Dal governo
Tutta la verità sul taglio da 422 milioni
di Nino Cartabellotta (presidente Fondazione Gimbe)
La vigilia di San Valentino è stata animata da un infuocato botta e risposta tra le Regioni e la ministra della Salute dopo l'Intesa che ha portato alla riduzione di 422 mln del Fondo sanitario 2017. Un passo che viene da lontano. E che è bene riassumere in tutti i suoi passaggi. Nella consapevolezza che il dibattito è animato da militanze partitiche che, sotto un “Governo di circostanza”, sono già in campagna elettorale e cercano di indebolirsi a vicenda, i cittadini hanno il diritto di conoscere la verità.
Il comma 680 della legge di Stabilità 2016 prevedeva per Regioni e Pa un contributo alla finanza pubblica di 3,98 mld nel 2017 e di 5,48 mld per il 2018 e il 2019, in ambiti e importi proposti, nel rispetto dei Lea, da recepire con Intesa Stato-Regioni entro il 31 gennaio di ogni anno.
Con l'Intesa dell'11 febbraio 2016 il «contributo alla finanza pubblica» è stato convertito in «contributo del Ssn alla complessiva manovra a carico delle Regioni», definita dalla manovra 2016. In altre parole, se questa rimandava al 31 gennaio di ogni anno la proposta delle Regioni sul contributo alla finanza pubblica, lasciando margini di recupero di risorse per la Sanità, l'Intesa del 11 febbraio 2016 ha sancito che il contributo per gli anni 2017-2019 graverà quasi tutto sulle spalle della Sanità (3,5 mld per il 2017 e di 5 mld per il 2018 e 2019). Pertanto, le Regioni sono assolte dal compito di presentare proposte e il Governo da quello di valutarle e la definizione del riparto del contributo residuo (1,44 mld in tre anni) viene rinviato a successive Intese da definire entro il 31 gennaio di ogni anno.
La Legge di Bilancio 2017, al comma 392 ha definito il finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard: 113 mld per il 2017, 114 per il 2018 e 115 mld per il 2019. Tuttavia, il comma 394 ha precisato che, se entro il 31 gennaio 2017 le Regioni a statuto speciale non sottoscrivono specifico accordo con lo Stato, scatta il recupero delle somme stabilite a valere sul fondo sanitario nazionale, corrispondenti per il 2017 a 480 mln.
Quasi tutte le Regioni a statuto speciale hanno già fatto ricorso alla Consulta, ritenendo di non dovere versare alcun contributo perché la sanità è già direttamente a loro carico: in particolare, il ricorso alla manovra 2016 ha permesso a V. d'Aosta, Sicilia, Sardegna e Friuli V.G. di sfilarsi dal contributo. Con le stesse motivazioni, queste ultime due Regioni hanno già presentato ricorso alla Consulta contro la legge di Bilancio 2017.
Nei fatti, è stato solo applicato quanto previsto dall'Intesa dell'11 febbraio 2016: le Regioni “ordinarie” avevano già accettato di farsi carico del contributo residuo in caso di mancato raggiungimento dell'accordo con quelle “speciali”. Il contributo ammonta a 422 mln (invece di 480) perché Trentino A.A. e le Pa di Trento e Bolzano hanno definito con il Patto di Garanzia (legge 190/2014, comma 408) il concorso agli obiettivi di finanza pubblica.
In sintesi, al di là delle dichiarazioni strumentali tipiche di un dibattito pre-elettorale, fatti e numeri dimostrano alcune inequivocabili verità:
-non esistono “nuovi tagli” perché - come cantava Riccardo Cocciante - «era già tutto previsto» con l'Intesa Stato-Regioni dell'11 febbraio 2016 che ha scaricato sulla sanità il contributo alla finanza pubblica che le Regioni avrebbero, almeno in parte, potuto recuperare da altri settori;
- la stessa Intesa concedeva alle Regioni a statuto speciale la possibilità di presentare una proposta che non obbligava ad attingere interamente dalla sanità. Ma senza proposta entro il 31 gennaio, il Governo è legittimato a recuperare le risorse dalla sanità a carico delle Regioni a statuto ordinario;
- la legislazione concorrente, che continua a far sentire i suoi effetti dopo il No al referendum, e i meccanismi che consentono alle Regioni a statuto speciale di sfilarsi dal contributo alla finanza pubblica rappresentano i peccati originali che oggi portano alla riduzione di 422 mln del fondo sanitario;
- del tutto inutile e strumentale la richiesta di intervento della Lorenzin invocata da forze politiche, organizzazioni civiche e sindacati: il ministro della Salute non ha alcun potere per evitare questa riduzione del fondo sanitario. In ogni caso, a dispetto delle sue rassicurazioni, è altrettanto vero che 422 mln in meno non potranno non avere un impatto sull'erogazione dei Lea, siano essi “nuovi” o “vecchi”: infatti gli 800 mln sono destinati (ma non vincolati) alla copertura dei nuovi Lea e largamente sottostimati.
Last not but least, considerato che la legge non ammette ignoranza, che si metta nero su bianco una volta per tutte: il contributo di 480 mln alla finanza pubblica da parte delle Regioni a statuto speciale è previsto anche per il 2018 e il 2019 e, visti i precedenti, il conto lo pagherà il Ssn. Meglio dunque non contare su queste risorse, piuttosto che illuminare le prossime vigilie di San Valentino con scintille non d'amore, ma di guerra.
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