Dal governo

Regionalismo, federalismo fiscale e Lep: alla sanità serve una cura personalizzata

di Ettore Jorio

S
24 Esclusivo per Sanità24

In calendario c’è la partita delle partite: la consacrazione dei Lep e l’applicazione del federalismo fiscale. In buona sostanza, ciò che nella sanità è iniziato nel novembre 2001 e lasciato nel più assordante dei silenzi, con un ritorno di fiamma nel gennaio 2017 stimolato dalla integrazione dei Lea con i Liveas. Un malloppo di oltre 70 pagine lasciato lì a non produrre alcunché.
Quanto al federalismo fiscale, dopo un vano tentativo esperito nel 2011 di associare ad ogni Lea un costo standard, nulla è accaduto. Una burocrazia inefficiente a svolgere il compito in classe.
A pensare a tutto questo, viene la amarezza per come viene considerata la tutela della salute: un’assistenza su carta lasciata lì ad ingiallire, senza che le prestazioni essenziali fossero aggiornate neppure a seguito dei drammi vissuti per il Covid e registrati a seguito di esso.
E dire che la sanità in senso lato è uno dei segmenti vitali per la Nazione, cui necessiterebbe il massimo dell’attualizzazione assistenziale: alle patologie circolanti e alle precauzioni indispensabili per la crescente immigrazione regolare e irregolare.
A fronte di ciò è da tenere conto della vergognosa disattenzione che la politica le assicura da decenni, salvo i momenti nei quali diventa utile come esca predatoria. Una regola comportamentale che impone un assoluto disappunto per i 23 anni trascorsi inutilmente da un buon tracciato costituzionale (2001) che ha riconosciuto centralità alla esigibilità egualitaria e uniforme ai diritti civili e sociali.
Il tutto nella trascuratezza di undici governi oltre a quello in carica, che hanno portato la sanità pubblica nelle attuali condizioni di disastro sociale, che costringe i meno abbienti a contrarre debiti e svendere tutto per curarsi.
Nell’ultimo decennio è addirittura saltato il banco. Ogni forma di garanzia per la persona è andata in fumo, con governi incapaci persino di capire cosa fosse un siffatto diritto sociale e con Regioni indebitate all’inverosimile, per aver giocato tanti quattrini a tutto vantaggio del privato accreditato e su una occupazione inadeguata, che ha reso sovradimensionata quella amministrativa e carente quella medico-sanitaria. Collaborate in questo da ministri dell’Università insensibili alle primarie necessità che il Ssn esprimeva in termini di domanda occupazionale medico-infermieristica.
Ebbene, oggi piuttosto che capire cosa fare per riprendere le fila dell’assistenza sociosanitaria si intraprendono le crociate contro i Lep, il federalismo fiscale e il regionalismo asimmetrico. Con questo, non si vuole ovviamente criticare il senso del legittimo esercizio dell’opposizione politica, tutt’altro. Si pretende, tuttavia, che fare critica fine a se stessa non solo serve a nulla bensì impedisce di comprendere che nel mentre la si fa c’è gente che soffre e gente che muore, per difetto di proposte alternative. Peggio ancora, se in presenza di proposte inadeguate, buone solo a marcare la presenza.
Insomma, un periodaccio che non ha mai fine. Imposto da entrambe le parti in contesa. Da chi governa il Paese una politica sanitaria assente. Dalle Regioni nulla di programmato e di realizzato, sia in termini di corretto adeguamento della spedalità pubblica al DM 70/2015 che di realizzazione di quanto previsto dal DM77/2022, nonostante tanti miliardi di euro messi a disposizione dal PNRR. Da parte di chi oggi esercita l’opposizione, che avrebbe tantissimo da contestare ad un Governo inconcludente nelle politiche di welfare assistenziale, soltanto una proposta, dal titolo affascinante “Disposizioni per il sostegno finanziario del Servizio sanitario nazionale in attuazione dei princìpi di universalità, eguaglianza ed equità” ma dai contenuti irriverenti verso la Nazione sofferente.
In buona sostanza, è la solita istanza che fanno tutti: più soldi, senza tuttavia spendere una parola su come riformare strutturalmente il Ssn morente.
Il focus dell’intervento da attuare è proprio questo. La previsione strutturale che – nel tenere nella dovuta considerazione ogni conseguenza nascente dal vigente trinomio LEP-Federalismo fiscale-Regionalismo differenziato (facoltativo) – pretenda da subito: la (re)individuazione dei Lea arricchiti dei Lep di supporto trasversale; la loro sostenibilità attraverso i costi standard per Lep che prenderebbe il posto della quota capitaria pesata; la definizione del fabbisogno standard nazionale, qual è quello determinato dalla somma dei fabbisogni delle Regioni/province autonome; la costituzione del fondo perequativo, di cui al comma 3 dell’art. 119, da non confondere con quello di perequazione infrastrutturale da finanziare con le risorse del successivo comma 5 in attuazione del d.lgs. 88/2011.
Questo sarebbe il modo, prescindendo da come andranno a finire i referendum abrogativi della legge “Calderoli”, per iniziare a ricostruire quanto la politica in generale ha ridotto ai minimi termini, quel Ssn che c’era invidiato 46 anni fa da tutto il mondo.


© RIPRODUZIONE RISERVATA