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Previdenza: con la Nadef scatta l'autorizzazione al conguaglio anticipato delle pensioni

di Claudio Testuzza

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24 Esclusivo per Sanità24

Con l’approvazione della Nadef, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha chiesto l’autorizzazione a fare 23,5 miliardi di extradeficit in 3 anni, di cui una parte - 3,2 miliardi – dovrebbe essere utilizzata per l’approvazione di un decreto legge nel quale ricadrà anche l’anticipo del conguaglio delle pensioni in programma normalmente a gennaio dell’anno successivo.
Come è noto, le pensioni sono state adeguate ad inizio anno all’andamento dell’inflazione. Ma la rivalutazione è stata effettuata su un tasso provvisorio. Il 7,3% applicato, infatti, è il valore medio dell’inflazione calcolato a novembre, mentre quello di fine 2022, reso noto successivamente dall’Istat, è risultato leggermente più alto, pari all’8,1%.
Dunque, manca uno 0,8% che non può andare perduto. A tal proposito, la normativa fissa un conguaglio della rivalutazione a gennaio dell’anno successivo. La parte di rivalutazione non riconosciuta viene così pagata in un’unica soluzione, adeguando l’importo della pensione e accreditando gli arretrati per le mensilità non godute.
Quindi, all’aumento delle pensioni effettuato ad inizio 2023, grazie alla rivalutazione con la quale l’importo dell’assegno è stato adeguato al caro prezzi così da limitarne la svalutazione, manca quasi un punto.
A tal proposito, sembra che il governo Meloni, come già fatto da Mario Draghi nel 2022, abbia deciso di anticipare il conguaglio a novembre 2023, mentre lo scorso anno scattò ad ottobre. Di fatto, l’importo atteso verrà riconosciuto con due mesi di anticipo, cosicché per i pensionati possa esserci un po’ di respiro visto che nel frattempo il caro prezzi non accenna a fermarsi. Tant’è che anche la percentuale di rivalutazione per il 2024 si preannuncia elevata.
L’ufficialità dovrebbe arrivare già la prossima settimana con un decreto approvato dal Consiglio dei ministri. Anche perché il tempo stringe. Se si vuole davvero anticipare il conguaglio bisognerà dare all’Inps la possibilità di effettuare tutte le operazioni necessarie per procedere con il ricalcolo ed effettuare regolarmente le disposizioni di pagamento.
A questo punto non resta che farsi un’idea di quanto sarà l’aumento spettante una volta che verrà effettuata anche la rivalutazione mancante per lo 0,8% .
Ovviamente, lo 0,8%, come è già stato ad inizio anno, non verrà applicato per intero a tutte le pensioni in quanto verranno utilizzate le stesse percentuali di rivalutazione disposte dalla legge di Bilancio 2023. Con la quale è stato stabilito che hanno diritto alla perequazione per intero solamente i pensionati con un assegno che non supera di 4 volte il trattamento minimo. Il tasso dello 0,80% sarà applicato, quindi, per intero solo a chi ha una pensione che non supera i 2.100 euro lordi . Sopra le quattro volte il trattamento minimo, invece, si applicano le percentuali come riviste dalla legge di Bilancio 2023, ossia:
tra 2.101,53 e 2.626,90 euro: 85% del tasso, quindi l’aumento sarà dello 0,68%.
Ad esempio, una pensione di 2.500 euro godrà di un ulteriore incremento di 17 euro;
tra 2.626,91 e 3.152,28 euro: 53% del tasso, quindi dello 0,424%.
Chi ha una pensione di 3.000 euro, ad esempio, avrà diritto a 12,72 euro in più;
tra 3.152,29 e 4.203,04 euro: 47% del tasso, quindi 0,376%. L’incremento definitivo per chi prende 3.500 euro di pensione sarà di 13,16 euro; tra 4.203,05 e 5.253,80 euro: 37% del tasso, quindi 0,296%. Chi ha una pensione di 5.000 euro godrà quindi di un incremento di 14,80 euro al mese; sopra i 5.253,81 euro: 32% del tasso, che quindi scende allo 0,256%. L’incremento, per chi prende una pensione di 6.000 euro, lordi è di 15,36 euro al mese.
Alla buona volontà del Governo corrisponderà, anche questa volta, un falso recupero dall’inflazione delle pensioni medio – alte. Se si considera, poi, che, i pur modesti incrementi, non vengono realizzati con riferimento agli scaglioni, così come attivato nel caso dell’ Irpef, ma in funzione della fascia in cui l’importo totale della pensione si colloca, l’incremento, o meglio sarebbe dire il decremento del recupero, si riferirà a tutto l’importo della pensione In pratica si ritorna, anche per il conguaglio, ad un criterio di calcolo della perequazione sempre più sfavorevole perché applicato, in percentuale, sull’importo complessivo delle pensioni (come era successo anche precedentemente e fino al 2021) e non più per scaglioni del montante delle pensioni, come invece era accaduto nel 2022.


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