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Previdenza: con la stretta sui requisiti e il ricalcolo contributivo crolla il ricorso all’Opzione Donna

di Claudio Testuzza

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24 Esclusivo per Sanità24

Nel suo ultimo rapporto di monitoraggio sull’utilizzo dell’ “Opzione donna”, l’Inps ha indicato che le domande accolte negli ultimi quattro anni, dal 2019 al 2022, sono state 83 mila, su un totale di circa 174 mila dall’introduzione della legge, con una media di 21 mila pensionamenti annuali nell’ultimo quadriennio, rispetto a flussi complessivi di pensionamento di circa 220 mila unità nel medesimo periodo.
L’ opzione donna è stata scelta, in passato, da un numero tutt’altro che trascurabile di lavoratrici. Tuttavia tra le dinamiche che emergono dai dati più recenti, c’è che, con la stretta sui nuovi requisiti per l’accesso alla pensione con Opzione donna, si è avuto un crollo del ricorso allo strumento. Nel 2023, sono state solo 11.255 le pensioni liquidate con la misura che prevede il collocamento a riposo in anticipo rispetto alla vecchiaia per le donne con il ricalcolo dei contributi interamente contributivo.
Nel 2022 le nuove pensioni erogate con Opzione donna erano state 24.644.
Sono sempre di meno le donne che, avendo i requisiti, decidono di andare in pensione anticipata utilizzando il canale di Opzione Donna : solo 1.276 nei primi tre mesi di quest’anno, secondo l’ultimo monitoraggio dell’Osservatorio Inps.
Un vero e proprio crollo di domande, in media appena 425 al mese. Se il trend resta lo stesso, a fine anno le pensioni liquidate con Opzione Donna saranno quasi la metà dello scorso anno. In altri termini, i numeri segnalano che la misura è diventata sempre meno appetibile ed utilizzata.
La causa principale sta nei requisiti molto più stringenti, rispetto alle versioni di qualche anno fa, introdotti prima con la Legge di Bilancio 2023 e poi ancor di più con la legge di Bilancio 2024. Requisiti che hanno ristretto la platea delle potenziali donne “ opzioniste ”, in aggiunta al fatto che, sin dalla sua introduzione, Opzione Donna resta una possibilità di pensionamento molto penalizzante economicamente.
Opzione donna” è stata introdotta nel 2004 dal ministro del Lavoro Maroni, in via sperimentale, fino al 2015. Come spesso accade in Italia, la norma è stata poi riconfermata anno per anno a partire da quanto previsto con il decreto legge 4/2019 in attesa di una sistemazione più organica riguardo al tema della flessibilità in uscita.
Il Decreto Legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, nella Legge 28 marzo 2019, n. 26, ha riconosciuto, nei confronti delle lavoratrici che entro il 31 dicembre 2018 avessero maturato un’anzianità contributiva di 35 anni ed un’età anagrafica di 58 anni, se dipendenti, e di 59 anni, se autonome, la facoltà di accesso al pensionamento anticipato, a condizione di optare per la liquidazione del trattamento pensionistico con le regole del sistema contributivo.
La Legge di Bilancio 2020 (Legge 27 dicembre 2019, n. 160) ha esteso tale facoltà anche alle lavoratrici che maturavano i sopraindicati requisiti entro il 31 dicembre 2019 (art. 1, comma 476).
La Legge di Bilancio 2021 (Legge 30 dicembre 2020, n. 178 ) ha, poi, ulteriormente esteso la facoltà di optare per l’anticipo pensionistico anche alle lavoratrici che avessero perfezionato i medesimi requisiti entro il 31 dicembre 2020 (art. 1, c. 336). La facoltà era, dunque, esercitabile dalle lavoratrici dipendenti nate entro il 31 dicembre 1962 e dalle autonome nate entro il 31 dicembre 1961.
La Legge di Bilancio 2023 (art. 1, comma 292, Legge 29 dicembre 2022, n. 197 ), introducendo il comma 1 bis all’art. 16 del Decreto Legge 28 gennaio 2019, n. 4 (convertito con modificazioni in L. 28 marzo 2019, n. 26), ha esteso l’anticipo pensionistico nei confronti delle lavoratrici che entro il 31 dicembre 2022 hanno maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un’età anagrafica di almeno 60 anni, ridotta di un anno per ogni figlio nel limite massimo di due anni, e che si trovano in una delle seguenti condizioni: a) assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità (articolo 3, comma 3, L. 5 febbraio 1992, n. 104), ovvero un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 70 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti; b) abbiano una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, superiore o uguale al 74%; c) sono lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale. Peraltro, in tale ultima ipotesi la riduzione massima di due anni del requisito anagrafico di 60 anni si applica a prescindere dal numero di figli
Infine, in forza di quanto previsto dall’articolo 1, comma 138 della legge di Bilancio 2024 n.213 del 30 dicembre 2023, il ricorso alla pensione anticipata “ Opzione donna” è stato reso possibile, per tutto il corrente anno 2024, alle lavoratrici che maturino i prescritti requisiti di un’anzianità contributiva pari o superiore ai 35 anni ed un’età anagrafica di almeno 61 anni entro il 31 dicembre 2023. Il requisito anagrafico di 61 anni si riduce, come in precedenza, di un anno per ogni figlio entro il limite massimo di due anni, cioè fino a non meno di 59 anni.
Per la valutazione della contribuzione utile per il perfezionamento dei 35 anni sono utili, i contributi a qualsiasi titolo accreditati : obbligatori, da ricongiunzione, volontari, figurativi, e da riscatto. Riscatto anche agevolato, cosi come previsto utilizzabile dai lavoratori la cui pensione viene calcolata interamente con il sistema contributivo, per un importo, nel 2024, di 6.077 euro per ogni anno riscattato.
E’ previsto che la domanda di riscatto sia presentata contestualmente alla domanda di pensione dove va indicata l’opzione della lavoratrice per il calcolo della pensione interamente con il sistema contributivo. Condizione essenziale per conseguire il diritto alla pensione “ Opzione donna ” Per le lavoratrici iscritte all’assicurazione generale obbligatoria, cioè le lavoratrici dipendenti del settore privato, non concorrono, però, i contributi accreditati per malattia e disoccupazione.
Per effetto del passaggio al sistema di calcolo totalmente contributivo le lavoratrici che optano per il regime in questione subiscono mediamente una decurtazione sull’assegno che oscilla intorno al 20-30% rispetto alle regole del sistema misto.
Il taglio è tuttavia molto variabile a seconda dell’età della lavoratrice e dalle caratteristiche di carriera, retribuzione ed anzianità contributiva maturata alla data di accesso al regime. L’entità della riduzione dipende ovviamente dalle caratteristiche personali delle lavoratrici.
In primo luogo, la loro evoluzione retributiva. In linea generale, più la lavoratrice vanta una carriera anticipata, con livelli retributivi molto elevati percepiti fin dai primi anni di iscrizione all’INPS, più la riduzione sarà minore. Viceversa maggiore è l’anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, e quindi la prestazione teorica maturata avrebbe previsto una quota rilevante calcolata attraverso il sistema retributivo, più elevata sarà la riduzione dell’assegno pensionistico. Sicuramente l’entità dell’assegno pensionistico spinge molte donne a rinunciare a questo tipo di pensionamento. Secondo quanto riporta l’Osservatorio Inps, alla quota maggiore di “opzioniste” del primo trimestre 2024 (518 su un totale di 1.276) spettano assegni inferiori ai mille euro; 505 donne hanno una pensione tra mille e 1.500 euro; solo 152 hanno un assegno compreso tra 1.500 e 2 mila euro e appena 101 pensionate con Opzione Donna hanno un assegno di oltre 2mila euro.
Infine, ricordiamo, e questo rappresenta un ulteriore “ sacrificio “ per le donne, che la decorrenza della pensione non è immediata e si determina dalla data di maturazione dei requisiti. Per le lavoratrici dipendenti, il diritto decorre dopo dodici mesi dalla maturazione dei requisiti. Per le lavoratrici autonome, il diritto
decorre dopo diciotto mesi.


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