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Crea Sanità: anche nella salute vince il modello Nord Est e Trento svetta
di Rosanna Magnano
24 Esclusivo per Sanità24
L'integrazione tra sanità e sociale è il segreto per vincere la sfida della cronicità e dare un futuro alle cure universalistiche pubbliche. Non a caso infatti l’assistenza sanitaria migliore d’Italia abita a Trento - dove i posti letto per la residenzialità assistita sono il triplo di quelli previsti dai Lea e si è puntato tutto su cure domiciliari e territorio. E la provincia autonoma svetta in un club d’eccellenza insieme a Bolzano, Toscana, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Veneto. Con le regioni del Nord Est che complessivamente si confermano un modello vincente, anche sulla tutela della salute. E un ruolo sempre più rilevante giocato dagli esiti, dall’efficienza delle cure e dall’integrazione tra sanità e sociale, variabili che superano i parametri finanziari dei sistemi regionali, alla ricerca dei “super Lea”, ovvero di livelli di assistenza superiori e qualitativamente differenti rispetto a quelli “essenziali” previsti per legge. Sono questi i risultati emersi dal ranking condotto dal Crea Sanità dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” sulle performance dei Sistemi sanitari regionali (Ssr) nella sesta edizione del monitoraggio presentata oggi alla sala capitolare del Senato.
Un’Italia divisa in tre
Un monitoraggio definito democratico e non tecnocratico, basato sulle valutazioni di cinque diverse categorie di stakholder: utenti, istituzioni, professioni sanitarie, management aziendale, industria medicale. La Performance misurata è riferita alle diverse dimensioni della tutela regionale del diritto alla salute: in altri termini guarda alla domanda e non all’offerta (pubblica). Considerando i risultati numerici 2018, si oscilla da un massimo del 51% (del risultato massimo ottenibile) della P.A. di Trento, a un minimo del 19% della Sardegna. Sebbene il gap fra la prima e l’ultima si sia ridotto, rimane ancora un divario notevole. In coda alla classifica si trovano le regioni dell’area “critica”: Sicilia, Molise, Puglia, Basilicata, Campania, Calabria, Sardegna. Valle d’Aosta, Marche, Liguria, Umbria, Piemonte, Lazio, Abruzzo si posizionano in un’area di prestazioni “intermedia”. «Dobbiamo cercare di ridurre le enormi variabilità territoriali - dichiara Andrea Urbani, direttore generale della Programmazione Sanitaria del Ministero della Salute - che non dipendono dalla distribuzione delle risorse, ma dalla capacità di organizzare l'assistenza. Bisogna ragionare su percorsi socio-sanitari verificando la possibilità di trasformare gli aiuti economici in servizi destinati alla persona non autosufficiente». E il Ssn ha bisogno di una manutenzione: «L'offerta deve basarsi sulla domanda effettiva - sottolinea Claudio D'Amario, direttore generale della Dg Prevenzione del ministero della Salute - rivedendo il modello organizzativo e costruendo una cultura della medicina territoriale, anche riprogrammando i fabbisogni di professionalità per puntare su un approccio moderno al "task shifting" e valorizzare le professioni sanitarie. Senza dimenticare che la prevenzione è la vera forma di risparmio in sanità: basterebbe che i medici prescrivessero la palestra invece dei farmaci per guadagnare diversi anni di vecchiaia in buona salute».
ll ruolo crescente di equità e inclusione
Il risultato ottenuto dal Nord Est si interpreta – anche in coerenza con la crescente importanza della dimensione sociale nella performance - come un’indicazione a
sviluppare politiche di integrazione fra Sanità e Sociale, “quale misura
necessaria per migliorare la Performance nell’ambito della tutela della Salute
e dell’inclusione”, si legge nel Report. Un indicatore di equità che pesa la quota di famiglie impoverite a causa di spese sanitarie out of pocket, o di persone che rinunciano a curarsi o che sono costretti ad affrontare spese catastrofiche, ovvero che coprono il 40% del livello complessivo di consumo.
E l’attenzione al sociale ma non solo è una chiave di lettura che spiega anche il primo posto guadagnato da Trento. «Quello odierno del Crea è un riconoscimento importante perché colloca il Trentino al vertice fra le sanità italiane. Per noi questo è uno punto di partenza che ci stimola al cambiamento, ancora più velocemente», ha commentato l'assessore alla Salute e Politiche sociali, Luca Zeni. «La società cambia, la popolazione invecchia, aumentano le cronicità, i problemi delle famiglie aumentano. Ecco perché occorre reimpostare continuamente anche la sanità. Oggi l'urgenza è aumentare ancora di più l'integrazione tra ospedale e territorio, aumentare i servizi territoriali, quelli per gli anziani, per le cronicità, per le demenze. Una serie di problemi che le famiglie affrontano quotidianamente e che le istituzioni devono aiutare a superare».
Il significato profondo dell’efficienza
A pesare sempre di meno nelle valutazioni delle varie “giurie” interpellate è la dimensione economico-finanziaria, basata su spesa sanitaria e disavanzo pro capite e incidenza della spesa sanitaria sul Pil. Un cambio di prospettiva iniziato in corrispondenza del risanamento finanziario dei Ssr. In crescita invece la componente Esiti, avvenuta parallelamente alla diffusione del Programma Nazionale Esiti e alla diffusione di un crescente cultura del monitoraggio statistico degli Esiti. “Oggi la necessità di recuperare il significato profondo del termine efficienza – spiega Federico Spandonaro, Crea Sanità - come ottimizzazione del rapporto fra Esiti e Risorse impegnate, non a caso, è al centro delle politiche sanitarie, superando le logiche dei meri risparmi di spesa: il processo è, ad esempio, evidente nel passaggio dall’approccio usato per i Piani di Rientro Regionali a quello previsto per i Piani di Affiancamento delle Aziende sanitarie”.
Lo sguardo degli stakeholder
Complessivamente i livelli di soddisfazione (degli esperti del Panel) rispetto alle Performance attuali sono relativamente scarsi; anche i migliori risultati regionali raggiunti, sono infatti ben lontani da una Performance ottimale, soprattutto nella prospettiva degli Utenti e delle Istituzioni; di contro, professionisti sanitari e Management aziendale risultano decisamente più “realisti” rispetto ai livelli raggiunti. Sul lato dell’offerta invece prevale il convincimento degli esperti, suffragato peraltro da molte ragioni, di avere fatto “il massimo” con le risorse disponibili.
Venturi (Emilia Romagna): «Messaggio al Governo: 450 mln per la non autosufficienza irrisori»
L'assessore alle Politiche della salute dell'Emilia Romagna Sergio Venturi fa una richiesta chiara al Governo. «Il Fondo per la non autosufficienza di 450 milioni è del tutto irrisorio. Perché viviamo in un paese in cui purtroppo non si fanno più figli e per fortuna si vive più a lungo». «Tutte le politiche - sanitarie, sociali e per la famiglia - dovrebbero trovare un contenitore unico. Tutti in futuro misureranno l'efficienza delle cure sulla presa in carico della cronicità e su questo fronte abbiamo ampi margini di miglioramento. L'ospedale non sarà più al centro del mondo sanitario, dobbiamo concentrarci su servizi alternativi. E la conferenza delle Regioni non può continuare a occuparsi in due commissioni distinte di fondo sanitario e fondo per la non autosufficienza».
Fnopi: «Ancora una volta il grande assente è il territorio»
«Abbiamo visto dai risultati dell’analisi che le performance dei professionisti si confermano tra i risultati migliori che il Ssn ottiene: sull’indicatore relativo alla quota di persone molto soddisfatte dall’assistenza medica e infermieristica degli ospedali o dei servizi delle Asl è stato espresso un livello di accordo alto o assoluto dal 35,8% dei votanti. Il 100% degli utenti ha espresso un giudizio medio-alto (il più importante direi perché gli assistiti sono il nostro primo e più importante confronto), lo stesso per l’85,7% delle Istituzioni, il 73,7% del management aziendale e l’80% dell’industria medicale. Tra i professionisti il 90,5% ha espresso un giudizio medio-alto». È questo il commento di Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche, la più grande Federazione con i suoi oltre 450mila infermieri presenti in Italia e che è tra i cento stakeholder scelti da Crea Sanità per valutare le performance dei servizi sanitari nel rapporto 2018.
«Le conclusioni dei ricercatori del Crea Sanità - sottolinea Mangiacavalli - sottolineano la centralità del paziente, l’importanza di valutare la qualità e la soddisfazione per le cure erogate come problema primario, ma di difficile quantificazione soprattutto a livello territoriale. Tutti i gruppi hanno sottolineato la necessità di integrare l’indicatore con la parte territoriale e le proposte avanzate si possono riassumere nella soddisfazione per la presa in carico del paziente con problemi sanitari complessi o cronici, di continuità di cura e riabilitativa, ma anche la necessità di incrementare gli indicatori di esito delle cure ospedaliere: per questo gli infermieri hanno chiesto l’inserimento nel Programma nazionale esiti di una serie di esiti infermieristici».
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