Dal governo
Tumore della vescica, il libro bianco dei pazienti per uscire allo scoperto
di Lucilla Vazza
Sono oltre 27mila gli italiani che ogni anno si trovano ad affrontare un tumore della vescica. In Europa più di 175mila e il numero è in crescita. E si tratta di un tumore ad alta percentuale di recidiva, con costi terapeutici altissimi per il paziente e il sistema sanitario. I dati sono in crescita tanto che per numero di nuovi casi registrati è la quinta neoplasia nel mondo occidentale. Ma non si fa prevenzione e di carcinoma alla vescica si continua a parlare poco. Per questo la Federazione italiana delle associazioni di volontariato (Favo) ha promosso la creazione di un libro bianco, un lungo lavoro che è stato presentato oggi a Roma.
Ci hanno lavorato gli oncologi Aiom (Associazione Italiana di Oncologia Medica), gli urologi Siu e la Siuro (Società Italiana di Urologia Oncologica), con il ruolo indispensabile dei pazienti riuniti nella Fincopp (Federazione italiana incontinenti e disfunzioni del pavimento pelvico), l’Associazione PaLiNUro (Pazienti liberi dalle neoplasie uroteliali), e con il contributo non condizionante di Ipsen e Roche.
Il white paper fa una panoramica su prevenzione, diagnosi, trattamento, riabilitazione e reinserimento sociale. Portando alla luce non solo dati-chiave, ma evidenziando punti critici e potenzialità da perseguire. In Italia vivono circa 254.000 persone dopo la diagnosi. Piemonte, Campania, Lombardia e Isole sono le regioni che registrano il numero più elevato di nuovi casi e una più alta mortalità: tra le possibili ragioni, il fumo, l'elevata età media della popolazione, e il maggior rischio di esposizione professionale a sostanze chimiche (coloranti, diserbanti, idrocarburi, polveri e fumi metallici). Il fumo rappresenta la causa più importante nello sviluppo del carcinoma della vescica con percentuali che, secondo le stime dell'Oms valgono dal 40 al 70% di tutti i casi.
«Il carcinoma della vescica – ha spiegato Francesco De Lorenzo, presidente Favo e ed Ecpc (European Cancer Patient Coalition) - è ancora oggi un tumore dimenticato, nonostante rappresenti in Europa la quarta causa di morte per tumore nell'uomo e la decima nella donna».
Il documento è stato già presentato al Parlamento Europeo e la Commissione Europea, con riscontri incoraggianti sia sul piano dell'aggiornamento delle direttive comunitarie che su quello del potenziamento dell'attività di ricerca, intende sensibilizzare associazioni dei pazienti, curanti, istituzioni e opinione pubblica per fronteggiare le criticità che impediscono ai pazienti con tumore della vescica di ottenere i migliori risultati sia in termini di trattamenti terapeutici che di riabilitazione e facilitazione del ritorno a una vita autonoma e attiva. «Al White Paper – conclude De Lorenzo – frutto della collaborazione tra volontariato oncologico, mondo accademico e società scientifiche, si è ritenuto opportuno aggiungere un approfondimento sulle criticità e i nuovi orizzonti del cancro della vescica in Italia».
Nel 2012 questa neoplasia ha determinato nell'Unione Europea uscite per 4,9 miliardi di euro, di cui 2,9 per la sola spesa sanitaria, una cifra pari al 5% del costo totale per tutti i tumori. E in Italia - dove si registrano dati epidemiologici preoccupanti, essendo il Paese con un'incidenza tra le più alte in assoluto di Europa - il costo annuo per la gestione della malattia rappresenta il 7% dell'intera spesa sanitaria.
Diagnosi precoce
Come sempre è indispensabile promuovere la diagnosi precoce: per 8 pazienti su 10 (80%) la sopravvivenza a cinque anni aumenta se la malattia viene individuata in fase iniziale, a fronte di 1 paziente su 10 (10%) nel caso di diagnosi in stadio avanzato.
«Un concreto passo in avanti a favore della diagnosi precoce è oggi possibile ricorrendo a una nuova metodica di diagnosi fotodinamica che, grazie a un mezzo di contrasto fotosensibile, permette di scoprire focolai di forme preneoplastiche invisibili a occhio nudo – osserva Vincenzo Mirone, segretario generale della Società Italiana di Urologia -. Rispetto alla normale cistoscopia a luce bianca, la cistoscopia con mezzo di contrasto a luce blu è in grado di evidenziare sulla parete vescicale delle microalterazioni neoplastiche, anche infinitamente piccole, che diversamente sfuggirebbero all'attenzione del chirurgo».
Sul fronte degli studi clinici con terapie innovative, in Europa, la situazione risulta essere ancora difficile. Nel caso del tumore alla vescica, in particolare, una difficoltà all'accesso agli studi clinici è rappresentata principalmente dalla mancanza nell'ospedale di riferimento di un team multidisciplinare dedicato con urologi, oncologi medici, radioterapisti, anatomo-patologi, radiologi, psico-oncologi, fisiatri e specialisti di cure palliative. «Quest'approccio multidisciplinare - sostiene Renzo Colombo, Ospedale San Raffaele di Milano e Coordinatore nazionale del gruppo di lavoro “Oncologia vescicale” della Società Italiana di Urologia - potrebbe contribuire a migliorare la prognosi per molti pazienti e dovrebbe essere sostenuto con convinzione a livello comunitario, preferibilmente attraverso la definizione di standard minimi (strutturali e di volume) volti a identificare i centri di riferimento dedicati al trattamento dei pazienti affetti da carcinoma della vescica».
© RIPRODUZIONE RISERVATA