Dal governo
Nanni Costa (Cnt): «I prossimi traguardi? Perfusioni, cuore fermo e samaritani»
di Barbara Gobbi
Crescita generale e dati positivi. Alessandro Nanni Costa, direttore del Cnt, è il primo a parlare dio un sistema trapianti «maturo». Che può crescere ancora.
Al capitolo donazioni resta ampia la forbice Nord-Sud...
Una forbice certificata da tutti gli indicatori di sanità pubblica. E i trapianti non fanno eccezione. In ogni caso, che il Meridione - l’area geografica più in affanno - sia al di sopra della media Ue, è un dato decisamente favorevole.
Tra le Regioni del Sud, chi ha fatto il balzo?
Sono cresciute soprattutto la Sicilia e la Campania, e lo stesso Lazio si pone a livelli alti. La Sardegna, che si piazzerebbe molto in alto, in termini di trapianto fa riferimento all’area Centro Nord.
Cosa si può dire dei trapianti?
Sono confermate le ottime scuole italiane: per la prima volta sfioriamo i 4mila interventi... c’è un aumento notevole. L’unico neo che si potrebbe trovare, è che la crescita percentuale dei trapianti è inferiore a quella delle donazioni, perché come noto i nostri donatori sono anziani. Quindi il numero di donatori disponibili, nonostante gli sforzi che vengono fatti quotidianamente, è inferiore. Ma le sopravvivenze sono buone.
Come si può ottimizzare il dato dei donatori anziani?
Si devono mettere in campo strategie per aumentare l’uso dell’organo, ma il fatto che in Italia si usi un numero di fegati assolutamente rilevante rispetto al numero dei donatori utilizzati, dà conto del grado di qualificazione e del grandissimo sforzo di utilizzo e ottimizzazione delle donazioni che abbiamo. L’altro dato fondamentale è quello dell’aumento delle donazioni a cuore fermo, che raddoppiano di anno in anno. Le metodologie a cuore fermo stanno prendendo spazio, e questo è un bacino di donatori che può ancora crescere. Ma già abbiamo fatto molti progressi: è vero che siamo sotto l’1 per milione, ma la Francia - che ricorre a questa tecnica da 10 anni - è a poco più di 100 donatori. Noi siamo arrivati nel 2017 già a 40 donatori...
Cosa dire dei programmi sui pazienti iperimmunizzati?
Insieme alle eccellenze dei trapianti di organi anziani e del cuore fermo, questa è la terza eccellenza su cui stiamo puntando. Quei 56 trapianti in soggetti che sono quasi intrapiantabili, da una parte, e il risultato delle catene samaritane dall’altro, ci dice che noi abbiamo una grande capacità di trapianto di pazienti iperimmunizzati.
La donazione da vivente si è stabilizzata...
Quelli di rene si sono stabilizzati su dati alti, per due ragioni: innanzitutto, i centri hanno aumentato le loro capacità e i numeri da cadavere, a fronte di un numero complessivo degli addetti nelle équipe, che è sempre quello. Poi, ormai abbiamo delle liste d’attesa per il vivente: molti centri hanno coppie in attesa già pronte per fare il trapianto. Questo significa che il sistema ha prodotto “più vivente”, e che non siamo più di fronte a una carenza dell’offerta, ma a una gestione dell’offerta che deve migliorare.
Come migliorare?
Intanto c’è il Piano nazionale donazioni, approvato in Conferenza Stato-Regioni. Poi, speriamo di chiudere all’inizio dell’anno - con il via libera delle Regioni - un provvedimento del ministero della Salute sull’organizzazione della rete, che vede il trapianto non più solo come il risultato del lavoro di un’équipe chirurgica, ma come un’attività dell’intera azienda, un lavoro di squadra.
Il calo delle liste d’attesa...
È significativo: vuol dire che ormai abbiamo un’offerta che comincia a ridurre la domanda.
Gli eventi avversi che si sono verificati anche in strutture d’eccellenza, quanto pesano sulla vostra attività?
Premetto che va ancora verificato se di eventi avversi si sia trattato. C’è stato un effetto negativo immediato, per fortuna abbastanza limitato nel tempo, nelle settimane immediatamente successive. Ciò che comunque abbiamo imparato, è che il trapianto va rappresentato come un’attività che di per sé presenta rischi: ad esempio la mortalità precoce nel trapianto di cuore è il 10% e questo devono saperlo i pazienti per primi. Dall’altra parte, il reporting che abbiamo ha il merito di tracciare ogni fase del percorso e siamo fiduciosi sui risultati. Abbiamo verificato che il sistema lavora bene anche nelle situzioni in cui si creano difficoltà.
Come fate
a calcolare un calo delle opposizioni?
Sul totale degli accertamenti, diminuiscono dal 32 al 28%. In numero assoluto, c’è una diminuzione rispetto all’anno prima, di circa il 15%, ed è un buon dato. In generale, possiamo dire che il sistema quest’anno ha lavorato bene e si dimostra adulto, nel suo complesso.
Le prossime frontiere?
L’aumento del cuore fermo, la perfusione, cioè la cura dell’organo dopo il prelievo, il lavoro per migliorare le catene samaritane. Il comitato etico del Veneto ha approvato un progetto, che parte da Padova ma che dovremmo estendere a livello nazionale: si tratta di far partire una catena samaritana da un donatore cadavere. Ci lavoreremo
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