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Hiv, in Italia nel 2020 diagnosi tardive per il 41% delle persone e calo del 56% rispetto ai 3 anni precedenti. Il punto nella Relazione della Salute al Parlamento
di Red. San.
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Lo certifica il ministro della Salute Schillaci nella prefazione: "In Italia, la pandemia Covid-19 ha comportato un forte impatto sul sistema sanitario in generale e in particolare sul settore delle malattie infettive. Dai dati dell’Iss-Coa si evince che, nel 2020, si è osservato un calo delle nuove diagnosi Hiv (circa il 56% rispetto ai tre anni precedenti). Le limitazioni dovute al Sars-CoV-2 e la paura delle persone di accedere ai servizi sanitari nel primo periodo dell’emergenza pandemica hanno, probabilmente, comportato un ritardo nella diagnosi dell’infezione da Hiv". Parole che anticipano i dati riportati nella Relazione 2021 trasmessa dal ministero al Parlamento su quella che, prima del Covid, era considerata tra le più temibili infezioni e che ora appare sbiadita nella percezione delle persone, malgrado i dati dicano altro.
Nel 2020 secondo il report, complice l'emergenza pandemica, il 41% delle persone con una nuova diagnosi di infezione da Hiv è stato diagnosticato tardivamente con un numero di linfociti CD4 inferiore a 200 cell/μL e il 60,0% con un numero inferiore a 350 cell/μL. Un dato che aumenta, va sottolineato, dal 2015: si tratta di persone in fase clinicamente avanzata, con bassi CD4 o già "in Aids". Nel 2020 una diagnosi Hiv tardiva (CD4 < 350 cell/μL) è stata riportata in 2/3 degli eterosessuali sia maschi che femmine (67,6%). Nello stesso anno oltre un terzo delle persone con nuova diagnosi Hiv ha eseguito il test Hiv per sospetta patologia Hiv o per sintomi Hiv correlati (37,1%). Mentre altri principali motivi di esecuzione del test sono stati rapporti sessuali senza preservativo (17,2%), comportamento a rischio generico (10%), iniziative di screening/campagne informative (6,5%), accertamenti per altra patologia (3,5%). Nel 2020, il 78,4% delle persone diagnosticate con Aids non aveva ricevuto una terapia antiretrovirale prima della diagnosi di Aids.
L'epidemiologia e il confronto con l'Europa. In Italia, rilevano dal ministero, i dati disponibili più recenti indicano che nel 2020, sono state segnalate 1.303 nuove diagnosi di infezione da Hiv pari a un’incidenza di 2,2 nuovi casi di infezione da Hiv ogni 100.000 residenti.
Si sottolinea che i dati relativi al 2020 hanno risentito dell’emergenza Covid-19 in modi e misure che potranno essere correttamente valutate solo verificando i dati dei prossimi anni. L’Italia, in termini di incidenza delle nuove diagnosi Hiv, nel 2020, si colloca al di sotto della media dei Paesi dell’Unione Europea (3,3 casi per 100.000 residenti). Nel 2020, le incidenze più alte sono state registrate in Valle d’Aosta, Liguria, Provincia Autonoma di Trento e Lazio. Le persone che hanno scoperto di essere Hiv positive nel 2020 erano maschi nel 79,9% dei casi. L’età mediana era di 40 anni sia per i maschi che per le femmine. L’incidenza più alta è stata osservata tra le persone di 25-29 anni (5,5 nuovi casi ogni 100.000 residenti) e di 30-39 anni (5,2 nuovi casi ogni 100.000 residenti); in queste fasce di età l’incidenza nei maschi è circa 4 volte superiore a quelle delle femmine. Nel 2020, la maggior parte delle nuove diagnosi di infezione da Hiv era attribuibile a rapporti sessuali non protetti da preservativo, che costituivano l’88,1% di tutte le segnalazioni. Diversamente dagli anni precedenti, in cui erano preponderanti le diagnosi associate a trasmissione eterosessuale, nel 2020, la quota di nuove diagnosi Hiv attribuibili a maschi che fanno sesso con maschi (Msm) (45,7%) è maggiore a quella ascrivibile a rapporti eterosessuali (42,4%). I casi attribuibili a trasmissione eterosessuale erano costituiti per il 59,4% da maschi e per il 40,6% da femmine. Tra i maschi, il 57,3% delle nuove diagnosi era rappresentato da Msm.
Il numero di nuove diagnosi di infezione da Hiv in stranieri è in diminuzione dal 2017. Nel 2020, si osserva un lieve aumento della proporzione di persone con una nuova diagnosi di Hiv con nazionalità straniera, passando dal 27,5% nel 2019 al 32,6% nel 2020.
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