Dal governo
40 anni di Conferenza delle Regioni: Fedriga fa il punto nell'incontro al Quirinale. I temi: dal Pnrr al Covid alla collaborazione istituzionale
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Pnrr, campagna di vaccinazione e rapporto Stato-Regioni in un’ottica di rilancio della leale collaborazione istituzionale. Sono stati questi i principali temi che il presidente Massimiliano Fedriga, ha affrontato nel suo intervento al Quirinale nell’incontro con il Presidente Sergio Mattarella, nel 40° della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome«Il Piano nazionale di ripresa e resilienza – ha sottolineato il Presidente della Conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga - è un’occasione storica che rilancia sotto una luce nuova anche l’idea stessa di Europa, ma soprattutto fornisce strumenti immediati ed efficaci per garantire alle giovani generazioni le condizioni per un futuro migliore, come suggerisce il nome stesso del programma dell’Unione, e per rimettere rapidamente in moto le economie europee. Per questo abbiamo chiesto al Presidente del Consiglio, anche recentemente, un coinvolgimento ed un ruolo attivo delle Regioni ora che il Piano entra nella fase più importante, quella delle scelte», trovando la «massima attenzione da parte del Governo».
«La nostra non è stata un’iniziativa di “sindacalismo istituzionale”, né una semplice rivendicazione di competenze, ma piuttosto un’offerta di ampia e leale collaborazione istituzionale nella consapevolezza che impegnarsi in una sfida e in una opportunità eccezionali - calendarizzando e implementando in poco tempo investimenti per oltre 200 miliardi - comporti non solo la condivisione con le autonomie, ma anche l’impegno fermo, determinato e costante delle Regioni e degli enti locali. È certamente indispensabile una regia nazionale, ma occorre anche una visione chiara, regione per regione, degli interventi necessari per i singoli territori, verificando ed incrociando gli investimenti con la programmazione regionale per rendere ogni azione più spedita, più efficace. Basti pensare alle risorse per la sanità e per l’edilizia scolastica, ma anche per la digitalizzazione, o per la transizione ecologica, settori chiave per il futuro sviluppo delle Regioni. Occorre poi – ha proseguito il Presidente della Conferenza delle Regioni - un lavoro di squadra per semplificare le norme, per accelerare le procedure, per creare le sinergie con i territori, prima interfaccia delle istituzioni con i cittadini del nostro Paese. Non dobbiamo infatti dimenticare che accanto alle risorse del Pnrr, partono anche le programmazioni regionali e nazionali per l’utilizzo dei fondi europei per i prossimi 7 anni, altri 43 miliardi di euro».
Il richiamo al discorso del Presidente Mattarella del 2 giugno
«Nel suo recente discorso, in occasione della Festa della Repubblica, Lei, Signor Presidente, ci ha ricordato come la pandemia abbia reso quanto mai evidente che «Ciascuno ha bisogno degli altri» e che «le cure che la Repubblica è riuscita ad assicurare a tanti italiani, ci pongono adesso di fronte alla necessità, comune, di avere cura della Repubblica». Ed è proprio all’esigenza di “aver cura della Repubblica” che vorrei richiamarmi – ha sottolineato Fedriga - per provare a rappresentarle alcune questioni che avvertiamo come prioritarie”.
L’emergenza pandemica e l'azione delle Regioni per la ripresa
Sin dalle primissime fasi della pandemia «abbiamo accettato la logica dell’emergenza, senza mai sollevare alcun conflitto istituzionale», ha ricordato il Presidente della Conferenza delle Regioni.
«Allo stesso tempo, man mano che passavano le settimane e i mesi, da un lato abbiamo attivato sul territorio consistenti misure di sostegno per le categorie che giorno dopo giorno stavano pagando il prezzo delle necessarie restrizioni e delle inevitabili sospensioni delle loro attività, dall’altro abbiamo lavorato affinché il Governo attivasse, il prima possibile, una efficace politica di ristori, come poi avvenuto. Ci siamo impegnati tutti insieme – ha proseguito Fedriga - superando ogni logica di appartenenza politica – e mi permetta Presidente di rivendicarlo con un certo orgoglio – affinché nel momento in cui l’andamento epidemiologico lo avesse consentito si cercassero le condizioni per le riaperture e la ripresa delle attività. Con questo spirito costruttivo abbiamo approvato le “linee guida per la ripresa delle attività economiche e sociali” condividendo con il Governo l’esigenza di percorrere insieme questa strada. Non lo abbiamo fatto certo per protagonismo, per egoismo territoriale, ma per rispondere agli appelli dei cittadini, dei lavoratori, delle imprese, per ridare fiducia alle famiglie, per consentire un ritorno alla vita ordinaria, sia pur nel rispetto delle necessarie regole di prevenzione».
Il grande impegno nel Piano nazionale vaccini
«Nella fase progettuale ed in quella attuativa del piano nazionale vaccini abbiamo collaborato e stiamo collaborando attivamente con la struttura commissariale», ha rimarcato Fedriga. «E a questo proposito va sfatato un luogo comune che ci vuole comunque “in ordine sparso”. Sono state le Regioni a chiedere - sempre, in ogni frangente - regole comuni, chiare e trasparenti per proseguire all’unisono in questa battaglia. Se oggi il Paese viaggia nella campagna vaccinale agli stessi ritmi – se non in alcuni casi migliori – degli altri Paesi europei lo si deve prima di tutto agli operatori sanitari e ai volontari, ma anche allo sforzo organizzativo dei diversi servizi sanitari regionali.
Io credo che anche questo impegno possa inquadrarsi in quel concetto di “cura della Repubblica” da Lei autorevolmente richiamato il 2 giugno scorso, ancor più se si considera il fatto che la Conferenza ha sempre deliberato le sue decisioni all’unanimità, indipendentemente dai governi e dalle maggioranze parlamentari, in una logica di continuità amministrativa».
Un moderno concetto di interesse nazionale
«Le Regioni e gli enti locali hanno nel loro “Dna istituzionale” la capacità di ascoltare ed interpretare le esigenze dei cittadini, delle loro comunità. Eppure – ha sottolineato Fedriga - sia sul piano politico che su quello mediatico ogni differenziazione è vista spesso con diffidenza, talvolta con ostilità, tanto da giustificare una nostalgia centralista che, evidentemente, si fonda su una memoria corta rispetto alle conseguenze che proprio l’approccio centralista ha causato al progresso civile ed economico dei territori. Io credo che ci sia un equivoco di fondo che va ormai superato: l’idea vetusta che l’interesse nazionale corrisponda alla competenza statale. La graduazione degli interessi in un’ottica di ‘sussidiarietà’ e la leale collaborazione fra i diversi livelli istituzionali: sono questi, a mio avviso, i pilastri di un moderno concetto di interesse nazionale sul quale dobbiamo tutti impegnarci».
Rafforzare i i luoghi della concertazione
«Da questo punto di vista io non credo che sia opportuno modificare l’attuale assetto costituzionale, occorre piuttosto rafforzare i luoghi del confronto e della concertazione, a cominciare dalla valorizzazione delle Conferenze interistituzionali, chiamate sempre più spesso ad una funzione di sintesi, per arrivare ad un più ampio riconoscimento del ruolo e dell’organizzazione della Conferenza delle Regioni, che sempre più appare come un necessario contrappeso all’assenza di una Camera delle Regioni e delle autonomie”. “Proprio il rafforzamento del sistema delle autonomie, oggi più coeso nel quadro dell’unità giuridica ed economica della Nazione, rappresenta anzi una condizione imprescindibile per la tenuta del sistema istituzionale. Dirò di più e so di andare controcorrente: è con la regionalizzazione che si può dare davvero un contributo al superamento delle disparità territoriali, penso al rapporto con le aree interne o allo storico divario nord-sud».
L’autonomia differenziata
La stessa possibilità - prevista dall’articolo 116 della Costituzione - del riconoscimento di forme di autonomia differenziata non deve incutere aprioristici timori perché si tratterà di un processo inserito in un quadro di coesione e sostenuto da meccanismi di perequazione finanziaria. Non può più essere sottaciuta ormai – ha aggiunto il Presidente della Conferenza delle Regioni - l’esigenza di affrontare i cambiamenti della società anche con una maggiore flessibilità dell’architettura istituzionale.
Il pluralismo istituzionale
«Così come oggi nessuno mette in dubbio che le forze politiche e il Parlamento rappresentino lo scheletro e i muscoli della nostra democrazia, è ora che ci si convinca che le Regioni sono di fatto i gangli del sistema nervoso del nostro Paese, in grado di trasferire le indicazioni “al” e “dal” centro, ma soprattutto di trasmettere impulsi e sensazioni “dalla” e “alla” periferia. Anche per questo motivo - nel documento che le consegnammo il 4 agosto scorso - auspicavamo una nuova stagione politica in cui l’esercizio dell’attività legislativa fosse informato a logiche di intensa complementarità fra centro e periferia.
E per questo restiamo convinti - rispettosamente, ma fermamente – che il pluralismo istituzionale non rappresenti mai un ostacolo, ma sia invece un’opportunità, un arricchimento – direi quasi una speranza - per la nostra Repubblica. Su queste basi e con gli intenti testé ribaditi la Conferenza ha manifestato la propria richiesta per essere istituzionalizzata».
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