Dal governo
Da lotta all’evasione e accise 2,5 miliardi
di Marco Rogari e Gianni Trovati (da Il Sole 24 Ore di oggi)
Un calendario in due tempi ma stretto, destinato ad aprirsi nelle prossime settimane con un decreto correttivo e a chiudersi entro il mese di aprile. Il percorso per la correzione da 0,2% di Pil delineato ieri al Senato dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan poggia su una serie di misure di massima già elaborate in questi giorni dai tecnici di Via XX Settembre. Il menu ha tre portate: misure sulle entrate e lotta all’evasione devono portare il 75% della correzione, mentre l'ultimo quarto è affidato ai tagli di spesa.
Misure sulle entrate. Alle entrate, insomma, è assegnato il compito di coprire la fetta più importante dell'aggiustamento, con un conto da 2,55 miliardi. Un miliardo, ha spiegato ieri Padoan, arriverà dall'estensione delle misure anti-evasione «che si sono mostrate già efficaci»: una definizione, questa, che porta a puntare l'attenzione sulle due forme di «inversione contabile» dell'Iva, vale a dire il reverse charge nel settore privato e lo split payment in quello pubblico. Tra le mosse allo studio, c'è l'applicazione del reverse charge (che sposta gli obblighi Iva dal venditore all'acquirente) a settori che oggi ne sono esclusi, dal commercio all'ingrosso di cereali agli orafi fino alla grande distribuzione (tentativo già sperimentato senza successo nel 2015 per la bocciatura Ue, però). Lo split payment, invece, potrebbe uscire dai confini della Pa “classica” per abbracciare le società controllate da Stato ed enti territoriali.
È lo stesso Padoan a spiegare però che gli interventi anti-evasione arriveranno sul finale dell'operazione anti-infrazione Ue, e che «molto probabilmente» saranno anticipati da altre misure. Quali?
Le accise. Le prime indiziate per assicurare il miliardo e mezzo che manca sul lato delle entrate sono le accise: quelle sui tabacchi possono produrre qualche centinaio di milioni, per cui il resto andrebbe chiesto con tutta probabilità ai carburanti. Come già indicato dal Governo nella lettera inviata mercoledì a Bruxelles, un quarto della correzione sarà invece garantita da interventi di contenimento della spesa. In tutto si tratta di 800-900 milioni, sempre che l'entità dell'aggiustamento complessivo non si alleggerisca per effetto dell'aggiornamento di alcuni parametri macroeconomici (Pil in primis) atteso per le prossime settimane. Questa dote dovrà essere assicurata per non più di 100 milioni da una “scrematura” dei crediti d'imposta considerati marginali o non più indispensabili: sarà questo l'unico intervento nel capitolo delle «tax expenditures», perché Padoan ha negato esplicitamente le ipotesi di tagli alle agevolazioni. Per altri 7-800 milioni si dovrà invece fare leva sulla spending review in senso classico con il preciso obiettivo di ridurre ulteriormente gli sprechi sul versante dei consumi intermedi. E in quest'ultimo caso potrebbe essere previsto un leggero innalzamento dell'asticella dei risparmi attesi per quest'anno con il metodo-Consip per l'acquisto di beni e servizi. Anche se il grosso della riduzione di spesa sarà con tutta probabilità realizzato con un taglio di tipo semi-lineare sui budget delle amministrazioni centrali, ministeri in testa. L'operazione sarà in ogni caso sviluppata in sintonia con i nuovi criteri fissati dalla riforma del bilancio, citata espressamente nella lettera alla Ue e ieri al Senato dallo stesso ministro Padoan: oltre a fissare una tabella di marcia stringente per obbligare i ministeri a pianificare la “spending” interna, infatti, le nuove regole rendono permanente la revisione della spesa.
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