Dal governo
Aziende sanitarie lontane dalla parità di genere: solo il 18% dei Dg è donna
di Rosanna Magnano
Aziende sanitarie ancora lontane dalla parità di genere. Nelle Asl mediamente solo il 18% dei direttori generali sono donne, mentre fra i direttori amministrativi e i direttori sanitari la percentuale sale al 35% e al 32%, con punte del 50% e di nessuna presenza femminile. Stessi trend in Regioni e Province autonome. Nei 20 consigli regionali e due consigli provinciali la presenza di consigliere si attesta mediamente intorno al 19%, con un solo Consiglio - quello della Basilicata - tutto declinato al maschile; sono però ben dieci gli Uffici di Presidenza senza la presenza di donne e solo tre le Presidenti di Assemblea (Campania, Emilia Romagna e Umbria). È quanto risulta da un documento della Conferenza delle Regioni lasciato agli atti da Aldo Reschigna, vicepresidente della Regione Piemonte e coordinatore vicario della Commissione Affari istituzionali della Conferenza delle Regioni, intervenendo in un’audizione alla prima Commissione della Camera alla quale ha partecipato anche la vicepresidente della Regione Basilicata, Flavia Franconi.
«L'obiettivo condiviso è quello di un accesso paritario nelle sedi istituzionali e nei diversi centri decisionali pubblici», ha detto Reschigna. Ma la lettura dei dati «dimostra da un lato la difficoltà di affermazione del principio di parità di genere, ma dall'altro evidenzia come alcune Regioni abbiano riservato particolare attenzione a questo tema e si siano dotate di un quadro normativo a favore della parità fra uomo e donna».
A capo degli esecutivi si conferma la scarsa presenza femminile (solo due Presidenti donna in Friuli Venezia Giulia e Umbria) e nella composizione delle Giunte si registra un quadro disomogeneo: fra gli Assessori le donne sono presenti mediamente per il 35%, ma con punte positive del 75% in Campania o del 50% in Toscana, Marche e in Emilia Romagna e negative in valore assoluto (nessuna assessora) in Molise o con una percentuale del 14% in tre enti (Abruzzo, Trento e Valle d’Aosta).
«Dunque si registra una presenza ancora limitata delle donne nelle sedi istituzionali - si legge nel documento - e gestionali, che tendenzialmente diminuisce con l'aumentare dei poteri decisionali delle cariche o degli incarichi presi in considerazione».
Analoghe considerazioni emergono dai dati sulle sedi gestionali (tenendo conto che non tutti gli enti interpellati hanno fornito i dati richiesti). Nella struttura burocratica di Regioni e Province Autonome le dirigenti costituiscono mediamente il 39% dei componenti il ruolo dirigenziale, percentuale che scende al 32% quando si considerano i soli vertici della struttura (segretari generali e direttori).
Nelle società partecipate, al di là delle norme che per le società controllate impongono quote a tutela della presenza del genere meno rappresentato negli organi di amministrazione, la situazione rilevata evidenzia che la presenza femminile nei consigli di amministrazione si attesta mediamente al 32%, mentre solo il 18% dei presidenti è donna. Analogamente le direttrici in queste società sono solo il 16%. Nei limitati casi segnalati di amministratori delegati la percentuale scende al 13%.
Situazione non migliore negli enti strumentali: nei consigli di amministrazione la presenza femminile si attesta mediamente al 19%, ma con una maggiore disomogeneità fra Regioni/Province autonome (in un caso la percentuale è del 40%, in altri due il valore è zero). Analoga disomogeneità si riscontra per i presidenti degli enti strumentali: nelle dieci Regioni che hanno rilevato positivamente il dato, cinque non hanno donne che ricoprono tale carica. Infine le direttrici degli enti strumentali sono mediamente il 24% dei nominati, dato comunque superiore a quello riscontrato nelle Aziende sanitarie con riferimento ai Direttori Generali.
«Se è noto che il dibattito, in corso da anni nelle sedi politiche - conclude il documento della Conferenza delle Regioni - e all'interno della pubblica amministrazione, in merito all'opportunità o meno di assicurare con quote di riserva la presenza femminile nelle sedi istituzionali e nei luoghi di decisione si sviluppa intorno ai principi, sovente ritenuti confliggenti, di non discriminazione e pari accesso ad uffici pubblici e cariche elettive (art.51 Cost.) da un lato, e di valorizzazione del solo merito, dall'altro, non si possono nell'ambito di tale dibattito sottovalutare i dati rilevati, che costituiscono un significativo indice del permanere di una situazione generale di penalizzazione delle donne, che prescinde dalle loro effettive capacità, preparazione professionale ed istruzione».
© RIPRODUZIONE RISERVATA