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Alimentazione/ I "must": rilanciare la dieta mediterranea e stop al "nutrizionista". L'obesità come malattia. Schillaci: Italia prima in prevenzione ma investire tutte le risorse. Gemmato: Stili di vita cruciali in vista dell'invecchiamento

di Barbara Gobbi

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"Reinvestire in nutrizione": con questo titolo la Conferenza sulla nutrizione nata dal gruppo TaSiN-Tavolo tecnico sulla Sicurezza nutrizionale organizzata con una "tre giorni" a Roma al ministero della Salute indica che «c'è necessità impellente di ricominciare da capo o quasi rilanciando questo settore per creare una cultura della nutrizione che sia oggettiva», ha ricordato Lucio Lucchin, direttore SC di Dietetica e Nutrizione Clinica, Azienda sanitaria dell'Alto Adige, Comprensorio di Bolzano e Past-President ADI. Le direttrici sono chiare. «La prima indicazione emersa è una decisione presa all'unanimità da tutti i presenti - ha affermato Lucchin - ed è eliminare il termine "nutrizionista", che sta confondendo l'opinione pubblica, la seconda è l'invito ai ministri dell'Agricoltura e della Salute che promuovono e partecipano a questo evento a puntualizzare sempre su che cosa si abbia intenzione di agire quando sollecitano interventi di prevenzione». E sempre a proposito di "prevenzione" Francesco Leonardi, specialista in Scienza dell’Alimentazione, già primario di Dietologia dell’Azienda ospedaliera Cannizzaro, ha proposto l'adozione nazionale (a partire dalla best practice siciliana avviata nel 2017 e poi replicata in altre realtà) di un Pptda e cioè «un percorso preventivo diagnostico terapeutico» che anticipi il più noto e ormai più diffuso Pdta e che «coniuga due aree che camminavano ognuno sul proprio binario: prevenzione e cura. Un anello sinergico - ha detto - che permette di avere una ricaduta sulle malattie croniche non trasmissibili e in particolare l'obesità che porta un modello innovativo grazie all'approccio sinergico tra le due parti della presa in carico». Infine, il must della dieta mediterranea che ha attraversato tutti i lavori: «48 milioni di italiani non la conoscono - ha ricordato Leonardi - e abbiamo bisogno delle istituzioni per rivitalizzarla».
Poi c'è il grosso tema dell'organizzazione e delle risorse umane: «Bisogna rinnovare ma anche riorganizzare le grosse lacune organizzative che abbiamo in Italia - ha affermato Antonino De Lorenzo, ordinario di Alimentazione e Nutrizione Umana presso l'Università di Roma Tor Vergata -: la spesa pubblica continua a crescere: siamo a 67 miliardi correlati a malattie prevenibili o differibili nel tempo. Siamo riusciti a riconoscere l'obesità come malattia, con indicatori precoci che con una medicina di precisione possono essere individuati e intercettati. Nelle linee di indirizzo per il sistema a rete si indica un investimento, minimale, dello 0,3% del Fondo sanitario nazionale: in 2-3 anni si possono ottenere risultati importanti sul fronte dell'obesità ma anche su quello del diabete di cui l'obesità è punto di innesco. Il 30% dei tumori è correlato con la dieta: si può fare una politica alimentare adeguata e serve un'agricoltura di qualità perché con la dieta mediterranea si può allungare la vita di dieci anni».
Le priorità su cui investire per Maurizio Muscaritoli Presidente SINuC sono la formazione fin dalla scuola e l'informazione alla cittadinanza attraverso campagne promosse dai ministeri e dalla stessa industria, «fino al rafforzamento delle strutture di nutrizione preventiva e clinica su tutto il territorio così da garantire adeguato ed equo accesso. Va poi aumentata la consapevolezza dell'impatto della nutrizione clinica iatrogenica. La prevalenza della malnutrizione per difetto - va prevenuta con una nuova ripartenza che salutiamo dopo questo evento - comporta un aggravarsi della malattia e un aggravio di costi per il Ssn. Inserire la valutazione nutrizionale in cartella clinica è una soluzione facile e costo-efficace».
Temi ripresi dal ministro della Salute Schillaci nel suo intervento: «In Italia nel 2020 la spesa per la prevenzione era pari al 5,5% della spesa sanitaria, la più alta tra gli Stati Ue secondo l'Ocse - ha detto - eppure non tutto viene investito con una perdita di quasi 1 miliardo l'anno per un totale di una perdita di circa 10 miliardi l'anno in prevenzione in 10 anni tra 2008 e 2018. Non bisogna sprecare ma anzi aumentare le risorse. Serve un Patto fra tutti gli attori della filiera - ha detto ancora -: agroalimentare, le imprese agricole, la trasformazione, la grande distribuzione, che arrivi al cittadino. Ma occorre anche rendere accessibili e comprensibili le informazioni validate e accreditate anche per contrastare abitudini alimentari non adeguate: per questo è decisiva la stretta collaborazione tra il livello centrale, il tavolo tecnico sulla sicurezza nutrizionale, il livello locale, il tavolo tecnico regionale e le società scientifiche e gli ordini professionali. Infine, l'educazione a una sana alimentazione con la promozione della dieta mediterranea va inserita nei programmi didattici della scuola primaria e secondaria. Insieme ai ministeri dell'Istruzione, dell'Agricoltura e dello Sport abbiamo avviato un confronto per inserire nei programmi didattici la promozione di una corretta cultura della prevenzione nel suo complesso: sana alimentazione, praticare l'attività fisica, evitare l'uso del fumo e di sostanze».
«La prevenzione e gli stili di vita sono fondamentali nella misura in cui i dati sull'invecchiamento della popolazione italiana ci dicono che oggi ci sono 14 milioni di anziani over 65, pari al 23%, che nel 2050 diventeranno il 35% - ha premesso il sottosegretario Marcello Gemmato -: ciò porrà lo Stato nella condizione di dover dotare adeguatamente il fondo sanitario nazionale e insieme immaginare nuove prospettive di spesa e di investimento. Questo Governo ha messo 7 miliardi e 50 milioni sulla sanità pubblica, in contrapposizione rispetto alle tendenze del passato in epoca pre Covid, che secondo la Fondazione Gimbe avevano visto diminuire di 37 miliardi il fondo sanitario nazionale - ha detto ancora -. Questo fondo però non può essere esteso al massimo ma dobbiamo cercare norme e buone pratiche come i corretti stili di vita che possono evitare che le malattie si manifestino e si cronicizzino andando a incidere sul Fondo sanitario nazionale. Il nostro Ssn pubblico è straordinario e va preservato senza guardare più alla sanità come una spesa ma come a un investimento - ha sottolineato -. Il 63% delle morti sono determinate da malattie non trasmissibili, in particolare dalle cardiovascolari che sono in diretta correlazione con alimentazione e stili di vita. Richiamiamo con forza la dieta mediterranea, patrimonio dell'Unesco da rilanciare fin dall'infanzia ad esempio pensando alla figura del medico scolastico, che sarebbe una conquista per il nostro Ssn».


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