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Previdenza: cento di modi di andare in pensione, anche prima di compiere 62 anni
di Claudio Testuzza
24 Esclusivo per Sanità24
Le pensioni anticipate decorrenti nei primi sei mesi del 2024 sono state 99.707 e tra queste 27.962 hanno riguardato persone con meno di 60 anni. Il dato emerge dal Monitoraggio sui flussi di pensionamento dell’Inps secondo il quale molti di coloro che sono andati in pensione lo hanno fatto prima di compiere l’età della vecchiaia.
Circa la metà delle persone che vanno in pensione anticipata lo fa prima di aver compiuto 62 anni, mentre circa il 28% va a riposo prima di averne compiuti 60. Il numero più consistente è quello dei lavoratori dipendenti del settore privato con 17.074 pensioni anticipate erogate prima dei 60 anni, il 33% del totale. Il dato è legato, soprattutto, al lavoro precoce e al canale di uscita che consente il pensionamento una volta raggiunti i 42 anni e 10 mesi di contributi e attesi i tre mesi della finestra mobile previsti. Sono invece circa la metà delle pensioni anticipate quelle erogate prima dei 62 anni, età soglia per potere invece accedere a Quota 103 con 62 anni di età e 41 di contributi, oltre a 7 mesi di finestra mobile nel privato e 9 nel pubblico.
Ad eccezione di quelle della gestione dei commercianti che hanno un’età media alla decorrenza di 62 anni, emerge, sempre dal Monitoraggio sui primo semestre 2024, le altre pensioni anticipate restano ampiamente al di sotto dei 62 anni con i dipendenti del settore privato a 61,2 anni, i coltivatori diretti a 61,1, gli artigiani a 61,3 e i pubblici a 61,7. Se si guarda all’intero 2023, a fronte di 228.570 pensioni anticipate con decorrenza nell’intero anno ce ne sono state 62.267 erogate prima dei 60 anni (27,2% del totale) mentre circa la metà nel complesso (oltre 100mila) hanno riguardato persone con meno di 62 anni.
Volendo ampliare la prospettiva temporale si rileva che complessivamente sono quasi un milione e mezzo i lavoratori usciti prima del previsto negli ultimi cinque anni e mezzo. Queste sono le pensioni anticipate richieste ed erogate in base ai dati rilevati dall’osservatorio dei flussi di pensionamento dell’Inps, aggiornato al primo semestre 2024.
Il picco massimo è stato registrato nel 2019 quando sono andati in quiescenza anzitempo circa 300 mila lavoratori fra dipendenti, autonomi e parasubordinati.
Si tratta, in media, di un terzo del totale dei trattamenti pensionistici con decorrenza nello stesso anno. Le punte più alte si trovano fra i dipendenti pubblici (in questo caso, le pensioni anticipate rappresentano addirittura il 58%) e quelli del settore privato (pari al 36%). Altro momento critico si è verificato nel 2021 quando si sono ritirati più di 295 mila lavoratori, Ma, qui, probabilmente hanno inciso gli effetti della crisi della pandemia che, per molti, si è tradotta in perdita del posto di lavoro o chiusura dell’attività.
A favorire le pensioni anticipate ci sono stati, in primis, i provvedimenti per i cosiddetti “esodati”. Nove interventi di salvaguardia che hanno accompagnato, dal 2012 al 2021, centinaia di lavoratori alla pensione. Ma non solo. Sono tante le possibili uscite utilizzabili per favorire un’ uscita anticipata dal mondo del lavoro.
La lista contempla la pensione anticipata con sistema misto, mix di retributivo e contributivo, quella con sistema totalmente contributivo, quella in regime di totalizzazione ovvero cumulando varie contribuzioni di gestioni diverse.
E ancora, quella anticipata in computo nella gestione separata, ma solo per chi ha contributi versati anche prima del 1996.
Poi, ci sono le quote introdotte dal 2019: Quota 100, Quota 102 e Quota 103. Di queste, la prima è stata la più “ gettonata ” in assoluto. Si calcola che più di 435 mila lavoratori ne abbiano beneficiato. Ma per Quota 102 sono scesi a circa 36 mila.
Se anche la misura è finita al 31 dicembre 2021, in realtà chi aveva maturato al tempo i criteri previsti per Quota 100 – ovvero avere almeno 62 anni di età e 38 anni di contributi versati – può farne ancora richiesta, a patto di essere in possesso della certificazione Inps che accertava tale diritto allora.
Esiste poi il canale di pensione anticipata per i lavoratori precoci, opzione donna , sebbene meno appetibile per via dei più stringenti criteri imposti nell’ultimo periodo.
Al netto delle pensioni di invalidità e di inabilità, riconosciute solo nei casi di specie, ci sono poi le forme di anticipi pensionistici come l’Ape sociale, la R.I.T.A. Poi esiste anche l’isopensione cioè l’assegno di esodo concordato fra azienda e lavoratore a fine carriera per cessare il rapporto di lavoro in attesa della pensione effettiva.
L’ordinamento previdenziale prevede, ancora, tre deroghe figlie della riforma Amato del 1992 (la quarta non è più utilizzabile), grazie alle quali i lavoratori, per le prime due, dipendenti e autonomi mentre per la terza solo per i primi, è possibile fino al 31 dicembre 2026 andare in pensione all’età anagrafica dei 67 anni, con soli 15 anni di contribuzione (pari a 780 settimane) invece dei 20 minimi oggi necessari.
I rappresentanti del Governo, in attesa di una riforma, che si preannuncia sempre ma che non arriva mai, spingono per la stretta sulle pensioni anticipate.
Come è noto, il 31 dicembre 2024 scadranno quattro importanti misure per il sistema pensionistico italiano, che hanno rappresentato una deroga alla Legge Fornero in questi ultimi anni, ovvero l’Ape sociale, l’Opzione donna, Quota 103 e l’aumento delle pensioni minime. Ma sembra di capire che queste restrizioni non basteranno ad eliminare il problema.
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