Dal governo
Al Sud niente attività fisica per la metà delle persone e sovrappeso un minore su 3. Costa: lo sport va prescritto
di Red. San.
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Quasi la metà dei meridionali non pratica alcuno sport, contro il 30% nel Centro-Nord. Per di più appena il 20% delle persone nel Sud fa sport in modo continuativo. Le conseguenze di questo stato di cose sono evidenti: il 12,08% degli adulti meridionali è obeso rispetto a circa il 10% del Centro-Nord, quasi un minore su 3 nella fascia tra i 6 e i 17 anni è in sovrappeso nel meridione, rispetto ad un ragazzo su cinque nel Centro-Nord, con conseguenti costi sociali evidenti sul Sistema sanitario nazionale. Dalla ricerca ‘Il costo sociale e sanitario della sedentarietà’, condotta da Svimez insieme a Uisp e Sport e Salute emerge, inoltre, che nelle Regioni - soprattutto meridionali - dove è più basso il tasso di attività e/o il tasso di occupazione, aumenta la propensione alla sedentarietà con relativo costo sociale ed economico per la collettività. E ancora, chi pratica regolarmente attività sportiva vede ridotta la propria spesa sanitaria di 97 euro, mentre svolgere attività sportiva saltuariamente non ha effetti significativi sulla spesa sanitaria. Invece, i soggetti che non praticano attività sportiva vedono crescere la propria spesa sanitaria di 52 euro. Anche le abitudini e gli stili di vita sono importanti per spiegare la spesa sanitaria delle famiglie. Un fumatore spende 87 euro in più, un soggetto che invece beve tutti i giorni arriva a spendere 40 euro in più.
L’indagine, presentata allo Stadio Olimpico alla presenza del presidente Uisp Tiziano Pesce, del direttore della Svimez Luca Bianchi, del presidente di Sport e Salute Vito Cozzoli, e del sottosegretario al ministero della Salute, Andrea Costa, mette anche in evidenza che nel Sud vi sono sia un deficit dal lato dell’offerta (infrastrutture sportive), sia dal lato della domanda (abitudini socio-culturali). Non a caso, la speranza di vita in buona salute dai 65 anni in su per gli adulti meridionali resta sempre di 3 anni inferiore rispetto a quella degli adulti centro-settentrionali. «Siamo davanti a una vera e propria emergenza - ha affermato il sottosegretario alla Salute Andrea Costa -. Il cambio di passo starebbe nel prevedere la prescrizione medica dell'attività fisica. Più in generale, occorre attivare un lavoro di squadra e dalla politica serve un'assunzione di responsabilità. La svolta a mio avviso sta arrivando, penso ad esempio alla scelta del Senato, ieri, di inserire nell'articolo 33 della Costituzione la tutela dell'attività sportiva in tutte le sue forme».
Tra le ulteriori differenze che vengono alla luce, c’è quella che riguarda la tipologia di un impianto sportivo: nelle regioni settentrionali più di uno sportivo su due utilizza un impianto sportivo di proprietà e/o gestione pubblica; al Sud solo il 37,5% pratica sport in un impianto pubblico, mentre il 62,5% può praticare sport solo in un impianto privato. Un divario inevitabilmente generato da una minore diffusione di impianti sportivi pubblici nelle regioni meridionali e insulari.
Se l’analisi viene condotta a livello regionale, si nota che l’offerta di impianti sportivi pubblici è maggiormente carente in Sicilia, dove la quasi totalità (il 90%) pratica sport in strutture a gestione privata. Le regioni che registrano le quote più basse sono Campania e Sicilia con valori intorno al 23%, seguite da Calabria e Puglia dove la pratica sportiva negli impianti pubblici riguarda circa il 30%. Il Mezzogiorno si presenta speculare al Centro-Nord: nelle regioni del Sud si registrano infatti i picchi più bassi di attività sportiva continuativa e quelli più alti di sedentarietà. I sedentari si concentrano prevalentemente in Sicilia (55,22%) e Molise (53,04%), ma anche in Basilicata, Calabria e Campania si registrano quote di inattivi superiori alla metà della popolazione (poco al di sopra del 51%), valori che scendono invece in Puglia (43,68%) e in Abruzzo e Sardegna. In alcune regioni, come la Campania, a ciò si aggiunge un tasso di fumatori del 28,36%, più alto della media meridionale (26,25%).
Quali Policy d’intervento propone lo studio Svimez, Uisp e Sport e Salute? Innanzitutto, rafforzare l’intervento pubblico nel settore dello sport è fondamentale per la produzione di benefici sociali diffusi per la collettività. E lo è altresì per la sostenibilità degli investimenti per l’impiantistica sportiva, in quanto il settore sportivo, soprattutto in relazione agli impianti, è ad alta intensità di capitale e presenta i più bassi indici di redditività nell’economia italiana. Poi, bisogna scommettere sulla manutenzione degli impianti preesistenti, che è un fattore cruciale per l’erogazione di un servizio di qualità. L’auspicio, in particolare dopo la pandemia, è quello di un ritorno alle pratiche sportive abituali con conseguente aumento degli iscritti e del volume d’affari del settore. Inoltre, bisogna lavorare affinché l’intervento pubblico, a partire dalle risorse del Pnrr, possa imprimere nuovo slancio al settore, sia per migliorare lo stato di salute psicofisico della collettività che per ridurre al minimo stili di vita poco salutari, soprattutto nelle generazioni più giovani.
Per il direttore della Svimez Luca Bianchi, «l'attività sportiva comporta una riduzione della spesa sanitaria di circa 100 euro l'anno per le famiglie. Mentre la sedentarietà ha riflessi economici, civili e sulla dinamica dello sviluppo. La ricerca fa emergere con chiarezza l'esistenza di divari territoriali nella diffusione della pratica sportiva, con effetti rilevanti sulla salute soprattutto dei ragazzi del Sud. È decisivo, soprattutto per il Mezzogiorno, riuscire a cogliere appieno l’opportunità delle risorse stanziate dal Pnrr. Ciò consentirà non solo di superare la crisi del settore sportivo acutizzata dalla pandemia, ma soprattutto di ridurre le sperequazioni tra cittadini e territori, esacerbate dalla pandemia ma già preesistenti, con l’obiettivo di migliorare lo stato di salute psicofisico della collettività e congiuntamente nel medio e lungo termine di ridurre i costi pubblici e privati connessi a stili di vita sedentari e poco salutari».
«Questa indagine dimostra una correlazione tra stili di vita attivi e una pratica fisica e sportiva continuativa, con la possibilità di contenere i costi sanitari e guadagnare in benessere – dice Tiziano Pesce, presidente nazionale Uisp – la motivazione è quella di fornire indicazioni rivolte ai decisori pubblici e ai policy maker per incentivare una pianificazione di investimenti nello sport sociale e per tutti e nell’impiantistica sportiva di base, con particolare riferimento al Meridione. A tal riguardo le risorse messe in campo dal Piano nazionale ripresa e resilienza rappresentano un’autentica opportunità».
«Rafforzare l'investimento pubblico nel settore dello sport genera benefici sociali diffusi per la collettività. L'Autorità di governo, il Dipartimento per lo Sport e Sport e Salute si impegnano a lavorare nel prossimo quadriennio a partire dalle risorse del Pnrr a un Piano organico dell'Ingegneria dello sport che prevede circa 1 miliardo di investimenti, ripartito tra 700 milioni per impianti sportivi sul territorio e 300 milioni per infrastrutture sportive nelle scuole, e 6 milioni varati dal Parlamento per attrezzature sportive a sostegno del progetto "Sport nei Parchi"», ha spiegato il presidente di Sport e Salute Vito Cozzoli «Recentemente - ha continuato Cozzoli - abbiamo lanciato la nostra App Sport e Salute dove sono censiti 77mila impianti sportivi e siamo molto presenti con diversi progetti al Sud, da Matera a Napoli. Ma bisogna fare di più in termini di incentivi: mi chiedo perché in Italia ci sia il bonus terme e non il bonus sport, perché le famiglie non possano detrarre l'abbonamento a palestra e piscina, perché ancora non ci siano meccanismi fiscali per promuovere lo sport. Questa è la sfida che ci aspetta e che dobbiamo cogliere».
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