiale e dello Spazio”. L’obiettivo ora è migliorare la competitività della biotecnologia italiana attraverso il supporto all’internazionalizzazione delle imprese emergenti e al sostegno delle loro attività di ricerca e sviluppo.

Il primo passo del tavolo di lavoro è stato dunque individuare le patologie di interesse nazionale, per il maggiore impatto in termini di decessi e riduzione della qualità della vita. Dunque le malattie cardiovascolari(35% di tutti i decessi in Italia”; tumori (responsabili del 29% delle morti); patologie respiratorie; malattie cronico-degenerative; malattie infettive e la resistenza agli antibiotici che nel 2023 ha causato circa 70 mila decessi. Si è passati poi a identificare le priorità biotecnologiche industriali e ambientali, con tecnologie applicate alla riduzione delle emissioni di gas serra, alla tutela della biodiversità e allo sviluppo di culture biofortificate. E’ stato inoltre creato l’elenco delle imprese nazionali impegnate nella ricerca e sviluppo di biotecnologie emergenti, sia in ambito sanitario che industriale e ambientale Per sostenere queste imprese sono previsti programmi l’internazionalizzazione, come il “Montalcini Global Biotech Tour”, un’iniziativa che sarà promossa dalla Farnesina e dall’Agenzia Ice per favorire l’incontro tra le imprese biotech emergenti italiane e potenziali investitori, istituzioni e partner internazionali.

“Oggi circa il 50% di tutti i nuovi farmaci e terapie in sviluppo per il prossimo futuro sono biotech - ha ricordato Schillaci - e la proporzione cresce nei trattamenti innovativi come vaccini, anticorpi monoclonali per trattare neoplasie e malattie infiammatorie/infettive, terapie cellulari, terapia genica e medicina rigenerativa. Oltre 350 milioni di pazienti hanno già beneficiato degli effetti delle terapie biotech, tra questi quasi 30 milioni di pazienti affetti da malattie rare”. “L’Italia - ha aggiunto il ministro - è all’avanguardia nelle terapie avanzate. Le biotecnologie hanno permesso di dare cure a malattie che erano prive di trattamenti efficaci, oltre che offrire terapie personalizzate e diagnosi tempestive, e hanno prodotto vaccini. Tutto questo è assicurato anche dagli sforzi realizzati dalle Istituzioni, a livello nazionale ed europeo, per assicurare la sicurezza degli impianti e degli impieghi per produrre biotecnologie per la tutela del lavoratore, dell’ambiente e della salute”.

“Le biotecnologie - ha proseguito il ministro - consentono di ottenere risultati fino a qualche anno fa neanche immaginabili; ad esempio la messa a punto di sistemi produttivi fondati su fonti energetiche alternative agli idrocarburi, realizzare prodotti eco-compatibili, produrre biofertilizzanti per un’agricoltura più sostenibile, permettendo di migliorare le varietà vegetali, preservando la biodiversità”. “Sono traguardi che vanno nell’ottica One Health, un approccio innovativo che mira ad affrontare i temi della salute in chiave olistica, e ci fa capire quanto siano importanti le interazioni fra salute umana, salute animale, protezione degli ecosistemi per favorire miglioramenti della salute globale e rafforzare la resilienza dei sistemi sanitari”. “Secondo l’Ocse - ha concluso - già nel 2030 le biotecnologie rivestiranno un ruolo preponderante: da esse dipenderanno l’80% dei prodotti farmaceutici, 50% dei prodotti agricoli, 35% dei prodotti chimici e industriali, incidendo complessivamente per il 2,7% del Pil globale”.

“L’Italia, con il suo patrimonio scientifico - ha sottolineato Pierluigi Paracchi, rappresentante di Federchimica-Assobiotec - deve assicurarsi che queste innovazioni trovino rapida e concreta applicazione, rimanendo al contempo asset nazionali. L’internazionalizzazione del settore, la collaborazione con i paesi partner e l’attrazione di investimenti esteri sono il perno per garantire una crescita competitiva. Gli investimenti governativi, sia diretti sia tramite l’intermediazione delle agenzie governative, dovrebbero concentrarsi su operazioni strategiche di dimensioni competitive, allineandosi agli standard internazionali dei paesi che già guidano il settore”.


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