Dal governo

Intese difficili sui nuovi contratti della sanità

di Rosanna Magnano

L’autunno caldo del personale Ssn inizierà il 7 settembre, con una risposta del Comitato di settore Regioni-Sanità ai pesanti rilievi mossi dal Mef sugli atti di indirizzo per il rinnovo del contratto 2016-2018 relativi ai dipendenti dei diversi livelli e alla dirigenza medica, veterinaria e sanitaria. Il Mef con una comunicazione del 10 agosto scorso ha infatti puntato il dito sugli eventuali impegni di spesa per finanziare progressioni di carriera e contratti innovativi in nome delle incompatibilità economiche. Il presidente Massimo Garavaglia ha fatto sapere di voler chiudere la questione in tempi brevi, entro la stessa giornata del 7 o al massimo per metà settembre. Un approccio apparentemente sbrigativo nonostante le bocciature da parte della Ragioneria generale dello Stato abbiano toccato aspetti cruciali: dall’utilizzo per il personale delle economie aggiuntive conseguite a seguito di processi di ristrutturazione e razionalizzazioni alla previsione di una specifica area delle professioni socio-sanitarie; dalle competenze del «professionista specialista» e del «professionista esperto» al finanziamento delle indennità con risorse extra fondi contrattuali; dall’inclusione nel Ccnl del personale della ricerca degli Irccs e degli Izs all’equiparazione economica dei nuovi percorsi di carriera professionali e gestionali.

Insomma un attacco a tutto tondo che rischia di smantellare un impianto che sembrava a molti una discreta base di partenza. Più in generale, però, la grande incognita sul futuro del personale Ssn sono le risorse che saranno destinate al Fondo sanitario nazionale dalla prossima legge di bilancio. E le sigle sindacali sono in attesa di essere convocate entro metà settembre dall’Aran e dalla ministra della Pa Marianna Madia per fare il punto su questo snodo cruciale.

Se le risorse sono il primo fondamentale step, per Giorgio Cavallero, segretario generale della Cosmed, Confederazione sindacale medici e dirigenti, l’Abc per sedersi al tavolo passa anche da altri provvedimenti: «Ripristino dei fondi aziendali, detassazione e decontribuzione del salario variabile e degli aumenti contrattuali come avviene nel privato, welfare aziendale. Per recuperare, almeno in parte, il terreno perduto in sette anni». Secondo la Cosmed infatti il taglio subito dalle buste paga dei medici è stato di circa un 10% sulla parte variabile, che significa un 5-6% della retribuzione complessiva.

Ma le questioni aperte sono anche altre: la stabilizzazione di circa 8mila medici precari, il ddl ex articolo 22 del Patto della Salute e il rebus della formazione, il comma 566 e le nuove competenze delle professioni sanitarie. Per sconfiggere la piaga del precariato, ribadisce Massimo Cozza, segretario nazionale Fp Cgil Medici, «serve una legge ad hoc. Perché il Dpcm precari non copre la selva di contratti atipici diffusi nei nostri ospedali, soprattutto nei pronto soccorso. E poi vanno definiti i criteri per il fabbisogno del personale».

E infine la convenzione per la Medicina generale, che procede su ben tre tavoli separati (Smi e Intesa sindacale, Fimmg e Snami) su una bozza - centrata sulle nuove forme organizzative previste dalla Balduzzi (Aft e Uccp), continuità assistenziale h16 e creazione del ruolo unico di cure primarie - che per diverse ragioni fa storcere il naso a tutti. «È una frammentazione controproducente - ribadisce Pina Onotri, segretario generale Smi, convocato il 13 settembre alla Sisac - che non giova alla trattativa. In ogni caso non accetteremo un accordo al ribasso, con un’ulteriore perdita di posti di lavoro e di servizi ai cittadini. Il territorio è rimasto al palo. Non si può fare una riforma senza risorse».


© RIPRODUZIONE RISERVATA