Dal governo

Previdenza: la speranza di vita scende ma i requisiti per l'accesso alla pensione restano invariati

di Claudio Testuzza

S
24 Esclusivo per Sanità24

I requisititi di accesso alla pensione collegati alla variazione della speranza di vita, per il biennio 2025-2026, rimarranno uguali a quelli già previsti per il 2023-2024. Un decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ha confermato, per un altro biennio, quanto deciso ad inizio anno in merito agli aggiornamenti, previsti ogni biennio, dei requisiti per adire alla pensione sia di vecchiaia ( 67 anni ) ma anche per quella anticipata ( 41 e 10 mesi per le donne, 42 anni e 10 mesi per gli uomini) come determinata dal Dl 4/2019 sino al 2026. In pratica la differenza della media dei valori registrati nel biennio 20/21 rispetto al biennio 20/19 ha indicato che la speranza di vita è diminuita di un mese che sommato al decremento di tre mesi, già registrato precedentemente, indica che la speranza di vita , per i 65enni, così come calcolata dall’Istat, sia diminuita di ben quattro mesi.
La legge di Bilancio per il 2024 ha confermato l’anticipo della rivalutazione residua delle pensioni da novembre 2023. Si tratta della perequazione degli assegni per adeguargli al reale indice Istat L’obiettivo è riconoscere prima dal prossimo mese di novembre i conguagli dello 0,8%, che spettano, per effetto della rivalutazione Istat definitiva dell’8,1% rispetto alla provvisoria stimata nel 2022 al 7,3%. Infatti la rivalutazione degli assegni e contributi previdenziali, la così detta perequazione, del 7,3% applicata nel 2023 era solo provvisoria. Si ha adesso l’indice di aumento Istat definitivo dell’8,1%, con, quindi, uno scarto in positivo dello 0,8%, che porterà sugli assegni pensione i relativi conguagli con gli arretrati. L’adeguamento delle pensioni dell’8,1%, ha infatti decorrenza dal 1°gennaio 2023.
Ricordiamo che per il 2023 le pensioni fino al minimo Inps sono state rivalutate del 7,3% (misura provvisoria) più un incremento straordinario del 6,4% ai pensionati ultra 75enni (la minima è salita a 600 euro) e dell’1,5% ai pensionati più giovani. Il governo, tuttavia aveva posto un argine alla rivalutazione delle pensioni, in base all’importo lordo percepito dal pensionato. Le pensioni fino al minimo Inps venivano rivalutate al 100% dell’inflazione Istat. Quelle che sono oltre il minimo, vengono rivalutate con importi ridotti secondo queste regole 2023:
•al 100% le pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo Inps >> 2.101,52 euro;
•all’85% le pensioni da 4 a 5 volte il minimo Inps >> fino a 2620 euro;
•al 53% le pensioni da 5 a 6 volte il minimo Inps >> fino a 3.150 euro;
•al 47% le pensioni da 6 a 8 volte il minimo Inps >> fino a 4.200 euro;
•al 37% le pensioni da 8 a 10 volte il minimo Inps >> fino a 5.250 euro;
•al 32% le pensioni oltre 10 volte il minimo Inps >> da 5.250 euro in su.
Lo stesso metodo riduttivo sarà applicato anche all’ aumento dell’ 0,8 %. Quindi, per intero solo a chi ha una pensione che non supera i 2.100 euro lordi . Sopra le quattro volte il trattamento minimo, invece, si applicano le percentuali come riviste dalla legge di Bilancio 2023, ossia:
tra 2.101,53 e 2.626,90 euro> 85% del tasso, quindi l’aumento sarà dello 0,68%.
Ad esempio, una pensione di 2.500 euro godrà di un ulteriore incremento di 17 euro;
tra 2.626,91 e 3.152,28 euro > 53% del tasso, quindi dello 0,424%.
Chi ha una pensione di 3.000 euro, ad esempio, avrà diritto a 12,72 euro in più;
tra 3.152,29 e 4.203,04 euro > 47% del tasso, quindi 0,376%. L’incremento definitivo per chi prende 3.500 euro di pensione sarà di 13,16 euro; tra 4.203,05 e 5.253,80 euro > 37% del tasso, quindi 0,296%. Chi ha una pensione di 5.000 euro godrà quindi di un incremento di 14,80 euro al mese: Sopra i 5.253,81 euro: > 32% del tasso, che quindi scende allo 0,256%. L’incremento, per chi prende una pensione di 6.000 euro, lordi è di 15,36 euro al mese.
Alla buona volontà del Governo corrisponderà, anche questa volta, un falso recupero dall’inflazione delle pensioni medio – alte. Se si considera, poi, che, i pur modestissimi incrementi, non vengono realizzati con riferimento agli scaglioni, così come attivato nel caso dell’ Irpef, ma in funzione della fascia in cui l’importo totale della pensione si colloca, l’incremento, o meglio sarebbe dire il decremento del recupero, si riferirà a tutto l’importo della pensione In pratica si ritorna, anche per il conguaglio ulteriore , ad un criterio di calcolo della perequazione sempre più sfavorevole perché applicato, in percentuale, sull’importo complessivo delle pensioni (come era successo anche precedentemente e fino al 2021) e non più per scaglioni del montante delle pensioni, come invece era accaduto nel 2022.


© RIPRODUZIONE RISERVATA